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Ricorso inammissibile: valutazione dei fatti esclusa

Un soggetto condannato per un reato minore legato agli stupefacenti ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che le doglianze miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo dei giudici di merito. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di custode della corretta applicazione della legge. Quando un ricorso tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove, il risultato è inevitabilmente una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dalla condanna di un individuo, nei primi due gradi di giudizio, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, riguardante la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità. Le sentenze di merito avevano ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato sulla base delle prove raccolte.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 192 del codice di procedura penale. In particolare, si contestava la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con cui i giudici di merito avevano valutato il materiale probatorio. L’obiettivo della difesa era, di fatto, mettere in discussione la ricostruzione dei fatti e l’interpretazione delle prove che avevano portato alla condanna.

La Decisione della Corte: il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che le censure sollevate dalla difesa, sebbene formalmente presentate come vizi di legittimità, miravano in realtà a una riconsiderazione del merito della vicenda. Questioni come la ricostruzione del fatto, la valutazione delle prove e l’apprezzamento del materiale probatorio sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che le sentenze dei gradi precedenti avevano fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, esente da vizi logici. Il ragionamento dei giudici di merito era basato su ‘corretti criteri di inferenza’ e su ‘condivisibili massime di esperienza’, risultando coerente e ben fondato. Le argomentazioni del ricorrente, dietro l’apparente denuncia di un vizio di legittimità, si traducevano in una richiesta di un nuovo giudizio sui fatti, preclusa in sede di legittimità. Di conseguenza, non essendoci reali vizi di legge da esaminare, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: un ricorso per Cassazione deve concentrarsi esclusivamente su questioni di diritto, come l’errata interpretazione o applicazione di una norma. Tentare di utilizzare questo strumento per contestare la valutazione delle prove o la ricostruzione dei fatti è una strategia destinata al fallimento. Tale approccio non solo porta a una dichiarazione di inammissibilità, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur lamentando formalmente un vizio di motivazione, in realtà mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado e non della Corte di Cassazione.

Cosa significa che la motivazione della Corte d’Appello era ‘congrua e adeguata’?
Significa che il ragionamento seguito dalla Corte d’Appello per giungere alla sua decisione era logico, coerente, sufficiente e basato su corretti criteri giuridici e massime di esperienza, senza presentare vizi evidenti che ne potessero inficiare la validità.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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