Ricorso Inammissibile Stupefacenti: Quando le Doglianze di Fatto non Bastano
Presentare un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non rappresenta un’ulteriore occasione per discutere i fatti del processo. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge. Un caso recente di ricorso inammissibile stupefacenti ce lo ricorda: se i motivi dell’appello si limitano a criticare la valutazione delle prove già effettuata dai giudici di merito, la bocciatura è quasi certa. Analizziamo insieme un’ordinanza che chiarisce perfettamente questo principio.
Il Caso: Condanna per Stupefacenti e Appello in Cassazione
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per un reato di lieve entità legato alla cessione e detenzione di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), decide di presentare ricorso in Cassazione. La sua difesa si basa su tre principali motivi:
1.  Difetto di correlazione tra accusa e sentenza: L’imputato sosteneva di essere stato accusato di un reato lieve (previsto dal comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti) ma di essere stato condannato per le ipotesi più gravi (commi 1 e 4 dello stesso articolo).
2.  Vizio di motivazione sulla recidiva: Contestava la motivazione con cui i giudici avevano ritenuto sussistente la recidiva specifica infraquinquennale (ovvero la commissione di un reato dello stesso tipo entro cinque anni da una condanna precedente).
3.  Mancata applicazione della massima riduzione per le attenuanti generiche: Lamentava che la riduzione di pena concessa per le circostanze attenuanti generiche non fosse stata applicata nella sua massima estensione.
L’Analisi della Corte sul ricorso inammissibile stupefacenti
La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Vediamo perché ogni singolo punto è stato respinto.
Primo Motivo: Correlazione tra Accusa e Sentenza
La Corte ha liquidato questo motivo come manifestamente infondato. Un semplice controllo degli atti processuali ha dimostrato che sia l’imputazione originaria sia la condanna, sia in primo grado che in appello, riguardavano esattamente lo stesso reato di lieve entità. Non vi era alcuna discrepanza. La doglianza dell’imputato era quindi una critica infondata, non un vizio di legittimità.
Secondo Motivo: La Recidiva Specifica
Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto il motivo inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente: il nuovo reato, per la sua natura (cessione di cocaina e detenzione di cocaina e marijuana) e per la vicinanza temporale con un precedente specifico, dimostrava una ‘più accentuata colpevolezza e una maggiore pericolosità’ dell’imputato. Contestare questa valutazione significava chiedere alla Cassazione una nuova analisi del merito, cosa che non le compete. La critica era, ancora una volta, una mera doglianza di fatto.
Terzo Motivo: Le Attenuanti Generiche
Questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte d’Appello non solo aveva concesso le attenuanti generiche, ma lo aveva fatto nella misura massima possibile (riduzione di un terzo della pena). Inoltre, aveva stabilito che tali attenuanti dovessero prevalere sulla contestata recidiva. Pertanto, la lamentela era palesemente priva di fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Corte Suprema ha ribadito di non essere un ‘terzo grado di merito’. I primi due motivi del ricorso sono stati respinti perché costituivano ‘mere doglianze in punto di fatto riproduttive di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’. In altre parole, il ricorrente stava semplicemente riproponendo le stesse argomentazioni fattuali già sconfitte in appello, senza individuare un vero errore di diritto. Il terzo motivo è stato respinto perché basato su un presupposto errato, risultando quindi manifestamente infondato.
Le Conclusioni
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. La Corte ha ritenuto che vi fosse colpa nella proposizione del ricorso, proprio perché basato su motivi privi di reale consistenza giuridica. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o su vizi logici evidenti nella motivazione della sentenza, non su un semplice disaccordo con la valutazione dei fatti compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Tentare di ottenere una terza valutazione nel merito è una strategia destinata al fallimento e comporta ulteriori costi per il ricorrente.
 
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano essenzialmente critiche sulla valutazione dei fatti, già correttamente esaminate dai giudici di merito, oppure erano palesemente privi di fondamento giuridico. La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma controlla solo la corretta applicazione della legge.
La recidiva era stata applicata correttamente secondo la Corte?
Sì, la Corte ha confermato che la motivazione della Corte d’Appello sulla recidiva era adeguata. La commissione di un reato simile a un precedente commesso entro cinque anni era stata correttamente interpretata come un indice di maggiore colpevolezza e pericolosità sociale.
All’imputato era stata negata la massima riduzione di pena per le attenuanti generiche?
No, questo motivo di ricorso era manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva, al contrario, applicato la riduzione di pena nella misura massima consentita dalla legge (un terzo) e aveva anche deciso che le attenuanti prevalessero sulla recidiva.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7616 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7616  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME, condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, articolando tre motivi di ricorso, deduce, nel primo, la violazione di legge e il di motivazione in ordine al difetto di correlazione tra accusa e sentenza in relazione al giud di primo grado (a fronte di una imputazione per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. del 1990, il Tribunale avrebbe pronunciato condanna per il reato di cui ai commi 1 e 4 d medesimo art. 73), nel secondo, il vizio di motivazione relativamente alla ritenuta sussisten della recidiva specifica infraquinquennale, e, nel terzo, la violazione di legge e il v motivazione con riguardo alla mancata applicazione della riduzione di pena per le circostanze attenuanti generiche nella misura massima consentita;
Considerato che il primo motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché costituite da mere doglianze in punto di fatto riproduttive di deduzion adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito n scanditi da specifica critica con il ricorso, e comunque manifestamente infondate, posto che come precisato dalla sentenza impugnata, l’imputazione aveva ad oggetto il reato di cui all’ar 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e la condanna, anche in primo grado, ha avuto ad oggetto il medesimo reato
Osservato che il secondo motivo espone anch’esso censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché le stesse sono costituite da mere doglianze in punto di fatto riprodu di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giud di merito non scanditi da specifica critica con il ricorso, e comunque manifestamente infondat in quanto la Corte d’appello ha spiegato perché il reato in esame (cessione di cocaina detenzione di cocaina e marijuana), stante il precedente nel quinquennio per analoghi fatti, espressivo di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità;
Reputato che il terzo motivo è manifestamente infondato, in quanto la Corte d’appello ha applicato la riduzione di pena per le circostanze attenuanti generiche nella misura massim consentita di un terzo e con giudizio di prevalenza sulla recidiva (cfr. pag. 6 della sen impugnata);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, sussistendo profili di colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE cause di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spe processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
D  E POSIT:
Il Presidente