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Ricorso inammissibile: stato di necessità e pena

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, respingendo l’invocazione dello stato di necessità come manifestamente infondata. La Corte ha inoltre confermato la decisione di non sostituire la pena detentiva breve, citando la personalità negativa di uno degli imputati e la genericità dei motivi di appello. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando lo Stato di Necessità non Basta

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa nascere da argomentazioni giuridiche deboli e da vizi procedurali. In questo caso, due ricorrenti si sono visti respingere le loro istanze per aver invocato uno stato di necessità ritenuto insussistente e per aver formulato un motivo d’appello troppo generico. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni della Corte e le lezioni pratiche che se ne possono trarre.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un ricorso presentato da due individui avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno sollevato due principali questioni dinanzi alla Suprema Corte, sperando di ottenere una riforma della decisione di secondo grado.

I Motivi del Ricorso: Stato di Necessità e Sostituzione della Pena

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due pilastri principali, ciascuno mirato a smontare un aspetto specifico della condanna.

Primo Motivo: L’Invokato Stato di Necessità

Il primo motivo di ricorso si fondava sull’articolo 54 del Codice Penale, che disciplina lo stato di necessità. Gli imputati sostenevano di aver agito in una situazione che li esonerava da responsabilità penale, chiedendo quindi il proscioglimento. Questa difesa suggerisce che le loro azioni, sebbene costituenti reato, fossero giustificate dalla necessità di evitare un danno grave e imminente.

Secondo Motivo: La Mancata Sostituzione della Pena Detentiva

Il secondo argomento riguardava la sanzione inflitta. I ricorrenti lamentavano la mancata sostituzione della pena detentiva breve con una sanzione meno afflittiva. Essi ritenevano di aver diritto a una pena alternativa al carcere, contestando la valutazione fatta dai giudici di merito.

La Decisione della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e li ha respinti con una declaratoria di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa severa pronuncia.

L’Infondatezza dello Stato di Necessità

Con riferimento al primo motivo, la Corte ha stabilito che la tesi dello stato di necessità era “manifestamente infondata”. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione della Corte territoriale, la quale aveva già escluso tale causa di giustificazione in modo ampio e motivato, in linea con la consolidata giurisprudenza (viene citata la sentenza n. 10694/2020). In sostanza, non sussistevano i presupposti legali per applicare l’art. 54 c.p.

La Mancanza di Specificità del Secondo Motivo

Riguardo alla richiesta di sostituzione della pena, la Corte ha riscontrato un vizio procedurale fatale. Il motivo è stato giudicato privo dei “requisiti di specificità” richiesti dall’articolo 581 del Codice di Procedura Penale. I ricorrenti, infatti, non si erano confrontati adeguatamente con le motivazioni della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato il beneficio non solo della sostituzione della pena, ma anche della sospensione condizionale, valorizzando la “negativa personalità” di uno degli imputati, ritenuta ostativa a un giudizio prognostico favorevole.

Le Motivazioni della Corte Suprema

Le motivazioni della Cassazione sono nette e precise. Un ricorso, per superare il vaglio di ammissibilità, deve essere solido sia nel merito che nella forma. Nel caso di specie, il primo motivo è crollato nel merito, essendo palesemente privo di fondamento. Il secondo motivo, invece, è inciampato nella forma, poiché non ha attaccato in modo specifico e pertinente le ragioni della decisione impugnata, risultando così generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato per i ricorrenti non solo la conferma della condanna, ma anche un’ulteriore sanzione economica. Sono stati infatti condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: presentare un ricorso in Cassazione richiede argomentazioni giuridiche solide e un’attenta redazione dell’atto, che deve confrontarsi punto per punto con la sentenza che si intende contestare. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità con conseguente aggravio di spese.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo, relativo allo stato di necessità, è stato ritenuto manifestamente infondato, mentre il secondo motivo, riguardante la sostituzione della pena, mancava dei requisiti di specificità richiesti dalla legge, non contestando adeguatamente le motivazioni della sentenza precedente.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo allo stato di necessità?
La Corte ha affermato che la tesi dello stato di necessità era manifestamente infondata, confermando che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso questa causa di giustificazione in conformità con la giurisprudenza consolidata.

Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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