Ricorso inammissibile per tardività: quando il tempo è giudice
Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo concetto, dichiarando un ricorso inammissibile per tardività e mettendo in luce le severe conseguenze per chi non rispetta le scadenze procedurali. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere come il mancato rispetto dei termini possa precludere l’esame nel merito di una questione, anche se potenzialmente fondata.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Bari per il reato di tentata vendita di prodotti con segni mendaci (artt. 56-517 c.p.). La pena inflitta era di 8 mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa, con il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 20 aprile 2023, confermava integralmente la decisione di primo grado.
L’imputato, non rassegnato, proponeva ricorso per cassazione, sollevando due motivi: lamentava un’erronea valutazione delle prove da parte dei giudici di merito e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, tuttavia, non è entrata nel merito delle doglianze difensive. Con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è una, e perentoria: la tardività. L’atto di impugnazione è stato depositato oltre il termine massimo previsto dalla legge.
Le conseguenze del ricorso inammissibile per tardività
La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, essa comporta due conseguenze economiche dirette per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. Il versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Nel caso specifico, la Corte ha determinato questa somma in 3.000,00 euro. Tale sanzione viene applicata quando non emergono elementi per ritenere che la parte abbia proposto ricorso senza colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nel calcolo matematico dei termini per l’impugnazione. La Corte ha ricostruito con precisione le scadenze:
* Data della sentenza d’appello: 20 aprile 2023.
* Termine per il deposito delle motivazioni: 90 giorni, scadenti il 19 luglio 2023 (la sentenza è stata depositata il 15 giugno 2023, quindi nei termini).
* Termine per ricorrere: 45 giorni dal deposito delle motivazioni.
* Sospensione feriale: 31 giorni (dal 1° al 31 agosto).
Sommando i 45 giorni e i 31 giorni di sospensione, il termine ultimo per presentare il ricorso scadeva il 3 ottobre 2023. L’impugnazione, invece, è stata presentata il 27 novembre 2023, quasi due mesi dopo la scadenza. La Corte ha specificato che anche l’eventuale notifica della sentenza, avvenuta il 13 ottobre 2023, era del tutto inefficace a riaprire termini già scaduti.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza cruciale del rispetto dei termini processuali. Un errore nel calcolo o un ritardo nel deposito possono vanificare ogni strategia difensiva, rendendo impossibile per il giudice supremo esaminare le ragioni dell’imputato. La sanzione dell’inammissibilità non solo rende definitiva la condanna, ma aggiunge un ulteriore onere economico per il ricorrente, a conferma della serietà con cui l’ordinamento giuridico tutela la certezza e la tempestività del processo.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per tardività, poiché è stato depositato il 27 novembre 2023, ben oltre il termine ultimo del 3 ottobre 2023, calcolato sommando i 45 giorni per l’impugnazione e i 31 giorni di sospensione feriale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non vi è colpa scusabile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000,00 euro.
Una notifica tardiva della sentenza può riaprire i termini per l’impugnazione?
No. La Corte ha chiarito che la notifica della sentenza, avvenuta dopo la scadenza del termine per impugnare, è del tutto inefficace a tal fine e non può sanare la tardività del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46394 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46394 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANTERAMO IN COLLE il 21/02/1960
avverso la sentenza del 20/04/2023 della CORTE APPELLO di BARI
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udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 20/04/2023 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del 09/12/2021 con cui il Tribunale di Bari aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 56-517 cod. pen. alla pena di mesi 8 di reclusione e 6.000,00 euro di multa, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una erronea valutazione delle risultanze processuali da parte della Corte di appello, che ha omesso di confrontarsi con le doglianze difensive.
Con il secondo motivo lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità dell’articolo 131-bis cod. pen..
Il ricorso è inammissibile per tardività.
Nel caso di specie, la sentenza è stata pronunciata il 20 aprile 2023, con termine di 90 giorni per il deposito, scadente il giorno mercoledì 19 luglio 2023.
Considerati i 45 giorni per il ricorso e i 31 di sospensione feriale si giunge al 3 ottobre 2023, laddove l’appello è stato presentato il 27 novembre 2023, ossia a termine scaduto, dovendosi ritenere del tutto inefficace a tal fine la notifica della sentenza (depositata il 15/06/2023, nei termini) in data 13 ottobre 2023.
La conclusione non sarebbe diversa qualora l’imputato fosse stato assente nel giudizio (la qual cosa non è chiarita in sentenza), in quanto il termine per impugnare sarebbe comunque spirato il 18 ottobre 2023.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024.