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Ricorso inammissibile: truffa e motivi generici

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16953/2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile per due imputate condannate per truffa. Una induceva una vittima a elargire somme di denaro fingendo sciagure; l’altra prometteva falsi posti di lavoro. La Corte ha ritenuto i motivi d’appello generici e volti a una mera rivalutazione dei fatti, confermando le sentenze di merito e sottolineando che l’inammissibilità preclude la declaratoria di prescrizione.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma le Condanne per Truffa

La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato due casi di truffa, concludendo con una declaratoria di ricorso inammissibile per entrambe le imputate. Questa decisione ribadisce principi fondamentali del diritto processuale penale, in particolare riguardo ai requisiti di ammissibilità dei ricorsi e alla distinzione tra critica legittima e mera riproposizione di questioni di fatto. La sentenza offre spunti cruciali sulla differenza tra truffa e altre fattispecie, come l’insolvenza fraudolenta o la promessa del fatto del terzo.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava le posizioni di due distinte imputate, condannate nei primi due gradi di giudizio per reati di truffa.

La prima vicenda vedeva una donna accusata di aver ottenuto ingenti somme di denaro da una persona, approfittando della sua incapacità di gestire il patrimonio. L’imputata aveva architettato una serie di menzogne, presentandosi come vittima di usura e di altre inesistenti sciagure, inducendo così la parte offesa a effettuare ripetute elargizioni.

La seconda vicenda coinvolgeva un’altra donna, che aveva promesso a numerose persone un posto di lavoro presso la mensa di un ospedale. Per rendere credibile la sua offerta, chiedeva alle vittime di anticipare somme di denaro per presunti corsi di formazione e per l’acquisto di abbigliamento professionale, con la finta garanzia di un successivo rimborso. In realtà, non esisteva alcuna possibilità di assunzione.

Le Questioni Giuridiche e i Motivi del Ricorso

Entrambe le imputate hanno presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche. La difesa della prima imputata lamentava una carenza di motivazione da parte della Corte d’Appello, sostenendo che non fossero stati adeguatamente considerati elementi come la presunta liberalità delle dazioni e la protrazione dei rapporti tra le parti anche dopo la denuncia. Si contestava inoltre il diniego delle attenuanti generiche.

La difesa della seconda imputata, invece, articolava motivi più complessi. Sosteneva che la condotta non configurasse il reato di truffa (art. 640 c.p.), ma piuttosto una promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.), dal momento che l’imputata non si era mai presentata come titolare dell’impresa che avrebbe dovuto assumere. Contestava inoltre un difetto di correlazione tra l’accusa e la sentenza e la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Infine, come per la prima ricorrente, si doleva della severità della pena e del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

Le Motivazioni della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati e, in larga parte, generici. La Corte ha innanzitutto ribadito il principio della “doppia conforme”: quando i giudici di primo e secondo grado concordano sulla ricostruzione dei fatti e sulla responsabilità, le loro sentenze formano un unico corpo decisionale. In questi casi, i motivi di ricorso non possono limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, ma devono individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza d’appello.

Per quanto riguarda la prima ricorrente, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata, in quanto basata sulla reiterata condotta decettiva e sulla palese incapacità della vittima di gestire il proprio patrimonio, elementi che escludevano qualsiasi liberalità.

Relativamente alla seconda ricorrente, la Corte ha smontato punto per punto i motivi di ricorso:
1. Qualificazione del fatto: La condotta è stata correttamente inquadrata come truffa. La promessa di un posto di lavoro in cambio di denaro, basata su circostanze false create ad arte (corsi, divise), costituisce il classico esempio di “artifici e raggiri” e di “mise en scène” volti a indurre in errore le vittime. Non si tratta di una mera promessa civilistica, ma di una simulazione della realtà.
2. Correlazione tra accusa e sentenza: Non vi è stata alcuna violazione, poiché il nucleo essenziale dell’accusa (l’offerta di lavoro fittizia per ottenere denaro) è rimasto invariato.
3. Elemento soggettivo: Il dolo è stato ritenuto evidente, dato che l’intera operazione era finalizzata esclusivamente a ottenere anticipi di denaro senza alcuna reale intenzione o possibilità di procurare un lavoro.
4. Pena e attenuanti: I ricorsi sono stati giudicati generici. La Corte ha ritenuto logica e congrua la motivazione dei giudici di merito, che avevano giustificato la pena con la pervicacia della condotta e la pluralità delle vittime.

Infine, la Corte ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata in udienza. Ha ricordato il principio consolidato secondo cui la declaratoria di ricorso inammissibile impedisce di rilevare le cause di non punibilità, come la prescrizione, maturate dopo la sentenza d’appello.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante baluardo del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. I motivi devono essere specifici e focalizzati su vizi di legittimità. Quando i ricorsi si rivelano generici, ripetitivi o volti a ottenere una nuova valutazione del merito, la conseguenza è la loro inammissibilità. Questa decisione, inoltre, conferma che la promessa di un posto di lavoro in cambio di denaro, supportata da una messa in scena ingannevole, integra pienamente il reato di truffa, e che l’inammissibilità del ricorso preclude l’applicazione della prescrizione maturata successivamente, cristallizzando così la condanna.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici, si limitano a riproporre censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, o sono volti a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, che è preclusa al giudice di legittimità.

Qual è la differenza tra truffa e semplice promessa del fatto del terzo?
La truffa, a differenza della promessa del fatto del terzo (che ha rilevanza solo civilistica), richiede un comportamento attivo di inganno, come la simulazione di circostanze non vere (artifici e raggiri) per indurre in errore la vittima e procurarsi un ingiusto profitto. Non è una mera promessa, ma una deliberata alterazione della realtà.

Se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello, la Cassazione può dichiararlo estinto anche se il ricorso è inammissibile?
No. La giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, stabilisce che la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità, inclusa la prescrizione, che siano maturate in un momento successivo alla data della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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