Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, delineando i confini precisi del suo giudizio. Quando un imputato, già condannato nei primi due gradi di giudizio, si rivolge alla Suprema Corte, non può semplicemente chiedere di riesaminare i fatti. Deve, invece, sollevare questioni di pura legittimità, ovvero errori nell’applicazione della legge. Vediamo come questi principi sono stati applicati in un caso di tentata violenza privata.
I Fatti del Processo
Una persona era stata condannata in primo grado e in appello per il reato di tentata violenza privata, previsto dagli articoli 56 e 610 del codice penale. L’accusa si basava sull’invio di messaggi minacciosi. L’imputata ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali: il primo contestava l’identificazione della sua persona come autrice dei messaggi, criticando la valutazione delle prove fatta dai giudici; il secondo criticava la quantificazione del risarcimento del danno, ritenendola ingiustificata.
L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Corte Suprema ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla natura dei motivi presentati, evidenziandone i difetti procedurali.
Il Primo Motivo: La Genericità delle Censure sulla Prova
La Corte ha stabilito che il primo motivo era inammissibile perché le critiche erano generiche e riproponevano questioni già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. In sostanza, la ricorrente non ha indicato un errore di diritto o un travisamento della prova (cioè una lettura palesemente errata di un atto processuale), ma ha semplicemente chiesto alla Cassazione di fornire una valutazione alternativa delle prove. Questo tipo di richiesta è precluso nel giudizio di legittimità, che non è un “terzo grado” di merito dove si possono rivalutare i fatti.
Il Secondo Motivo: La Valutazione Discrezionale del Danno
Anche il secondo motivo, relativo all’entità del risarcimento del danno, è stato giudicato manifestamente infondato. La giurisprudenza consolidata afferma che la liquidazione del danno non patrimoniale è affidata all’apprezzamento discrezionale ed equitativo del giudice di merito. Tale valutazione può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è totalmente assente, macroscopicamente illogica o radicalmente contraddittoria, difetti che i giudici non hanno riscontrato nella sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale della decisione risiede nella funzione stessa della Corte di Cassazione. Il suo compito non è quello di stabilire chi ha torto o ragione sui fatti, ma di garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge (funzione nomofilattica). Pertanto, un ricorso che si limita a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di merito, senza individuare vizi specifici di legittimità, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.
Nel caso specifico, la difesa non ha dimostrato che le sentenze precedenti fossero illogiche o basate su un’errata interpretazione delle prove, ma ha solo cercato di ottenere una nuova e più favorevole lettura degli elementi processuali. Per quanto riguarda il danno, la Corte ha ribadito che, in assenza di una motivazione palesemente viziata, la quantificazione economica spetta al giudice che ha analizzato direttamente il caso e le sue conseguenze.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un’ulteriore possibilità per discutere i fatti di una causa. Per avere successo davanti alla Suprema Corte, è necessario formulare censure precise, che mettano in luce specifici errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza impugnata. In caso contrario, il risultato sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se si contesta la valutazione delle prove?
Perché la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti o le prove. Un ricorso è inammissibile se si limita a proporre una lettura alternativa delle prove già valutate dai giudici precedenti, senza dimostrare uno specifico errore di diritto o un palese travisamento della prova.
È possibile contestare in Cassazione l’importo del risarcimento del danno stabilito da un giudice?
Sì, ma solo in casi molto specifici. La quantificazione del danno non patrimoniale è un’attività discrezionale del giudice di merito. In Cassazione, si può contestare solo se la motivazione a supporto della decisione è totalmente mancante, macroscopicamente illogica, si discosta palesemente da dati di comune esperienza o è radicalmente contraddittoria.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata. Inoltre, la legge prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45180 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45180 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 28/11/1981
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Trieste ha confermato la condanna inflitta a NOME per il reato di cui agli artt. 56 e 610 cod. pen. (fatto commesso in Pozzuolo del Friuli tra il 21 e il 22 settembre 2018);
che l’atto di impugnativa consta di due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, con il quale si censura l’operata valutazione delle prove in relazione alla identificazione della ricorrente come autrice dei messaggi minacciosi, integrativi della condotta del reato contestato, è affidato a doglianze generiche, poiché meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) (cfr. pagg. 4 – 6, punti 5 e 6, della sentenza impugnata), e non consentite nel giudizio di legittimità, quanto unicamente dirette a sollecitare una preclusa rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie, al di fuori dell’allegazione di loro specifici, decisivi ed inopinabili travis (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), come pure sarebbe stato necessario in presenza di un apparato giustificativo della decisione, desunto dalle conformi sentenze di merito nel loro reciproco integrarsi (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595), che non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794);
che il secondo motivo, con il quale denuncia il vizio di motivazione in relazione all’entit del risarcimento del danno, è manifestamente infondato, posto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, «In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è censurabile in sede di legittimità sotto profilo del vizio della motivazione solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si disc macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria» (Sez. 5, n. 7993 del 09/12/2020, Rv. 280495); difetti argomentativi che non si registrano nel caso al vaglio;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11 13 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente