Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5524 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5524 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 09/02/1988 avverso l’ordinanza del 07/08/2024 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 agosto 2024, il Tribunale di Catanzaro ha solo parzialmente accolto la richiesta di riesame proposta dal difensore dell’indagato avverso l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Cosenza in data 10 luglio 2024, con la quale era stata applicata all’indagato medesimo la misura della custodia cautelare in carcere in relazione a molteplici episodi di acquisto, detenzione e
spaccio di stupefacenti, integranti il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990. Nello specifico, il Tribunale ha annullato l’ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare in carcere con riguardo al capo 206) della provvisoria incolpazione – sul rilievo che tale capo rappresenterebbe la duplicazione di altro reato oggetto di contestazione in un diverso procedimento – confermandola nel resto, anche quanto alla scelta della misura cautelare applicata, ritenuta l’unica idonea a recidere qualunque potenziale contatto con gli ambienti criminali diffusamente frequentati dall’indagato, tenuto conto della totale assenza di autocontrollo da costui manifestata, della prosecuzione dei traffici nonostante precedenti condanne, della commissione di fatti in costanza di misura cautelare nonché dell’accertato utilizzo dell’abitazione come luogo di stoccaggio del prodotto e incontro con acquirenti e fornitori.
Avverso l’ordinanza, l’indagato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1 Con un primo motivo di censura, si lamentano l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità cella motivazione, con riferimento alla valutazione della gravità indiziaria, anche in relazione al riconoscimento dell’indagato, quale “Alessandro di INDIRIZZO“, pur trattandosi di una strada molto lunga e abitata da molte persone. L’erroneità della disamina inciderebbe anche sulla possibile riqualificazione delle imputazioni ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e sulla valutazione delle esigenze di cautela.
2.2. In secondo luogo, il ricorrente contesta la motivazione del provvedimento circa il riconoscimento operato dagli inquirenti, in mancanza di fermo, perquisizione, identificazione, individuazione della macchina utilizzata per il presunto acquisto di stupefacente (capo 212). Sarebbe anche inverosimile l’episodio dei capi 188 e 190, in cui si contesta all’indagato di avere venduto un modestissimo quantitativo di stupefacente, avendo egli poi acquistato lo stesso giorno un altro quantitativo del medesimo stupefacente. Non si sarebbe considerato, inoltre, che l’abitazione del ricorrente, INDIRIZZO da Locri, era un luogo diverso da quello a cui ci si riferiva nelle conversazioni intercettate, quanto -a; capi 177, 178, 197, 68, 188, 191. Si sarebbe dovuta considerare l’eventuale omonimia dell’imputato con altri soggetti coinvolti in traffici illeciti.
2.3. Una terza censura è riferita all’inutilizzabilità o, comunque, all’inaffidabilità, in assenza di riscontri, delle individuazioni personali operate senza richiedere al dichiarante, prima di mostrargli le foto segnaletiche, la descrizione sommaria del soggetto coinvolto ipoteticamente nelle attività illecite (in violazione
degli artt. 213 e 214 cod. proc. pen.). Mancherebbero, in particolare quanto ai rconoscimenti relativi ai capi 68, 232, 369, elementi di riscontro ulteriore.
2.4. Con un quarto motivo di doglianza, si lamenta il vizio della motivazione quanto l’inutilizzabilità degli atti di indagine, ivi compresi le individuazioni fotografiche, oltre che quanto alla iscrizione a carico del ricorrente, che sarebbe stata disposta in data 11 dicembre 2020, in mancanza di successive proroghe di indagine. Le sommarie informazioni testimoniali rese da COGNOME e COGNOME il 4 maggio 2023 el’ll settembre 2021 sarebbero affette da nullità, per violazione del diritto di difesa, visto che l’indagato avrebbe potuto anche attivarsi per richiedere l’interrogatorio di garanzia o un confronto con questi dichiaranti, prima del deposito dell’istanza cautelare a suo carico. La richiesta di cattura operata nei confronti dell’indagato, in assenza di notifica delle proroghe di indagine, avrebbe dovuto essere considerata improcedibile.
2.5. Una quinta censura è riferita alle esigenze cautelari, per la mancata considerazione del fatto che l’indagato non aveva violato precedenti obblighi, a fronte di fatti risalenti nel tempo. Si sostiene che nell’abitazione dell’interessato non è mai stato rinvenuto stupefacente, mentre il numero delle imputazioni sarebbe rilevante, a fronte di fatti singolarmente modesti. Mancherebbe ,.iYadeguata motivazione sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari, pur in presenza di altri procedimenti nei quali erano stati applicati soltanto gli obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora.
La difesa ha depositato memoria in data 29 ottobre 2024, con la quale lamenta la violazione del diritto di difesa, sul rilievo che era stata presentata all’ufficio Gip del Tribunale di Cosenza, in data 10 agosto 2024, istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Rispetto a tale istanza non vi era stata risposta, mentre la cancelleria della Corte di cassazione, con PEC del 29 ottobre 2024, aveva richiesto al difensore il pagamento dei diritti per ricevere la copia della memoria depositata dal Procuratore generale nel giudizio di cassazione.
Ha GLYPH successivamente, GLYPH depositato GLYPH provvedimento GLYPH di GLYPH ammissione dell’interessato al patrocinio a spese dello Stato, datato 7 novembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Esso è basato su mere affermazioni del tutto sganciate da una disamina sia testo del provvedimento impugnato sia degli atti di causa dai quali emergerebbero gli asseriti vizi di motivazione e violazioni di legge. La difesa sovrappone, alla ricostruzione dei fatti correttamente operata dal Tribunale, una
sua visione alternativa genericamente prospettata, sulla base di un’ingiustificata svalutazione dell’univoco compendio indiziario.
1,1. Tali considerazioni si attagliano pienamente al primo motivo di impugnazione, superficialmente riferito all’identificazione della persona dell’indagato e a non meglio precisate conseguenze che questa avrebbe sulla gravità dei fatti e sulle esigenze cautelari.
La difesa non considera l’esaustività e l’ampiezza della valutazione del Tribunale, il quale ha evidenziato la sussistenza di convergenti elementi indiziari e si è confrontato con le obiezioni difensive (pagg. 5-6 dell’ordinanza). Nel ricorso non si richiamano, neanche a fini di critica, dati decisivi, quali: a) l’annotazione di polizia giudiziaria nella quale vengono riconosciute le interlocuzioni vocali riconducibili al soggetto e in cui si fa riferimento a conversazioni fra terzi che lo citano come venditore professionale, con l’indicazione del luogo di abitazione, dove effettua le cessioni, riscontrato come tale direttamente dagli inquirenti, con l’esclusione di possibili casi di omonimia; b) i riconoscimenti effettuati da parte degli assuntori con riferimento ad alcuni episodi, che parimenti escludono l’errore di persona; c) il complesso delle conversazioni intercettate, da cui emergono sia i fatti oggetto dell’imputazione sia l’inserimento dell’interessato in un contesto criminale.
1.2. I rilievi appena svolti possono essere richiamati in relazione al secondo motivo di doglianza, anch’esso riferito all’identificazione del ricorrente, ma del tutto privo di puntuali richiami ad atti istruttori il cui valore indiziario sarebbe stat pretermesso o scorrettamente apprezzato. Risultano legati a mere affermazioni gli assunti difensivi relativi all’individuazione della macchina utilizzata per il presunto acquisto di stupefacente, all’inverosimiglianza di alcuni comportamenti, ell’identificazione dell’abitazione del soggetto, alla pretesa omonimia tra questo ed altri.
1.3. La terza censura – riferita all’inutilizzabilità o, comunque, all’inaffidabilità, in assenza di riscontri, delle individuazioni personali operate senza richiedere al hiarante, prima di mostrargli le foto segnaletiche, la descrizione sommaria del :oggetto coinvolto ipoteticamente nelle attività illecite (in pretesa violazione degli ;3·r’et. 213 e 214 cod, proc. pen.) – è anch’essa inammissibile. Mancano, anche in questo caso, sufficienti riferimenti agli atti, in presenza di asserzioni circa eventuali H3lazioni che sarebbero state perpetrate nei riconoscimenti fotografici. Del pari z:sSertive sono le affermazioni difensive relative all’assenza di elementi di riscontro ulteriore, per alcuni dei capi di imputazione.
1.4. Analoghe considerazioni valgono per il quarto motivo di doglianza, con il quale si censura la violazione del diritto di difesa, viste le tempistiche dell’iscrizione reati e delle sommarie informazioni testimoniali rese. Si tratta di tennpistiche
meramente asserite, non essendo stato richiamato alcun atto rilevante e, in ogni , :aso, non esemplificative di alcuna violazione specifica. Manca, inoltre, una alutazione circa l’essenzialità, nell’ambito dell’economia motivazionale del provvedimento impugnato, degli atti di indagine dei quali si assume l’illegittimità.
1.5. Del tutto generico è anche il quinto motivo di doglianza – riferito alle esigenze cautelari e alla scelta della misura – che non tiene conto delle considerazioni dell’ordinanza impugnata circa l’inadeguatezza degli arresti domiciliari, vista la personalità del soggetto, la sua allarmante rete di relazioni illecite, la pluralità dei fatti, l’utilizzazione dell’abitazione quale luogo di spaccio, presenza di precedenti e di una misura cautelare per fatti analoghi.
Manifestamente infondate sono le considerazioni della difesa riferite alla richiesta del pagamento dei diritti per ricevere copia della memoria depositata dal Procuratore generale nel giudizio di cassazione. La stessa difesa ammette che, al momento in cui la copia era stata richiesta, l’imputato non era ammesso al patrocinio a spese dello Stato (essendo l’ammissione intervenuta solo il 7 rovembre 2024) e, dunque, non aveva titolo per l’esclusione dal pagamento di tali dirftti. Peraltro, la stessa difesa non specifica se i diritti in questione siano stat gati, né se la requisitoria del procuratore generale sia stata ricevuta e presa in considerazione.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della 00,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle pse processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle nniende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1disp. att. cod. proc. pen.