Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30342 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; letta la memoria di replica a firma dell’AVV_NOTAIO per COGNOME, la quale ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza con ogni conseguente statuizione.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza d Tribunale di Pescara, di condanna di COGNOME NOME NOME i reati di cui agli artt. 5 cod. pen. e 189, commi 6 e 7, codice strada, ha assolto il predetto dal reato d all’art. 189, comma 6, codice strada, dichiarandolo penalmente responsabile d restanti reati, unificati dal vincolo della continuazione, condannandolo alla pe anni uno e giorni cinque di reclusione. In particolare, si è contestato all’impu avere, alla guida di un’autovettura intestata alla moglie, condotto il mezzo s adeguare la velocità sì da evitare pericoli per la sicurezza delle persone e in da conservarne il controllo e senza osservare i comportamenti imposti dal segnaletica stradale, non fermandosi di fronte a pedoni in tran sull’attraversamento pedonale e così colpendo per colpa COGNOME NOME NOME le lesioni di cui all’imputazione, altresì omettendo di fermarsi e di pr soccorso al soggetto investito (in Pescara il 25/6/2017).
I giudici d’appello hanno accolto il gravame del Procuratore dell Repubblica, procedendo alla rinnovazione istruttoria con l’audizione del teste di COGNOME NOME NOME NOME alla identificazione del soggetto che si era trovato alla guida del mezzo investitore. All’esito, hanno ribaltato il giudizio assoluto primo giudice che aveva ritenuto accertato che l’incidente era stato caus dall’auto intestata alla moglie dell’imputato, nel frangente condotta da un uo ma non altrettanto certo che quell’uomo fosse proprio il COGNOME. La Corte del gravame, al contrario, ha osservato che l’imputato era stato fermato più volte guida di quel mezzo; era stato riconosciuto (tramite estrapolazione della foto profilo Facebook) dal teste oculare NOME COGNOME che aveva confermato in dibattimento il riconoscimento effettuato nel corso delle indagini, dando atto motivo della certezza espressa dalla dichiarante (avendo, a suo dire, l’uomo un v molto particolare).
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso, formulando un’unica censura, con la quale, senza neppure indicare i vizi dedotti, attraverso i relativi rife normativi, ha’o. eJ L~Ii i v un vizio motivazionale, affermando l’erroneità totale del ragionamento probatorio seguito dalla Corte di merito, la cui valutazione de prove ha ritenuto non conforme alle risultanze processuali, con violazione degli a 187, 190, 191 e 192, cod. proc. pen. Secondo il deducente, gli elementi acquis dimostrerebbero il contrario di quanto affermato dai giudici d’appello, essendovi alcuna certezza che la foto mostrata in dibattimento alla persona offe
COGNOME e alla testimone COGNOME riproducesse l’effige dell’imputato, trattandosi di foto tratta dal profilo Facebook, l’iscrizione a tale piattaforma social non richiedendo la previa identificazione del richiedente, laddove la foto tratta dall’archivio patenti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sarebbe mai stata versata in atti, il teste di COGNOME avendola menzionata solo in sede di rinnovazione istruttoria, sotto altro profilo rilevandosi che la testimone aveva affermato di aver visto solo per tre secondi l’uomo che quella sera era sceso dall’autovettura.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha depositato memoria di replica, con la quale ha insistito per l’annullamento della sentenza con ogni conseguente statuizione.
Considerato in diritto
Il ricorso, ai limiti della genericità, è inammissibile anche per manifesta infondatezza delle censure.
Deve, intanto, rilevarsi la manifesta infondatezza del motivo nella parte in cui è stata dedotta una violazione di legge con riferimento a censure che attaccano, al contrario, il ragionamento probatorio dei giudici del merito.
Sul punto specifico, pare sufficiente un rinvio ai principi più volte affermati da questa Corte di legittimità, laddove si è chiarito che è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, Filardo, Rv. 280027-04).
Quanto, poi, ai vizi della motivazione, il ragionamento probatorio è esente da censure denunciabili in questa sede, poiché ancorato a evidenze fattuali regolarmente acquisite al processo e debitamente illustrate in sentenza, tra le quali gli esiti del rinnovato esame del teste di COGNOME e del riconoscimento effettuato dal teste oculare (regolarmente escusso in dibattimento) su una foto che la difesa si è limitata a contestare solo genericamente’ siccome tratta c’a una piattaforma social, senza tuttavia affermare che essa non corrispondesse all’imputato. Dal canto suo, invece, il teste di COGNOME aveva riferito, nel pieno contraddittorio tra le
parti, che quella foto era stata comparata con altra, certamente ritraente il COGNOME, presente nell’archivio patenti della RAGIONE_SOCIALE.
In ogni caso, la difesa ha attaccato aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere valutati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla l capacità dimostrativa, avendo sollecitato una rivalutazione del risultato probatorio, inammissibile in questa sede. Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello, altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv.280601-01; sez. 3, n. 18521 del 11/1/2018, COGNOME, Rv. 273217-01), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099).
Alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 185/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 25 giugno 2024.