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Ricorso inammissibile stupefacenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. L’ordinanza analizza diversi motivi di inammissibilità, tra cui la ripetitività dei motivi, la manifesta infondatezza riguardo le attenuanti e la preclusione processuale per questioni non sollevate in appello, come la confisca di denaro. Questo caso evidenzia il rigore formale del ricorso per cassazione in materia di stupefacenti.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile stupefacenti: la Cassazione conferma la condanna

Con l’ordinanza n. 775 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di ricorso inammissibile stupefacenti, delineando con precisione i confini procedurali e sostanziali dell’impugnazione in tale materia. La pronuncia offre importanti spunti di riflessione sui requisiti di ammissibilità del ricorso, sull’applicazione delle circostanze attenuanti e sulle conseguenze della mancata deduzione di specifici motivi nei gradi di merito precedenti.

Il caso in esame: dalla condanna al ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, ricondotto all’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, non soddisfatto della sentenza della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a quattro distinti motivi.

Nello specifico, il ricorrente lamentava:
1. Un’errata valutazione sulla destinazione della droga, ritenuta per lo spaccio anziché per uso personale.
2. Una pena determinata in misura superiore al minimo edittale.
3. Il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).
4. La mancata restituzione di una somma di denaro sequestrata, ritenuta non proveniente dal reato.

L’analisi della Corte e il ricorso inammissibile stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di tutti i motivi proposti, fornendo una chiara spiegazione per ciascuno di essi. Questa decisione evidenzia il rigore con cui la Suprema Corte valuta i ricorsi, specialmente quando questi non introducono elementi di novità o non sono stati correttamente formulati nei precedenti gradi di giudizio.

Motivi meramente ripetitivi e non specifici

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile in quanto meramente ripetitivo di doglianze già esaminate e respinte con motivazione logica e giuridicamente corretta dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni, ma deve confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone le specifiche lacune o i vizi logico-giuridici. Similmente, il secondo motivo sul trattamento sanzionatorio è stato respinto perché la pena era stata giustificata con una motivazione ritenuta sufficiente e non illogica.

L’attenuante della speciale tenuità del danno

Particolarmente interessante è l’analisi sul terzo motivo. Il ricorrente chiedeva l’applicazione dell’attenuante comune del danno di speciale tenuità. La Corte ha definito il motivo manifestamente infondato, richiamando la propria giurisprudenza (in particolare la sentenza n. 36868/2017). Per l’applicazione di tale attenuante nei reati di droga, è necessario che la speciale tenuità riguardi congiuntamente due aspetti: l’entità del lucro e l’evento dannoso o pericoloso. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto non provato il primo requisito (la speciale tenuità del lucro), rendendo quindi inapplicabile l’attenuante.

La preclusione processuale per motivi nuovi

Infine, il quarto motivo, relativo alla mancata restituzione del denaro sequestrato, è incappato nella tagliola della preclusione processuale. La Corte ha osservato che questa specifica doglianza non era stata sollevata come motivo di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, preclude la possibilità di dedurre in Cassazione motivi che non siano stati presentati al giudice d’appello, salvo eccezioni non ricorrenti nel caso di specie. Questo principio serve a garantire la gradualità del giudizio e ad evitare che la Cassazione diventi un terzo grado di merito.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati della procedura penale. L’inammissibilità deriva da vizi che impediscono l’esame nel merito del ricorso. Nel caso specifico, i giudici hanno riscontrato:
Genericità e ripetitività: I motivi non contestavano specificamente la logicità della sentenza d’appello, ma si limitavano a riproporre le stesse tesi difensive.
Manifesta infondatezza: Il motivo sull’attenuante si scontrava con un orientamento giurisprudenziale consolidato e correttamente applicato dal giudice di merito.
Preclusione: Il motivo sulla confisca del denaro era nuovo e, come tale, non poteva essere introdotto per la prima volta in sede di legittimità.
La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in 3.000 euro.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione, specialmente in una materia delicata come quella degli stupefacenti. Emerge chiaramente che per superare il vaglio di ammissibilità non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito, ma è necessario articolare censure specifiche, pertinenti e non precluse. La decisione riafferma la natura della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, il cui compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni. La mancata osservanza di questi principi conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile stupefacenti, con le conseguenti sanzioni economiche per il ricorrente.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato inammissibile per ripetitività?
Un motivo è considerato meramente ripetitivo, e quindi inammissibile, quando si limita a riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice del merito, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata per evidenziarne vizi logici o giuridici specifici.

Quali sono i requisiti per l’applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) nei reati di stupefacenti?
Secondo la giurisprudenza citata dalla Corte, per applicare questa attenuante è necessario che la speciale tenuità riguardi sia l’entità del lucro conseguito o sperato, sia l’evento dannoso o pericoloso per la salute pubblica. La mancanza di prova anche solo di uno di questi due requisiti ne impedisce il riconoscimento.

Cosa succede se un motivo di ricorso viene sollevato per la prima volta in Cassazione?
Se un motivo non è stato dedotto con l’atto di appello, non può essere proposto per la prima volta in Cassazione. Si verifica una ‘preclusione processuale’ ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, che rende il motivo inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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