Ricorso Inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare le prove
Con l’ordinanza n. 94/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Questa decisione, che dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per tentata estorsione, offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti entro cui la Suprema Corte può sindacare le sentenze dei giudici di appello. La vicenda sottolinea come la richiesta di una nuova valutazione delle prove sia una strada non percorribile in Cassazione.
I Fatti del Processo
Il ricorrente era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’appello per il reato di concorso in tentata estorsione. Insoddisfatto della decisione, ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi principali. I primi due motivi contestavano l’affermazione di responsabilità, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’appello avesse travisato le dichiarazioni rese dall’imputato durante l’esame in primo grado. Il terzo motivo, invece, criticava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ritenuto ingiustificato.
L’inammissibilità del ricorso sulla valutazione delle prove
La Corte di Cassazione ha respinto i primi due motivi del ricorso, qualificandoli come inammissibili. I giudici hanno osservato che la motivazione della Corte d’appello era logica, coerente e priva di contraddizioni manifeste. Le argomentazioni del ricorrente, secondo la Suprema Corte, non denunciavano un reale vizio di legge, ma si risolvevano nel tentativo di ottenere una diversa e più favorevole interpretazione degli elementi di prova già esaminati nei gradi di merito. Questo tipo di richiesta è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un “super giudice” che può riesaminare i fatti, ma ha il compito di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia immune da vizi logici evidenti.
Il diniego delle attenuanti generiche
Anche il terzo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’appello aveva motivato adeguatamente la sua decisione di negare il beneficio, basandosi su due elementi cruciali: la gravità della condotta realizzata dall’imputato e i suoi numerosi e gravi precedenti penali. Di fronte a questa valutazione, la Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale avesse espresso un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità. Il buon comportamento processuale addotto dalla difesa non è stato considerato sufficiente a superare le ragioni, ritenute legittime, che hanno portato al diniego.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su principi consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che le censure che si traducono in una sollecitazione a riconsiderare il significato probatorio degli elementi acquisiti non possono trovare spazio nel giudizio di legittimità. Se la motivazione del giudice di merito è logica e non contraddittoria, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella espressa nella sentenza impugnata. In secondo luogo, per quanto riguarda le attenuanti generiche, la decisione del giudice di merito è un giudizio di fatto che, se adeguatamente motivato, non è soggetto a revisione in Cassazione. La Corte ha inoltre esteso l’inammissibilità anche ai motivi nuovi presentati successivamente, come previsto dall’art. 585, comma 4, del codice di procedura penale.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma i confini del giudizio di Cassazione e l’impossibilità per il ricorrente di trasformarlo in un’ulteriore istanza di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione deve essere fondato su vizi specifici di legittimità e non su una semplice divergenza rispetto alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può riesaminare i fatti o dare una diversa valutazione delle prove. Un ricorso che mira a questo obiettivo viene dichiarato inammissibile.
Perché possono essere negate le circostanze attenuanti generiche?
Le circostanze attenuanti generiche possono essere negate quando il giudice, con una motivazione adeguata, ritiene che non sussistano elementi per una diminuzione di pena. Nel caso specifico, la decisione si è basata sulla gravità della condotta e sui numerosi precedenti penali dell’imputato, elementi ritenuti prevalenti rispetto ad altri, come il buon comportamento processuale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, l’inammissibilità del ricorso principale si estende anche a eventuali motivi nuovi presentati successivamente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 94 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 94 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a Ostuni il 23/11/1971
avverso la sentenza del 13/01/2023 della Corte d’appello di Lecce dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e i motivi nuovi a firma dell’avv. NOME COGNOME ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che lamentano la violazione di legge, in relazione agli artt. 110, 56 e 629 cod. pen., e il vizio del motivazione (con asserito travisamento della prova in ordine alle dichiarazioni rese dall’imputato durante il proprio esame nel corso del processo di primo grado) con riguardo all’affermazione di responsabilità per il concorso nel reato di tentata estorsione, non è consentito, atteso che, a fronte di una motivazione della Corte d’appello che appare priva di contraddizioni e illogicità manifeste (si vedano, in particolare, le pagine da 4 a 8 della sentenza impugnata), le argomentazioni del ricorrente si risolvono nella sollecitazione di una diversa valutazione del significato probatorio degli elementi di prova, per giungere a conclusioni differenti in ordine alla valenza degli stessi elementi, il che non è ammissibile in sede di legittimità;
considerato che il terzo motivo di ricorso, con cui si denuncia la violazione di legge, con riferimento all’art. 62-bis cod. pen., per avere la Corte d’appello confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, è. manifestamente
infondato in quanto la Corte d’appello ha motivato in modo adeguato in ordine al diniego del suddetto beneficio (si veda, in particolare, la pag. 8 della sentenza impugnata), avendolo escluso in ragione sia della gravità della condotta realizzata sia dei numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato, così legittimamente disattendendo il rilievo di altri elementi (tra i quali anche quello, dedotto dal Greco, relativo al suo buon comportamento processuale) ed esprimendo un giudizio di fatto che non è sindacabile in questa sede chi legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
considerato che, ai sensi dell’art. 585, comma 4, secondo periodo, cod. proc. pen., l’inammissibilità del ricorso si estende ai motivi nuovi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 novembre 2023.