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Ricorso inammissibile usura: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per usura. La sentenza sottolinea come, in presenza di una “doppia conforme” (due sentenze di merito uguali), le censure basate sui fatti siano precluse. Il rigetto si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso, che non hanno scalfito la logica e completa motivazione delle corti precedenti, basata sulla testimonianza della vittima e su solidi riscontri esterni. Il caso di ricorso inammissibile per usura conferma la rigorosa valutazione della Corte sulla specificità degli appelli.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Usura: La Cassazione e il Principio della ‘Doppia Conforme’

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 895/2024, ha affrontato un caso di ricorso inammissibile per usura, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità, in particolare quando ci si trova di fronte a una “doppia conforme”. Questa decisione ribadisce la necessità di presentare motivi di ricorso specifici e non generici, che non si limitino a riproporre le stesse questioni di fatto già valutate e respinte nei primi due gradi di giudizio.

I Fatti: La Vicenda Giudiziaria

Tre individui venivano condannati in primo grado e successivamente in appello per il reato di usura. Le sentenze di merito avevano accertato la loro responsabilità sulla base di una solida ricostruzione probatoria. In particolare, le accuse si fondavano sulle dichiarazioni della persona offesa, corroborate da numerosi riscontri esterni, tra cui scritture private, accertamenti bancari, intercettazioni e altre testimonianze. Gli imputati, ritenendo ingiusta la condanna, decidevano di proporre ricorso per cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza d’appello.

Analisi del ricorso inammissibile per usura

I ricorsi presentati dagli imputati si basavano su diverse doglianze, che la Corte ha ritenuto, nel loro complesso, generiche e manifestamente infondate. Le principali critiche mosse alla sentenza d’appello erano:

Contestazione dell’attendibilità della vittima

Un imputato sosteneva che la sua condanna si basasse unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza adeguati riscontri esterni, violando così l’art. 192 del codice di procedura penale. A suo dire, gli elementi usati come riscontro (una scrittura privata e una perizia) erano stati valutati in modo “circolare”, basandosi a loro volta sulle parole della vittima.

Travisamento delle prove e illogicità della motivazione

Un altro ricorrente lamentava una manifesta illogicità e un travisamento delle prove, in particolare riguardo alle testimonianze e alle intercettazioni. Sosteneva che le dichiarazioni di un testimone chiave fossero state interpretate in modo difforme dal loro senso reale e che le intercettazioni non provassero l’esistenza di un prestito usurario.

Mancata correlazione tra accusa e sentenza

Il terzo imputato denunciava la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sostenendo che i fatti per cui era stato condannato fossero sostanzialmente diversi da quelli originariamente contestati nel capo d’imputazione, con particolare riferimento alla proprietà di un’autovettura oggetto di una delle transazioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono un compendio di diritto processuale penale. Innanzitutto, i giudici hanno ribadito il principio della “doppia conforme”. Quando le sentenze di primo e secondo grado giungono a conclusioni identiche, formando un unico corpo argomentativo, il ricorrente in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse critiche già esaminate e respinte. I motivi devono individuare vizi specifici di logicità o di diritto, non contestare la ricostruzione dei fatti, che è prerogativa dei giudici di merito.

La Corte ha specificato che le dichiarazioni della persona offesa, anche se esaminata come testimone assistito, possono fondare una condanna se supportate da riscontri esterni. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente individuato tali riscontri in prove documentali (assegni, scritture private), intercettazioni e altre testimonianze, creando un quadro probatorio solido e coerente. Le censure degli imputati sono state considerate generiche perché non si confrontavano puntualmente con la pluralità di elementi a loro carico, limitandosi a offrire una lettura alternativa delle prove, operazione non consentita in sede di legittimità.

Infine, è stato richiamato il principio di autosufficienza del ricorso, secondo cui l’atto di impugnazione deve contenere tutti gli elementi necessari per la sua valutazione, senza che la Corte debba ricercare altri atti processuali. Alcuni motivi sono stati giudicati inammissibili anche per questa ragione, poiché facevano riferimento a deposizioni o documenti senza trascriverli integralmente.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma il rigore con cui la Corte di Cassazione valuta i ricorsi, specialmente in presenza di una doppia condanna conforme. Per avere una possibilità di successo, un ricorso non può essere una mera ripetizione delle argomentazioni difensive già respinte, ma deve evidenziare un palese errore di diritto o un vizio di motivazione macroscopico, tale da disarticolare l’intero impianto logico della sentenza impugnata. La decisione evidenzia che il processo penale ha delle regole precise e che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere all’infinito la valutazione delle prove.

Quando la testimonianza della vittima di usura è considerata prova sufficiente per una condanna?
Secondo la sentenza, la testimonianza della persona offesa può essere posta a fondamento della decisione di condanna, ma necessita di riscontri esterni che ne confermino l’attendibilità. Questi riscontri possono essere costituiti da qualsiasi elemento probatorio, come prove documentali (assegni, scritture), intercettazioni o altre testimonianze, purché siano idonei a corroborare le accuse.

Cosa significa “doppia conforme” e che effetto ha sul ricorso in Cassazione?
Si ha una “doppia conforme” quando la sentenza di primo grado e quella d’appello giungono alla medesima conclusione sulla ricostruzione dei fatti. In questo caso, le due sentenze formano un unico corpo argomentativo. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione non può limitarsi a contestare la valutazione dei fatti già concordemente accertati, ma deve dimostrare un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione dei giudici di merito.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni, come evidenziato nella sentenza. Le cause principali sono: la genericità dei motivi, quando non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata; la proposizione di censure che mirano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità; la violazione del principio di autosufficienza, quando il ricorso non contiene tutti gli elementi (es. trascrizione di atti) necessari per essere deciso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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