LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile spaccio: la decisione Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e ripetitivi di questioni già valutate in appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata. La Corte ha inoltre ribadito che la determinazione della pena è una prerogativa del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità, non riscontrata nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Spaccio: Quando i Motivi sono Generici

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i rigorosi paletti per l’accesso al giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando e come sia possibile contestare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte, sottolineando l’importanza di formulare motivi specifici e non meramente ripetitivi.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un giovane per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero la detenzione a fini di spaccio di cocaina e marijuana in una fattispecie di lieve entità. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello, confermava la responsabilità penale dell’imputato.

Contro tale decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando le proprie doglianze su tre punti principali:

1. Errata valutazione della destinazione della droga: a suo dire, la sostanza era per uso esclusivamente personale e non destinata alla cessione a terzi.
2. Errata attribuzione della detenzione: sosteneva che la droga non fosse a lui riferibile.
3. Eccessività della pena: lamentava una sanzione sproporzionata.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile in ogni suo punto. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla natura dei motivi presentati, ritenendoli non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.

Motivi Generici e Ripetitivi

Per quanto riguarda i primi due motivi, relativi alla destinazione della droga e alla sua attribuzione, la Corte ha osservato che essi si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte con motivazioni logiche e coerenti dai giudici d’appello. Il ricorrente non aveva instaurato un confronto critico e puntuale con la sentenza impugnata, ma si era limitato a manifestare il proprio dissenso rispetto alla valutazione dei fatti. Questo approccio rende il ricorso inammissibile, poiché il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti.

La Discrezionalità nella Determinazione della Pena

Anche il terzo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ricordato un principio consolidato: la quantificazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere può essere censurato in sede di legittimità solo se esercitato in modo palesemente illogico, arbitrario o senza alcuna motivazione. Nel caso di specie, la pena inflitta era di poco superiore al minimo edittale, una circostanza che, secondo la giurisprudenza, non richiede una motivazione particolarmente dettagliata da parte del giudice.

Le Motivazioni della Cassazione

La decisione si fonda sulla distinzione cruciale tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non riesamina le prove per decidere se l’imputato sia colpevole o innocente, ma valuta se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e se le loro motivazioni siano logiche e prive di vizi. Un ricorso, per essere ammissibile, deve quindi evidenziare un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella sentenza impugnata, non limitarsi a proporre una diversa interpretazione dei fatti. La mera riproposizione delle stesse difese già respinte, senza criticare specificamente il ragionamento del giudice d’appello, si traduce in una richiesta di nuova valutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende impugnare una sentenza penale dinanzi alla Corte di Cassazione. Evidenzia la necessità di strutturare il ricorso su critiche specifiche alla legalità e logicità della decisione di appello, evitando argomentazioni generiche o fattuali. La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà del filtro di accesso al giudizio di ultima istanza.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando ripropone doglianze già esaminate nei precedenti gradi di giudizio senza un puntuale confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata, oppure quando chiede una nuova valutazione dei fatti (giudizio di merito) anziché denunciare vizi di legge o di logica (giudizio di legittimità).

È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa dal giudice?
Generalmente no. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la decisione è frutto di un ragionamento manifestamente illogico, arbitrario o se la motivazione è del tutto assente, soprattutto quando la pena si discosta notevolmente dai minimi edittali.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati