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Ricorso inammissibile: valutazione del giudice di merito

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro il diniego di affidamento in prova. La decisione si fonda sulla corretta e non illogica valutazione del Tribunale di Sorveglianza, che aveva negato la misura a causa dell’elevata pericolosità sociale del soggetto, desunta da precedenti, frequentazioni e una proposta lavorativa in un ambiente compromesso.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma il “No” all’Affidamento in Prova

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta una fondamentale misura alternativa alla detenzione, mirata al recupero e al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione approfondita del giudice. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tali decisioni, confermando come un ricorso inammissibile sia la conseguenza di doglianze che mirano a una nuova valutazione dei fatti, anziché a denunciare vizi di legge.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva respinto la sua istanza di affidamento in prova. Il Tribunale aveva ritenuto la misura inadeguata a favorire il recupero del soggetto e a contenere la sua elevata pericolosità sociale.

La decisione del giudice di merito si basava su una serie di elementi concreti:
– La persistenza di condotte delittuose in epoca recente, come evidenziato dai carichi pendenti e da una nuova sentenza di condanna.
– La mancata emancipazione dall’uso di sostanze stupefacenti.
– Il mantenimento di legami con ambienti delinquenziali, circostanza aggravata dalla richiesta di svolgere attività lavorativa presso un’azienda che annoverava tra i suoi dipendenti ben 29 soggetti con precedenti penali per reati di natura allarmante.
– Elementi contraddittori emersi dalla relazione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) riguardo l’effettivo avvio di un percorso di revisione critica.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

Di fronte a questa motivata decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

I giudici di legittimità hanno osservato che le censure del ricorrente, al di là della loro veste formale, non facevano altro che sollecitare una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto, sovrapponendo il proprio giudizio a quello, non manifestamente illogico, del Tribunale di Sorveglianza. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare il merito della vicenda.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità sono chiare e radicate nei principi del nostro ordinamento processuale. Il provvedimento impugnato aveva solidamente fondato il rigetto della richiesta su una valutazione complessiva della personalità e della condotta del soggetto. Il Tribunale di Sorveglianza non ha omesso di considerare elementi favorevoli, ma li ha semplicemente valutati in modo diverso rispetto alle aspettative del ricorrente, fornendo una giustificazione coerente e priva di palesi illogicità. La scelta di lavorare in un contesto con un’alta concentrazione di persone con precedenti penali è stata ritenuta, logicamente, un fattore negativo che indicava la mancata rottura con ambienti a rischio, anziché un’opportunità di reinserimento. Pertanto, l’appello si è risolto in un tentativo non consentito di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito.

Le Conclusioni

Le conclusioni che si possono trarre da questa ordinanza sono significative. Viene ribadito il principio secondo cui il giudizio sulla pericolosità sociale e sull’adeguatezza di una misura alternativa è una prerogativa del giudice di merito. La Corte di Cassazione interviene solo se la motivazione di tale giudizio è assente, palesemente illogica o contraddittoria. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con il versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Per quale motivo principale è stata negata in primo luogo la richiesta di affidamento in prova?
La richiesta è stata negata a causa dell’inadeguatezza della misura a favorire il recupero sociale del condannato e a fronteggiare la sua elevata pericolosità sociale, evidenziata da recenti condotte delittuose, uso di stupefacenti e legami con ambienti criminali.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano reali violazioni di legge o vizi logici nella motivazione, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza, compito che non rientra nelle funzioni della Corte di Cassazione.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
In conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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