Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di furto aggravato, cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i limiti del giudizio di legittimità. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile sia la conseguenza inevitabile quando si tenta di trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di giudizio sui fatti. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire meglio le sue implicazioni.
I Fatti del Processo
Due individui venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale. L’accusa si basava su prove decisive, in particolare le impronte digitali rinvenute sulla vetrina infranta di un negozio, che era stata pulita poco prima dell’orario di chiusura. Secondo i giudici di merito, questa circostanza rendeva certo che le impronte appartenessero agli autori del furto. Insoddisfatti della sentenza della Corte d’Appello di Bologna, gli imputati decidevano di presentare ricorso in Cassazione.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorso degli imputati si fondava su due principali motivi:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, sostenendo che la responsabilità non fosse stata provata al di là di ogni ragionevole dubbio. In pratica, si chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove, come le impronte digitali.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il fatto che la Corte d’Appello non avesse applicato le circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
La Valutazione del ricorso inammissibile da parte della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si basa su principi procedurali consolidati che definiscono chiaramente il ruolo e i poteri della Corte di Cassazione.
Sulla Ricostruzione dei Fatti
Sul primo punto, la Corte ha ricordato che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. La Cassazione opera in “sede di legittimità”, il che significa che il suo controllo è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione coerente e priva di vizi logici o giuridici per spiegare perché le impronte digitali fossero una prova schiacciante. Tentare di proporre una ricostruzione alternativa in Cassazione è un’operazione non consentita.
Sulle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha chiarito che, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice di merito non è obbligato a esaminare analiticamente ogni singolo elemento a favore dell’imputato. È sufficiente che la sua decisione sia basata su elementi ritenuti decisivi e rilevanti, fornendo una motivazione logica. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva motivato la sua scelta in modo esente da illogicità, rendendo la contestazione inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) servono ad accertare i fatti e a valutare le prove. La Corte di Cassazione, invece, ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Un ricorso che, di fatto, chiede una nuova valutazione del materiale probatorio si scontra inevitabilmente con questo limite funzionale, risultando in un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rappresenta un importante monito: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legge o su difetti di motivazione palesi e non su un semplice dissenso rispetto alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici precedenti. La conseguenza di un ricorso mal impostato non è solo il rigetto, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come la somma di tremila euro inflitta in questo caso a favore della Cassa delle ammende. Per gli operatori del diritto, ciò evidenzia la necessità di strutturare le impugnazioni nel rigoroso rispetto dei confini del giudizio di legittimità.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché i ricorrenti hanno cercato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a giudicare la corretta applicazione della legge.
È possibile contestare la valutazione delle prove, come le impronte digitali, davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove. La Corte può intervenire solo se la motivazione della sentenza precedente è manifestamente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito che ha analizzato direttamente le prove.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2951 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2951 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 14/06/1990 NOME COGNOME nato il 11/11/1993
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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Rilevato che NOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 9 febbraio 2024 che ha confermato la condanna degli imputati per il reato di cui agli artt. 624, 625, comma primo, nn. 2) e 5), cod. pen.;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – che deduce violazione di legge e vizi de motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità degli imputati – non sia consentit sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti median criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di appello, il quale, con motiv esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si ve particolare, pag. 3 della sentenza impugnata), ribadendo la valutazione del primo Giudice secondo cui la vetrina del negozio era stata pulita poco prima che la saracinesca fosse abbassata per la chiusura, sicché le impronte rinvenute sulla vetrina infranta non potevano che appartenere agli autori del furto, odierni imputati;
ritenuto che il secondo motivo, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non sia consentito in sede di legittimità e sia manifestamente infondato presenza (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato che il Giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimen delle attenuanti generiche, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi dedo dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenut o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna de ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente