Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44052 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal NOME NOME nato a Palermo il 09/07/1971; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 13.6.2024 del tribunale di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Palermo adito nell’interesse di NOME NOME avverso la ordinanza del gip del tribunale di Palermo con cui era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 74 3 73 del DPR 309/90, rigettava la richiesta di riesame.
Avverso la predetta sentenza COGNOME Giuseppe mediante il proprio difensore ha proposto, con due motivi, ricorso per cassazione.
Deduce con il primo vizi di violazione di legge processuale e motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 DPR 309/90, con mancata valutazione delle doglianze difensive soprattutto con riguardo al capo 11 di incolpazione. Non si rappresenterebbe un quadro indiziario descrittivo degli elementi costitutivi della ipotizzata associazione. In particolare mancherebbe la
prova di una stabilità operativa e di una disponibilità duratura tra i ritenuti responsabili. Il tribunale si sarebbe basato solo su supposizioni e suggerimenti degli inquirenti. Non vi sarebbero conversazioni con altri indagati, non sarebbe significativa una conversazione con cui un titolare di panificio chiama il ricorrente per far togliere ragazzi davanti al medesimo, e tutto si baserebbe su supposizioni in assenza di sequestri. Non sarebbero funzionali alla ricostruzione del sodalizio criminale neppure i reati fine contestati. Non sarebbe provata la esistenza di una contabilità del gruppo. Le conversazioni sarebbero prive di caratteri di chiarezza e univocità e neppure si ricaverebbe il tipo di droga.
GLYPH Con il secondo rappresenta vizi di violazione di legge anche processuale in ordine agli artt. 274 lett. c) e 275 cod. proc. pen., e vizi d motivazione. Mancherebbero elementi dimostrativi della concretezza e attualità delle esigenze cautelari a fronte di 3 anni dai fatti, così che non si sarebbe considerato il lungo tempo trascorso. Sarebbero stati travisati gli elementi di prova prodotti. Mancherebbe la motivazione sul pericolo di reiterazione del reato e il tribunale avrebbe valorizzato la presunzione relativa ex art. 275 comma 3 cod. proc. pen. senza valutare elementi a favore dell’indagato. La posizione del Reina piuttosto, avrebbe dovuto far superare la presunzione ex art. 275 cod. proc. peri. Non si sarebbero considerate le doglianze difensive sul concreto pericolo di reiterazione dei fatti analoghi e soprattutto la intervenuta disponibilità ad accogliere l’indagato lontano dal luogo di residenza. Le argomentazioni del tribunale opererebbero nell’area della mera probabilità.
Il primo motivo è inammissibile, atteso che a fronte delle argomentate spiegazioni del riesame, che ha condiviso l’ordinanza genetica sul punto in questione e ha ampiamente argomentato al riguardo, il ricorrente si abbandona ad una congerie di richiami giurisprudenziali nel cui ambito è faticoso rinvenire solo rari riferimenti al caso concreto, che tuttavia risultano ampiamente generici e assertivi, estranei alla doverosa attività critica, diretta ad individuare i passagg motivazionali ritenuti deficitari e ad illustrare le ragioni, di fatto e di diri sostegno di tale tesi. Per cui la censura travolge, trascurandoli, sia il noto principio per cui il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. tra le altre, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, COGNOME, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, COGNOME, Rv. 214249), sia quello secondo il quale i motivi di ricorso per
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cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425).
NOME Inammissibile è anche il secondo motivo. Che a fronte di una organica motivazione e di una congrua valorizzazione della duplice presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., oppone mere asserzioni di mancanza di elementi dimostrativi della concretezza e attualità delle esigenze cautelari, di rilevanza del tempo trascorso – che invero di per sé e a fronte di articolata motivazione non è sufficiente a scardinare valutazioni in tema di esigenze cautelari – di mancata valutazione di elementi a favore dell’indagato, di cui manca ogni specifica illustrazione; laddove, peraltro, si propone solo assertivamente il travisamento di documentazione utile per l’indagato senza spiegarne le ragioni e, più in generale, si tratta di una censura che laddove lamenta elementi non valutati o dati favorevoli dimentica l’essenza delle censure proponibili in questa sede: la illustrazione del “perché” si elaborano certe affermazioni critiche, che deve passare, in sintesi, per la individuazione dello specifico passaggio motivazionale criticato; la indicazione del vizio che lo affliggerebbe; la spiegazione, attenta, puntuale, concreta, della ragioni, sia in fatto che in diritto, che fonderebbero l’affermazione del vizio. Al contrario, il ricorrente cade nella genericità delle proprie censure.
GLYPH Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.