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Ricorso inammissibile spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 47493/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. Il ricorso contestava la mancata qualificazione del reato come di lieve entità e l’aumento di pena per la continuazione. La Corte ha ritenuto le censure di natura fattuale e manifestamente infondate, confermando che la reiterazione delle condotte di spaccio giustificava sia la pena che il diniego dell’ipotesi lieve. Questo caso evidenzia quando un ricorso inammissibile spaccio viene rigettato per motivi procedurali.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Spaccio: Quando i Fatti non si Discutono in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il caso in esame riguardava un ricorso inammissibile spaccio, presentato da un imputato condannato per cessione di stupefacenti, che si è visto respingere le proprie doglianze perché basate su una rivalutazione dei fatti, compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni della decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 12 febbraio 2024, ha proposto ricorso per Cassazione. Le sue lamentele si concentravano principalmente su due aspetti:
1. La mancata qualificazione del reato nella fattispecie di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (D.P.R. 309/90).
2. L’erronea applicazione, a suo dire, dell’aumento di pena per la continuazione tra i diversi episodi di spaccio contestati.

In sostanza, la difesa mirava a ottenere una pena più mite, sostenendo che i fatti avessero una gravità minore e che l’aumento per i reati collegati fosse ingiustificato.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile per Spaccio

La Suprema Corte ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. Secondo i giudici, le censure sollevate dall’imputato erano in realtà un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto dalla Corte d’Appello, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione dell’ordinanza è chiara e didattica. La Corte di Cassazione spiega perché le argomentazioni della difesa non potevano trovare accoglimento.

### Le Censure sul Fatto

Il primo motivo di inammissibilità risiede nella natura delle critiche. La richiesta di qualificare il reato come ‘fatto di lieve entità’ non si basava su un errore di diritto commesso dalla Corte d’Appello, ma su una diversa interpretazione delle prove e delle circostanze. La Cassazione ha ricordato che valutare la gravità di una condotta di spaccio, considerando le modalità organizzative e la reiterazione degli episodi, è un giudizio di merito. Nel caso specifico, i giudici di secondo grado avevano logicamente motivato il diniego dell’ipotesi lieve proprio sulla base delle ‘numerose condotte di spaccio svolte in diversi giorni’ e delle ‘concrete modalità organizzative’, elementi che escludevano la minore gravità.

### L’Aumento di Pena e la Manifesta Infondatezza

Anche la seconda censura, relativa all’aumento di pena per la continuazione, è stata giudicata ‘manifestamente infondata’. La Corte ha sottolineato che l’aumento era direttamente correlato all’accertamento delle plurime condotte illecite. La reiterazione dello spaccio nel mese di novembre 2022 non solo giustificava l’aumento di pena ma, come già detto, era anche il motivo principale per cui era stata esclusa la fattispecie di minore gravità. Non vi era, secondo la Cassazione, alcuna ‘illogicità manifesta’ nel ragionamento della Corte di merito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante promemoria sulle funzioni e i limiti della Corte di Cassazione. Chi intende impugnare una sentenza di condanna deve concentrarsi su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o un difetto di motivazione palese e irriducibile, e non tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove. La decisione evidenzia che la reiterazione e l’organizzazione dell’attività di spaccio sono elementi cruciali che i giudici di merito utilizzano per negare la concessione dell’ipotesi di lieve entità, con conseguenze significative sulla determinazione della pena. Pertanto, un ricorso basato su argomenti fattuali è destinato, come in questo caso, all’inammissibilità.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano errori di diritto, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti (come la qualificazione della gravità dello spaccio), attività che non è permessa nel giudizio di Cassazione.

Su quali basi la Corte d’Appello aveva negato la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’?
La Corte d’Appello aveva negato la lieve entità sulla base dell’accertamento di numerose condotte di spaccio, reiterate in diversi giorni, e per le specifiche modalità organizzative dell’attività illecita, ritenendo che tali elementi escludessero una minore gravità del fatto.

Perché è stato confermato l’aumento di pena per la continuazione tra i reati?
L’aumento di pena è stato confermato perché ritenuto correttamente correlato all’accertamento delle plurime condotte di spaccio. La Corte di Cassazione ha giudicato la censura su questo punto ‘manifestamente infondata’, non ravvisando alcuna illogicità nella decisione dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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