Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rievalutare i Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare dal tentativo di sottoporre al giudice di legittimità questioni che esulano dalla sua competenza. Il caso riguarda un imputato condannato per resistenza che ha cercato di contestare la pericolosità della sua condotta, un’argomentazione che la Suprema Corte ha ritenuto una mera valutazione di fatto, non sindacabile in quella sede.
I Fatti del Processo
Un soggetto veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di resistenza. La sua difesa, nel ricorrere alla Corte di Cassazione, contestava la sussistenza degli elementi oggettivi del reato, in particolare l’idoneità offensiva della propria condotta. In sostanza, si sosteneva che il tentativo di fuga, per come si era concretizzato, non avesse generato un pericolo reale e oggettivo, elemento necessario per configurare il delitto ascrittogli.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, ovvero alla verifica dei presupposti formali e sostanziali per poter esaminare il ricorso. La Corte ha stabilito che le censure sollevate dall’imputato non erano ammissibili per due ragioni fondamentali.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali.
In primo luogo, ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di ricostruire i fatti o di valutare le prove una terza volta, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate. Contestare la “pericolosità oggettiva della fuga” significa chiedere alla Corte di effettuare una “valutazione in fatto”, un’attività preclusa in sede di legittimità. I giudici di merito avevano già fornito una “doppia valutazione conforme”, ritenendo la condotta pericolosa, e tale giudizio, se adeguatamente motivato, non può essere rimesso in discussione.
In secondo luogo, la Corte ha rilevato una significativa discrasia tra i motivi presentati in Cassazione e quelli dell’appello. Mentre in appello la difesa si era concentrata sulla presunta assenza dell’elemento soggettivo (il dolo), nel ricorso per cassazione l’argomentazione si è spostata sugli elementi oggettivi del reato. Questa incoerenza difensiva ha ulteriormente contribuito a indebolire il ricorso, rendendolo, agli occhi della Corte, inammissibile.
Di conseguenza, al rigetto del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma con forza la distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. Per gli avvocati, ciò significa che la strategia difensiva deve essere costruita con coerenza sin dal primo grado, concentrando il ricorso in Cassazione esclusivamente su vizi di legittimità, come l’errata interpretazione di una norma o un difetto logico manifesto nella motivazione. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito in Cassazione è una strategia destinata al fallimento, che comporta unicamente la condanna a ulteriori spese per l’assistito. La decisione sottolinea l’importanza di non confondere l’ultimo grado di giudizio con una terza istanza di merito.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure proposte dal ricorrente riguardavano valutazioni di fatto, come la pericolosità della sua condotta di fuga, che non sono consentite nel giudizio di legittimità, il quale si occupa solo di questioni di diritto.
Cosa significa che le censure erano “distoniche” rispetto a quelle dell’appello?
Significa che i motivi del ricorso in Cassazione erano incoerenti con quelli presentati in appello. In appello, la difesa aveva sostenuto la mancanza dell’intento colpevole (dolo), mentre in Cassazione ha contestato gli elementi oggettivi del reato, dimostrando una strategia difensiva contraddittoria.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo caso?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47412 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47412 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 12/11/1994
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
Q •
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché l’unica censura addotta, diretta a contratstar la sussistenza dei costituti oggettivi della resistenza ascritta all’imputato sotto il idoneità offensiva della condotta tenuta eloi-COGNOME~e ) sollecita valutazioni in fatto ( il portato oggettivamente pericoloso della fuga intentata dal ricorrente) non consentite in questa sede ( senza adeguatamente contrastare. la tenuta della motivazione esposta dai giudici del merito con doppia valutazione conforme a sostegno della ricostruzione della relativa vicenda) anche perché distoniche rispetto al tenore dell’appello (che senza contestare gli estremi oggettivi de condotta, segnalava la ritenuta insussistenza del dolo)
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31 ottobre 2024.