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Ricorso inammissibile: valutazione del giudice di merito

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello di Lecce. Il ricorso è stato respinto perché le censure erano generiche e miravano a una nuova valutazione dei fatti, come il pericolo di recidiva e la congruità della pena, che rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte ha ribadito che il suo ruolo è di legittimità, non di riesame nel merito, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Valutazione del Giudice di Merito è Insindacabile

L’ordinanza n. 46190/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, specialmente riguardo alle decisioni sulla pena e sulle misure alternative. Il caso in esame evidenzia come un ricorso inammissibile sia la conseguenza inevitabile quando le censure proposte non riguardano violazioni di legge, ma tentano di ottenere un nuovo esame dei fatti, competenza esclusiva dei giudici di merito. Analizziamo la decisione per comprendere meglio questi principi fondamentali.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Lecce. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado sotto due profili principali: il trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo e la mancata concessione di una pena sostitutiva, specificamente la detenzione domiciliare prevista dall’art. 20-bis del codice penale. L’imputato, attraverso i suoi motivi di ricorso, cercava di mettere in discussione il giudizio negativo espresso dalla Corte territoriale sulle sue prospettive di riabilitazione.

La Decisione della Cassazione e il Concetto di Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con motivazioni nette e precise. I giudici di legittimità hanno sottolineato che i motivi di ricorso erano affetti da “genericità assoluta”. Il ricorrente, infatti, non aveva individuato specifiche violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Al contrario, le sue doglianze si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione.

La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) ha il compito di accertare i fatti e di valutare le prove; la Corte di Cassazione, invece, ha la funzione di assicurare la corretta interpretazione e applicazione della legge (giudizio di legittimità), senza poter sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica per negare la pena sostitutiva. La decisione era fondata su un giudizio negativo circa le “prospettive di emendabilità” del condannato, desunto dal concreto pericolo di recidiva. Tale pericolo, a sua volta, era stato ricavato da elementi fattuali come i precedenti penali e le modalità specifiche del reato commesso. Queste sono valutazioni di fatto che, se motivate senza illogicità, non possono essere messe in discussione in sede di legittimità.

Anche le censure relative alla quantificazione della pena sono state giudicate generiche. La determinazione della sanzione è un’attività discrezionale del giudice di merito, che deve tener conto della gravità del fatto e della personalità del reo. Finché la decisione è sorretta da una motivazione sufficiente e logica, essa si sottrae al sindacato della Cassazione. Inoltre, è stato chiarito che il confronto con le pene inflitte ad altri coimputati non è rilevante, poiché ogni posizione deve essere valutata individualmente.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un monito fondamentale: un ricorso per cassazione deve basarsi su motivi specifici che denuncino errori di diritto o vizi logici palesi nella motivazione, non su un generico dissenso rispetto alle conclusioni del giudice di merito. Tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Tale esito non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, che viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., che in questo caso ammontava a 3.000 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non contestavano violazioni di legge, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, come il pericolo di recidiva e la congruità della pena, che sono di competenza esclusiva del giudice di merito.

È possibile contestare in Cassazione il giudizio del giudice sul pericolo di recidiva?
No, non è possibile se la motivazione del giudice di merito è logica e sufficiente. La valutazione del pericolo di recidiva è un giudizio di fatto che rientra nella discrezionalità del giudice e non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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