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Ricorso inammissibile: valutazione pena e motivazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla congruità della pena e la concessione delle attenuanti generiche non possono essere riesaminate in sede di legittimità se il giudice di merito ha fornito una motivazione sufficiente e non illogica. L’ordinanza analizza il concetto di trattamento punitivo, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, di una sanzione pecuniaria e della rifusione delle spese alla parte civile.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la motivazione del giudice sulla pena è insindacabile

L’esito di un processo penale non si esaurisce con la sentenza di primo o secondo grado. La parte soccombente ha la facoltà di presentare ricorso in Cassazione, ma questa via non è sempre percorribile. Un’ordinanza recente ci offre lo spunto per analizzare un caso di ricorso inammissibile, chiarendo i limiti del giudizio di legittimità, specialmente quando le censure riguardano la valutazione della pena. Quando il giudice di merito fornisce una motivazione logica e adeguata, la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella già effettuata.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Tra i motivi di doglianza, spiccava la presunta violazione degli articoli 62-bis e 133 del codice penale. In sostanza, il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e riteneva la pena inflitta eccessivamente severa, contestando le valutazioni operate dal giudice di merito sul cosiddetto “trattamento punitivo”.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, con una sintetica ma chiara ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel vivo delle argomentazioni difensive, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che i motivi proposti non potevano essere esaminati in quella sede. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Inoltre, è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalla parte civile costituitasi nel giudizio, liquidate in oltre 2.600 euro.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro della decisione risiede nella natura del giudizio di Cassazione. La Corte ha chiarito che le censure relative al trattamento punitivo, come la valutazione sulla congruità della pena (art. 133 c.p.) e la concessione o meno delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), attengono al merito della vicenda. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito: il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “sufficiente e non illogica” per giustificare sia il diniego delle attenuanti sia l’entità della pena. La sentenza impugnata aveva adeguatamente esaminato le deduzioni difensive, spiegando le ragioni ostative alla concessione di un trattamento sanzionatorio più mite. Poiché la motivazione era presente, coerente e priva di vizi logici manifesti, ogni ulteriore discussione sul punto era preclusa in sede di legittimità, rendendo il relativo motivo di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio consolidato: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di giudizio per tentare di ottenere una nuova e più favorevole valutazione dei fatti. Le scelte discrezionali del giudice di merito, come quelle sulla determinazione della pena, sono insindacabili in Cassazione se supportate da una motivazione adeguata. Per chi intende impugnare una sentenza di condanna, è fondamentale concentrare i motivi di ricorso su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi manifesti della motivazione), piuttosto che su doglianze che implicano una rivalutazione del merito. L’esito contrario, come dimostra questo caso, può comportare non solo la conferma della condanna, ma anche un aggravio di spese significativo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché il motivo riguardante la violazione degli artt. 62-bis e 133 c.p. era inerente al trattamento punitivo, una valutazione di merito che la Corte d’Appello aveva supportato con una motivazione sufficiente, non illogica e basata su un adeguato esame delle argomentazioni difensive.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile, liquidate in 2.686,00 euro oltre accessori di legge.

La Corte di Cassazione può riesaminare la congruità di una pena inflitta da un altro giudice?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la congruità della pena, poiché tale valutazione è una prerogativa dei giudici di merito. Il suo controllo si limita a verificare che la decisione sia supportata da una motivazione esistente, logica e non contraddittoria, che dia conto delle ragioni della scelta sanzionatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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