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Ricorso inammissibile: valutazione prove e danni

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per tentata violenza privata. I motivi, incentrati su una nuova valutazione delle prove e sulla quantificazione del danno, sono stati giudicati generici e infondati. La decisione sottolinea i limiti del giudizio di legittimità, confermando che la Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. L’imputata è stata condannata al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, delineando i confini precisi del suo giudizio. Quando un imputato, già condannato nei primi due gradi di giudizio, si rivolge alla Suprema Corte, non può semplicemente chiedere di riesaminare i fatti. Deve, invece, sollevare questioni di pura legittimità, ovvero errori nell’applicazione della legge. Vediamo come questi principi sono stati applicati in un caso di tentata violenza privata.

I Fatti del Processo

Una persona era stata condannata in primo grado e in appello per il reato di tentata violenza privata, previsto dagli articoli 56 e 610 del codice penale. L’accusa si basava sull’invio di messaggi minacciosi. L’imputata ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali: il primo contestava l’identificazione della sua persona come autrice dei messaggi, criticando la valutazione delle prove fatta dai giudici; il secondo criticava la quantificazione del risarcimento del danno, ritenendola ingiustificata.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte Suprema ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla natura dei motivi presentati, evidenziandone i difetti procedurali.

Il Primo Motivo: La Genericità delle Censure sulla Prova

La Corte ha stabilito che il primo motivo era inammissibile perché le critiche erano generiche e riproponevano questioni già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. In sostanza, la ricorrente non ha indicato un errore di diritto o un travisamento della prova (cioè una lettura palesemente errata di un atto processuale), ma ha semplicemente chiesto alla Cassazione di fornire una valutazione alternativa delle prove. Questo tipo di richiesta è precluso nel giudizio di legittimità, che non è un “terzo grado” di merito dove si possono rivalutare i fatti.

Il Secondo Motivo: La Valutazione Discrezionale del Danno

Anche il secondo motivo, relativo all’entità del risarcimento del danno, è stato giudicato manifestamente infondato. La giurisprudenza consolidata afferma che la liquidazione del danno non patrimoniale è affidata all’apprezzamento discrezionale ed equitativo del giudice di merito. Tale valutazione può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è totalmente assente, macroscopicamente illogica o radicalmente contraddittoria, difetti che i giudici non hanno riscontrato nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale della decisione risiede nella funzione stessa della Corte di Cassazione. Il suo compito non è quello di stabilire chi ha torto o ragione sui fatti, ma di garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge (funzione nomofilattica). Pertanto, un ricorso che si limita a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di merito, senza individuare vizi specifici di legittimità, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.

Nel caso specifico, la difesa non ha dimostrato che le sentenze precedenti fossero illogiche o basate su un’errata interpretazione delle prove, ma ha solo cercato di ottenere una nuova e più favorevole lettura degli elementi processuali. Per quanto riguarda il danno, la Corte ha ribadito che, in assenza di una motivazione palesemente viziata, la quantificazione economica spetta al giudice che ha analizzato direttamente il caso e le sue conseguenze.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un’ulteriore possibilità per discutere i fatti di una causa. Per avere successo davanti alla Suprema Corte, è necessario formulare censure precise, che mettano in luce specifici errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza impugnata. In caso contrario, il risultato sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se si contesta la valutazione delle prove?
Perché la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti o le prove. Un ricorso è inammissibile se si limita a proporre una lettura alternativa delle prove già valutate dai giudici precedenti, senza dimostrare uno specifico errore di diritto o un palese travisamento della prova.

È possibile contestare in Cassazione l’importo del risarcimento del danno stabilito da un giudice?
Sì, ma solo in casi molto specifici. La quantificazione del danno non patrimoniale è un’attività discrezionale del giudice di merito. In Cassazione, si può contestare solo se la motivazione a supporto della decisione è totalmente mancante, macroscopicamente illogica, si discosta palesemente da dati di comune esperienza o è radicalmente contraddittoria.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata. Inoltre, la legge prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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