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Ricorso inammissibile: truffa e termini procedurali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per truffa aggravata per aver sottratto un orologio di lusso. La decisione si fonda su motivi procedurali: il termine a comparire in appello era corretto in base alla normativa transitoria post-Covid e gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti generici, ripetitivi o proposti per la prima volta in sede di legittimità. La sentenza chiarisce l’applicazione del principio “tempus regit actum” e i requisiti di specificità per un ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Disciplina Transitoria Post-Covid

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12621/2024, ha affrontato un interessante caso di truffa, fornendo chiarimenti cruciali sulle norme procedurali in materia di impugnazioni, specialmente nel contesto delle discipline transitorie. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile sottolinea l’importanza del rigore formale e della specificità dei motivi di gravame, offrendo una lezione preziosa sull’applicazione del principio tempus regit actum.

I Fatti: la Truffa dell’Orologio di Lusso

Due individui sono stati condannati in primo e secondo grado per il reato di truffa. Secondo le corti di merito, i due avevano conseguito un ingiusto profitto, stimato in 7.400 euro, appropriandosi con artifici e raggiri di un orologio di un noto marchio ai danni della titolare di una gioielleria. Ritenendo ingiusta la condanna, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e la questione del ricorso inammissibile

I ricorsi presentati si basavano su diverse censure di natura prevalentemente procedurale.

Un imputato lamentava la violazione del termine a comparire in appello, sostenendo che non fossero stati rispettati i 40 giorni previsti dalla normativa. Inoltre, criticava la sentenza d’appello per omessa motivazione sulla richiesta di assoluzione.

L’altra imputata, invece, contestava la procedibilità dell’azione penale per un presunto difetto di querela, sostenendo che fosse stata presentata da una persona non legittimata. Lamentava inoltre il trattamento sanzionatorio e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

L’Applicazione del Principio “Tempus Regit Actum”

Il punto centrale della decisione della Cassazione riguarda il termine a comparire. La Corte ha stabilito che il motivo era infondato, portando a un ricorso inammissibile. Gli ermellini hanno chiarito che, in base al principio tempus regit actum, la disciplina applicabile è quella in vigore al momento della proposizione dell’impugnazione. Nel caso di specie, l’appello era stato presentato il 27 aprile 2022, in un periodo coperto dalla normativa emergenziale e transitoria (successivamente prorogata), che prevedeva un termine ridotto di 20 giorni per la comparizione, e non quello di 40 giorni introdotto da una riforma successiva. Pertanto, nessuna violazione procedurale era stata commessa dalla Corte d’Appello.

La Specificità dei Motivi d’Appello

La Corte ha dichiarato inammissibili anche gli altri motivi. La censura sulla mancata motivazione per l’assoluzione è stata respinta perché l’imputato non aveva sollevato tale questione nei motivi d’appello, limitandosi a contestazioni procedurali. Non è possibile, infatti, introdurre per la prima volta in Cassazione argomenti non devoluti al giudice del gravame.

Anche il ricorso della coimputata è stato giudicato inammissibile. Le sue doglianze sulla querela e sulle attenuanti generiche sono state considerate una mera riproduzione dei motivi d’appello, senza una critica specifica e autonoma alla motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha inoltre ribadito che la sola incensuratezza, dopo le modifiche all’art. 62 bis del codice penale, non è più un elemento sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi procedurali consolidati. In primo luogo, ha riaffermato la vigenza del principio tempus regit actum per individuare la normativa applicabile ai termini processuali durante una fase di transizione legislativa. In secondo luogo, ha sanzionato la mancanza di specificità dei motivi di ricorso, che si limitavano a riproporre le stesse questioni già decise in appello senza confrontarsi criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Infine, ha ricordato che i motivi di ricorso in Cassazione non possono vertere su questioni non sollevate nei precedenti gradi di giudizio. La decisione sul diniego delle attenuanti generiche è stata ritenuta logica e coerente con la legge, che non considera più la sola assenza di precedenti penali come fattore determinante.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito sull’importanza della precisione tecnica e della specificità nella redazione degli atti di impugnazione. Dimostra come un ricorso inammissibile possa derivare non solo da vizi sostanziali, ma anche da errori procedurali come l’errata individuazione della norma applicabile o la genericità delle censure. La decisione rafforza la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, che non riesamina il fatto ma valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

Quale termine di comparizione si applica agli appelli presentati durante il periodo di transizione normativa post-pandemia?
La sentenza chiarisce che si applica il principio tempus regit actum. Per gli appelli proposti entro il 30 giugno 2023, continuavano a valere le disposizioni emergenziali, che prevedevano un termine di comparizione di 20 giorni, e non i 40 giorni introdotti dalla nuova normativa.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso nel precedente grado di appello?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla richiesta di assoluzione nel merito perché la questione non era stata sollevata con i motivi d’appello, dove l’imputato si era limitato a contestare aspetti procedurali e sanzionatori.

La sola incensuratezza è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
No. La Corte ha confermato che, a seguito delle modifiche legislative all’art. 62 bis c.p., la sola incensuratezza (l’essere un primo trasgressore) non è un elemento sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche, in assenza di altri elementi positivi di valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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