Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2615 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2615 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a TORINO il 08/12/1983
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE d’APPELLO di TORINO. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art. 23 co. 8 d.l. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Torino, in parzial riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato di non procedere nei confronti di NOME COGNOME e dei correi con lei imputati per una di reati di truffa aggravata loro variamente ascritti, per essere gli stessi intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili determinate in grado.
Con ricorso per Cassazione la difesa dell’imputata deduce vizio motivazione per carenza di motivazione (art.606 lett. e, cod. proc. pen.) in alla ritenuta prevalenza della causa estintiva del reato, nonché dell’omesso delle doglianze difensive in punto di sussistenza degli elementi costitutivi de
ed alla omessa valutazione di circostanze idonee a pronunci a re sentenza di assoluzione nei confronti dell’odierna imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dell’unico motivo.
In via preliminare va osservato che con il primo motivo dell’atto di appe la odierna ricorrente ebbe a chiedere, in via preliminare, la pronuncia di sen di non doversi procedere per tardività della querela (previa esclusione contestata e riconosciuta circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod mentre con gli ulteriori motivi ha formulato contestazioni attinenti alla sussi del fatto, alla sua qualificazione come reato ovvero al mancato riconoscimento un’attenuante o all’eccessività della pena. Nessun motivo è per contro formulato in relazione alle statuizioni civili della sentenza, come emerge d parte dal riassunto dei motivi di appello che si trova nella sentenza impugnata ove contestata sul punto, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica censu altrimenti dovendosi ritenere il motivo proposto per la prima volta in cassaz e quindi tardivo (tra le tante: Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Rv. 270627 È d’uopo osservare, in conclusione, che solo il coimputato NOME risulta aver contestato un capo della sentenza attinente alle statuizioni avendo richiesto, come si legge a pg. 9 della sentenza impugnata, la riduz delle spese liquidate in favore della parte civile.
A prescindere dal fatto che fin dall’appello la ricorrente si sia disinte degli aspetti civilistici della sentenza, come inequivocabilmente confermato fatto che, nell’odierno ricorso, viene conclusivamente chiesta l’assoluzio applicazione del parametro (in realtà di matrice strettamente penalistica) del ogni ragionevole dubbio, non può comunque sottacersi come, dal complesso decisionale rappresentato dalle due sentenze di merito, che costituiscono, a gli effetti, in relazione alla imputazione residua ed alla relativa affermaz responsabilità, una ‘doppia conforme’, emerga con chiarezza, innanzitutto, ch Durando fosse pienamente consapevole della falsità della documentazione prodotta a corredo e sostegno della richiesta di mutuo. È stato infatti acc dalle decisioni di merito, che vi fu la cooperazione di tutti gli intestat pratiche ai fini della formalizzazione delle richieste, inclusa una o più visite di costoro all’istituto di credito erogante o, comunque, la partecipazione interessati al rogito della compravendita immobiliare ed alla coeva stipul
contratto di erogazione del mutuo (pg.11 della sentenza d’appello e pg.11 del sentenza di primo grado).
D’altro canto, in ordine alla effettiva destinazione finale della somma erog dall’istituto in relazione all’acquisto dell’immobile da parte della Durando, s ipertrofica rispetto all’effettivo valore del bene, la Difesa non ha nem contestato, e tanto meno confutato (né in appello, né con il ricorso) la circost segnalata dalla sentenza di primo grado (pg. 11), ed ivi giustamente indicata co ‘anomala’, del trasferimento, con assegno circolare a favore della COGNOME ‘mente’ dell’intera operazione truffaldina), di un importo estremamente rileva (€ 12.500,00), dalla presumibile natura di ‘retrocessione’ e del tutto pr giustificazione nell’ambito di un regolare rapporto di mutuo.
Quelle sopra esposte sono valutazioni e conclusioni del tutto congrue e idonee a comporre un mosaico probatorio che risulti immune dalle critiche i questa sede esperibili. Infatti, a fronte di una ‘doppia conforme’, ed in dif un travisamento della prova, in questa sede nemmeno dedotto, l’unica leva pe disarticolare la motivazione contestata è costituita dalla deduzione di uno de vizi indicati dall’art. 606 lett. e, cod. proc. pen., cioè la carenza, la contr o la manifesta illogicità dell’argomentazione posta a base della decisione. Ebbe esclusi i primi due vizi, per l’ovvia presenza della motivazione e per l’assen incoerenze interne, è agevole altresì constatare, in base a quanto detto, che vi sia spazio nemmeno per ipotizzare la manifesta illogicità del ragionamento pos a base della motivazione. Va infatti ribadito, con riferimento al vizio motivazio più frequentemente evocato, che la illogicità, per esser censurabile a no dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., deve essere manifesta, ci spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, tanto grave è la violazione della logica comune, senza possibilità, per la Corte di cassazione, di verifica rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 d 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074). Ed è proprio in questo aspetto che è insit maggior debolezza dell’argomento difensivo, che pretende in definitiva non già d denunciare il vizio di legittimità, ma semplicemente di proporre una lett alternativa dei fatti, non corroborata da alcuna acquisizione probatoria, come r manifesto dal passaggio tra pg. 4 e pg. 5 del ricorso, ove si pretende di cri la sentenza sotto il prisma della rivalutazione della prova. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A ciò si aggiunge che l’atto d’appello era fondato su formule merament congetturali, ipotetiche e pertanto inidonee ad inserire, nel tessuto argomenta della sentenza di primo grado, elementi sufficienti a sostanziare un qualche dub sulla effettiva responsabilità dell’imputata nella truffa ai danni dell’ist di credito.
Né l’imputata ha provato a fornire una documentata (e non meramente congetturale) versione alternativa, posto che, a fronte della tesi accusator semplice allegazione della “cartella socio-sanitaria del SERT e (n)della relazione della Comunità Cenacolo nonché (n)delle attestazioni di pagamento delle prime rate del mutuo e delle spese condominiali”, non vale affatto a confutare la della sua consapevole partecipazione allo schema truffaldino né offre un spiegazione della ingente ‘retrodazione’ del rilevante importo trasfe all’organizzatrice della truffa (NOME COGNOME.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procediment nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 15 ottobre 2024 Il Consigli re rel tore GLYPH
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