Ricorso Inammissibile Stupefacenti: Quando la Cassazione Conferma le Decisioni di Merito
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti e i requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia di reati legati agli stupefacenti. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile stupefacenti, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione. Questo caso evidenzia un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio, ma un controllo di legittimità.
I Fatti del Caso: La Qualificazione del Reato
Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione per contestare una sentenza della Corte d’Appello di Bari. Il punto centrale del contendere era la qualificazione giuridica del fatto, ovvero come inquadrare correttamente il reato commesso. Nello specifico, la difesa sosteneva una diversa interpretazione rispetto a quella data dai giudici di merito, probabilmente cercando di far rientrare la condotta nell’ipotesi di reato di lieve entità, come previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (TUS), che comporta pene significativamente più basse.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile Stupefacenti e le sue Conseguenze
La Settima Sezione Penale della Cassazione ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La Corte ha ritenuto che i motivi presentati dal ricorrente non fossero nuovi né incentrati su vizi di legittimità della sentenza impugnata. Al contrario, si trattava di una mera riproposizione di argomenti già ampiamente discussi e correttamente rigettati nei precedenti gradi di giudizio.
In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, alla dichiarazione di inammissibilità sono seguite due precise conseguenze per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Cassazione
La motivazione della Corte è lapidaria e chiara. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, si limitava a ‘replicare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito’. La Suprema Corte ha sottolineato che le argomentazioni della Corte d’Appello erano ‘giuridicamente corrette’, ‘puntuali’ e ‘coerenti con le emergenze acquisite’, oltre che prive di ‘manifeste incongruenze logiche’.
In sostanza, i giudici di legittimità hanno ribadito che il loro compito non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Poiché il ricorso non presentava vizi di questo tipo, ma tentava di ottenere una nuova valutazione nel merito, è stato inevitabilmente respinto.
Le Conclusioni
Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per cassazione, per avere successo, deve basarsi su specifici errori di diritto o vizi logici della sentenza impugnata. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di primo e secondo grado. La semplice riproposizione delle stesse argomentazioni difensive, già esaminate e rigettate, non solo è destinata all’insuccesso, ma comporta anche significative conseguenze economiche per chi la propone. La decisione rafforza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice della legittimità e non come un’ulteriore istanza di giudizio sui fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito, senza sollevare nuove e valide questioni di diritto.
Qual era la principale questione legale affrontata?
La questione legale principale riguardava la corretta qualificazione giuridica del fatto, in relazione alla possibilità di considerarlo un reato di lieve entità ai sensi dell’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47422 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47422 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 18/02/1984
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché, avuto riguardo al tema della qualificazione dare al fatto in termini coerenti al disposto di cui al comma 5 dell’ad 73 TUS I replica profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti, puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti riguardo alle emergenze acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche, rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31 ottobre 2024.