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Ricorso inammissibile: valutazione prove e attenuanti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata estorsione. La Corte ha stabilito che le censure relative alla valutazione delle prove e al diniego delle attenuanti generiche non sono ammissibili in sede di legittimità, poiché mirano a una nuova valutazione dei fatti, preclusa a questo livello di giudizio. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare le prove

Con l’ordinanza n. 94/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Questa decisione, che dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per tentata estorsione, offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti entro cui la Suprema Corte può sindacare le sentenze dei giudici di appello. La vicenda sottolinea come la richiesta di una nuova valutazione delle prove sia una strada non percorribile in Cassazione.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’appello per il reato di concorso in tentata estorsione. Insoddisfatto della decisione, ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi principali. I primi due motivi contestavano l’affermazione di responsabilità, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’appello avesse travisato le dichiarazioni rese dall’imputato durante l’esame in primo grado. Il terzo motivo, invece, criticava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ritenuto ingiustificato.

L’inammissibilità del ricorso sulla valutazione delle prove

La Corte di Cassazione ha respinto i primi due motivi del ricorso, qualificandoli come inammissibili. I giudici hanno osservato che la motivazione della Corte d’appello era logica, coerente e priva di contraddizioni manifeste. Le argomentazioni del ricorrente, secondo la Suprema Corte, non denunciavano un reale vizio di legge, ma si risolvevano nel tentativo di ottenere una diversa e più favorevole interpretazione degli elementi di prova già esaminati nei gradi di merito. Questo tipo di richiesta è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un “super giudice” che può riesaminare i fatti, ma ha il compito di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia immune da vizi logici evidenti.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche il terzo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’appello aveva motivato adeguatamente la sua decisione di negare il beneficio, basandosi su due elementi cruciali: la gravità della condotta realizzata dall’imputato e i suoi numerosi e gravi precedenti penali. Di fronte a questa valutazione, la Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale avesse espresso un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità. Il buon comportamento processuale addotto dalla difesa non è stato considerato sufficiente a superare le ragioni, ritenute legittime, che hanno portato al diniego.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su principi consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che le censure che si traducono in una sollecitazione a riconsiderare il significato probatorio degli elementi acquisiti non possono trovare spazio nel giudizio di legittimità. Se la motivazione del giudice di merito è logica e non contraddittoria, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella espressa nella sentenza impugnata. In secondo luogo, per quanto riguarda le attenuanti generiche, la decisione del giudice di merito è un giudizio di fatto che, se adeguatamente motivato, non è soggetto a revisione in Cassazione. La Corte ha inoltre esteso l’inammissibilità anche ai motivi nuovi presentati successivamente, come previsto dall’art. 585, comma 4, del codice di procedura penale.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma i confini del giudizio di Cassazione e l’impossibilità per il ricorrente di trasformarlo in un’ulteriore istanza di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione deve essere fondato su vizi specifici di legittimità e non su una semplice divergenza rispetto alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può riesaminare i fatti o dare una diversa valutazione delle prove. Un ricorso che mira a questo obiettivo viene dichiarato inammissibile.

Perché possono essere negate le circostanze attenuanti generiche?
Le circostanze attenuanti generiche possono essere negate quando il giudice, con una motivazione adeguata, ritiene che non sussistano elementi per una diminuzione di pena. Nel caso specifico, la decisione si è basata sulla gravità della condotta e sui numerosi precedenti penali dell’imputato, elementi ritenuti prevalenti rispetto ad altri, come il buon comportamento processuale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, l’inammissibilità del ricorso principale si estende anche a eventuali motivi nuovi presentati successivamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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