Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Quando un ricorso inammissibile viene presentato, spesso è perché si tenta di superare questo confine, chiedendo alla Suprema Corte di fare qualcosa che non rientra nei suoi poteri. Analizziamo come e perché la Corte ha respinto le richieste di un imputato, confermando la sua condanna.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione tramite il suo difensore. I motivi del ricorso erano principalmente tre:
1. Una presunta violazione e falsa applicazione dell’articolo 530, comma 2, del codice di procedura penale, essenzialmente contestando la valutazione della sua responsabilità penale.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
3. La mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità, secondo l’articolo 62, n. 4, del codice penale.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove e la ricostruzione dei fatti già operate dai giudici dei gradi precedenti.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su un caposaldo del diritto processuale: la Cassazione è giudice di legittimità, non un terzo grado di giudizio di merito. Il suo compito non è stabilire come sono andati i fatti, ma verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Le censure presentate dalla difesa, secondo la Corte, non rientravano nel numerus clausus dei motivi ammessi, poiché investivano “profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito”.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, smontandoli sulla base della loro natura fattuale.
1. Sulla Responsabilità Penale: La contestazione sulla colpevolezza dell’imputato è stata ritenuta inammissibile perché le conclusioni della Corte d’Appello erano supportate da una motivazione “congrua, idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante”. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se questa è logicamente argomentata.
2. Sulla Particolare Tenuità del Fatto (Art. 131-bis c.p.): Anche il motivo relativo all’esclusione della non punibilità per particolare tenuità è stato respinto. La Corte d’Appello aveva validamente escluso questa possibilità basandosi sul “rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata e dell’intensità del dolo”. Questa valutazione, essendo immune da vizi logici e coerente con le prove, non è sindacabile in sede di legittimità.
3. Sull’Attenuante del Danno Lieve (Art. 62 n. 4 c.p.): Infine, la Corte ha definito le critiche sulla mancata applicazione dell’attenuante come “mere doglianze in punto di fatto”. La Corte territoriale aveva già motivato il suo diniego, evidenziando che la stabilità dei rapporti illeciti (nel caso di specie, commercio di stupefacenti) e i guadagni derivanti non potevano essere considerati di “lieve entità”. Anche in questo caso, si trattava di una valutazione di merito, non di un errore di diritto.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un concetto cruciale: un ricorso per cassazione deve basarsi su vizi di legge o su difetti manifesti della motivazione, non sulla semplice speranza di ottenere una nuova e più favorevole valutazione dei fatti. Tentare di trasformare la Corte di Cassazione in un terzo grado di giudizio di merito porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Per l’imputato, ciò ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti, attività che sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non della Corte di Cassazione.
È possibile contestare in Cassazione il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì, ma solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o viola la legge. Non è possibile farlo se, come nel caso di specie, la motivazione è coerente e basata su una corretta valutazione del disvalore della condotta e dell’intensità del dolo.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Oltre alla conferma della sentenza di condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36674 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da COGNOME NOME a mezzo del difensore.
Rilevato che la difesa ha articolato i seguenti motivi di ricorso: 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., e dell’art. 131-bis cod. pen.; 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen.
Considerato che la doglianza in cui si contesta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e d ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette, come nel presente caso, da motivazione congrua, idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.
Considerato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata e dell’intensità del dolo riscontrato, elementi apprezzati con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Considerato, quanto all’ultimo motivo di doglianza, che i rilievi riguardanti la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati dal giudice di merito (si veda, in particolare, quanto argomentato dalla Corte territoriale nel motivare il diniego dell’attenuante invocata, laddove esclude che, in ragione della stabilità dei rapporti intrattenuti con l’acquirente COGNOME, i guadagni derivanti dall’attività illecita del commercio di stupefecenti cui era dedito il ricorrente potessero essere considerati di lieve entità).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024