Ricorso Inammissibile: L’Ubriachezza Volontaria Non Esclude il Dolo
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di aggressione a pubblico ufficiale, stabilendo un principio fondamentale: lo stato di ubriachezza volontaria non è sufficiente a escludere il dolo. Questa decisione ribadisce la solidità della giurisprudenza in materia e chiarisce i motivi per cui un ricorso inammissibile viene rigettato quando si limita a riproporre censure già vagliate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
I Fatti del Caso: Aggressione e Stato di Ebbrezza
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato un individuo per aver aggredito un pubblico ufficiale. L’imputato, in evidente stato di alterazione alcolica, aveva posto in essere una serie di condotte violente e intimidatorie: minacce di morte, aggressione fisica con calci e pugni, e persino sputi verso gli agenti presenti. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria argomentazione su un unico motivo: la presunta insussistenza del dolo, ovvero dell’intenzione di commettere il reato, a causa del suo stato di ubriachezza.
Analisi del Ricorso Inammissibile in Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile per una serie di ragioni procedurali e sostanziali che meritano un’attenta analisi. La decisione si fonda su due pilastri: la genericità del ricorso e la sua manifesta infondatezza, poiché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata.
La Genericità e Reiteratività dei Motivi
Il primo punto sollevato dai giudici riguarda la natura del ricorso. Esso è stato definito ‘reiterativo’, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Invece di contestare specificamente le ragioni della sentenza di secondo grado, la difesa si è limitata a ribadire il proprio dissenso. Questo approccio è contrario ai principi del processo penale, che richiede un confronto critico e puntuale con la decisione che si intende impugnare.
La Condotta Aggressiva Come Prova del Dolo
Nel merito, la Corte di Cassazione ha confermato la validità del ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva spiegato in modo dettagliato perché la volontà dell’imputato di impedire la libertà d’azione del pubblico ufficiale fosse concreta e inequivocabile. L’atteggiamento intimidatorio, le minacce esplicite di morte, l’aggressione fisica e gli sputi sono stati considerati atti che, nel loro complesso, dimostravano una condotta deliberatamente aggressiva e finalizzata a ostacolare l’operato dell’agente. Lo stato di ubriachezza, in questo contesto, non è stato ritenuto sufficiente a far venir meno la coscienza e la volontà dell’azione criminosa.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è chiara e lineare. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non affrontava la logica della sentenza d’appello. La Corte territoriale aveva correttamente identificato nelle azioni dell’imputato – minacce, violenza fisica – la prova inconfutabile di una volontà aggressiva e deliberata. Tali comportamenti, secondo i giudici, sono di per sé idonei a dimostrare l’intenzione di ledere o intimidire, indipendentemente dallo stato di alterazione del soggetto. Pertanto, la tesi difensiva secondo cui l’ubriachezza avrebbe annullato il dolo è stata ritenuta manifestamente infondata. La Corte ha concluso che, di fronte a una motivazione congrua e logica della Corte d’Appello, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che un ricorso in Cassazione deve essere specifico e criticare puntualmente le argomentazioni della sentenza impugnata, non potendosi limitare a una generica riproposizione di doglianze. In secondo luogo, ribadisce un principio cardine del diritto penale: lo stato di ubriachezza volontaria o colposa non esclude l’imputabilità né, di per sé, il dolo. La condotta dell’agente viene valutata nel suo complesso e, se manifesta una chiara direzione aggressiva, l’intento criminoso si considera provato. La conseguenza pratica di un ricorso inammissibile è severa: oltre alla conferma della condanna, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, in quanto si limitava a ripetere le stesse censure già formulate e respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Lo stato di ubriachezza esclude automaticamente l’intenzione di commettere un reato (dolo)?
No, secondo quanto emerge dalla decisione, lo stato di ubriachezza non è stato considerato sufficiente a escludere il dolo. La Corte ha ritenuto che la condotta complessiva dell’imputato (minacce di morte, aggressione fisica) fosse idonea a provare la sua volontà deliberatamente aggressiva.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna decisa nei gradi precedenti, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35883 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35883 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato l’unico motivo di ricorso relativo alla sussistenza del dolo in capo all’imputato, in considerazione del suo stato di ubriachezza.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi, reiterativi di censure formulate in appello, disattese con motivazione congrua con la quale il ricorso non si confronta, limitandosi la difesa a ribadire il propri dissenso.
La Corte di appello, infatti, a pag. 6 della sentenza impugnata, ha spiegato puntualmente le ragioni per le quali non poteva dubitarsi circa la concreta sussistenza della volontà dell’imputato diretta a impedire la libertà di azione del pubblico ufficiale.
L’atteggiamento intimidatorio, l’uso di minacce di morte, l’aggressione fisica con calci e pugni, gli sputi in direzione dei presenti vengono correttamente ritenuti idonei a provare la condotta deliberatamente aggressiva di COGNOME.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024