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Ricorso inammissibile: valutazione testimonianza

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per rapina aggravata. L’ordinanza sottolinea come la ripetizione di motivi già rigettati in appello e la contestazione di valutazioni di merito, come la credibilità della testimonianza della vittima e la quantificazione della pena, non costituiscano validi presupposti per un ricorso di legittimità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ribadendo la loro discrezionalità nella graduazione della pena e la piena utilizzabilità del riconoscimento fotografico se vagliato con rigore.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione sui Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisca un ricorso inammissibile, delineando i confini tra il giudizio di legittimità e quello di merito. Con la decisione del 19 marzo 2024, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per rapina aggravata, confermando la sentenza della Corte d’Appello. Questo caso ci permette di analizzare due principi fondamentali del diritto penale e processuale: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena e la valutazione della prova dichiarativa, in particolare quella della persona offesa.

I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso

Un soggetto, condannato nei primi due gradi di giudizio per rapina aggravata, proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi. Il primo contestava un’erronea applicazione della legge penale riguardo la quantificazione della pena pecuniaria, ritenuta illegale. Il secondo motivo, invece, mirava a smontare l’attendibilità delle individuazioni fotografiche effettuate dalla persona offesa, considerate elemento chiave per la sua condanna.

La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per entrambi i motivi sollevati, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su argomentazioni solide che riaffermano principi consolidati nella giurisprudenza.

La Discrezionalità nella Commisurazione della Pena

Riguardo al primo motivo, la Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole. Nel caso specifico, la pena era già stata ridotta in appello, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti, con una motivazione ritenuta congrua e adeguata. Pertanto, la doglianza è stata giudicata manifestamente infondata.

La Valutazione della Prova e la Genericità del Motivo di Ricorso

Sul secondo punto, la Corte ha qualificato il motivo come indeducibile, in quanto si risolveva in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse questioni di fatto, ma deve evidenziare vizi di legittimità, come un errore di diritto o un difetto di motivazione logica e non contraddittoria. La Corte ha sottolineato che i riconoscimenti fotografici effettuati dalla persona offesa, al pari di ogni altra prova dichiarativa, sono pienamente utilizzabili se sottoposti a un rigoroso vaglio di attendibilità da parte del giudice di merito. La valutazione della credibilità della persona offesa è una questione di fatto, insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, la motivazione del giudice è priva di ‘manifeste contraddizioni’.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si basano su due pilastri. In primo luogo, il rispetto per la discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle prove e nella quantificazione della pena, a patto che tale potere sia esercitato con una motivazione logica, coerente e conforme alla legge. In secondo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso in Cassazione. L’appello alla Corte Suprema non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve concentrarsi sulla corretta applicazione delle norme giuridiche e sulla coerenza logica del percorso argomentativo seguito dai giudici dei gradi precedenti. La mera ripetizione di doglianze già esaminate rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un importante monito per la difesa: per accedere al giudizio di legittimità è necessario formulare critiche precise e pertinenti alla sentenza impugnata, evidenziando specifici vizi di legge o di motivazione. Contestare genericamente l’apprezzamento dei fatti o la valutazione delle prove, come l’attendibilità di un testimone, senza individuare un’illogicità manifesta nel ragionamento del giudice, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione rafforza la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legalità e non dei fatti, garantendo efficienza e certezza al sistema giudiziario.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, non specifici, o si limitano a ripetere argomentazioni già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza sollevare una critica argomentata contro la sentenza impugnata.

La testimonianza della vittima basata su un riconoscimento fotografico è una prova valida per una condanna?
Sì, secondo la Corte può essere posta a fondamento di un giudizio di responsabilità penale. Come ogni prova dichiarativa, deve però essere sottoposta a un rigoroso vaglio di attendibilità e credibilità da parte dei giudici di merito, la cui valutazione non è sindacabile in Cassazione se non in presenza di vizi logici manifesti.

In che misura il giudice può decidere l’entità della pena?
Il giudice ha un potere discrezionale nella graduazione della pena, ma deve esercitarlo seguendo i criteri fissati dalla legge (artt. 132 e 133 del codice penale), bilanciando le circostanze aggravanti e attenuanti e fornendo una motivazione adeguata per la sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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