Ricorso Inammissibile Spaccio: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile spaccio presentato da un imputato, confermando la condanna e chiarendo i limiti invalicabili dei motivi di ricorso. Questa decisione offre spunti cruciali sulla differenza tra valutazione di fatto e violazione di legge.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, emessa dalla Corte d’Appello. Durante una perquisizione, l’imputato era stato trovato in possesso di 6,46 grammi di cocaina, equivalenti a circa 32,5 dosi medie singole. La sostanza era stata rinvenuta in una busta elettrosaldata, occultata sotto il lavello della cucina, insieme a materiale identico per il confezionamento. A ciò si aggiungeva il ritrovamento di una cospicua somma di denaro, ritenuta sproporzionata rispetto alla condizione di disoccupato dell’imputato, il quale non aveva fornito alcuna giustificazione plausibile sulla sua provenienza.
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo due motivi principali: primo, la violazione di legge in quanto la detenzione era finalizzata all’uso personale e non allo spaccio; secondo, un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio e all’applicazione dell’aggravante della recidiva.
L’Analisi della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile spaccio
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile in quanto i motivi proposti non rientravano nel numerus clausus (elenco tassativo) delle censure ammesse in sede di legittimità. L’imputato, infatti, non lamentava una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma chiedeva di fatto una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
La valutazione degli indizi per lo spaccio
La Corte ha sottolineato come la decisione della Corte d’Appello fosse basata su una motivazione congrua, esauriente e logica. La finalità di spaccio non era stata desunta solo dal quantitativo di droga, ma da un insieme di elementi probatori gravi, precisi e concordanti:
* Quantitativo: Sebbene non unico elemento, il numero di dosi ricavabili era significativo.
* Modalità di confezionamento: La busta elettrosaldata e la presenza di materiale identico indicavano un’attività non riconducibile al semplice consumo.
* Occultamento: La sostanza era nascosta, suggerendo la volontà di eludere i controlli.
* Denaro contante: L’ingiustificata disponibilità di una somma elevata per un soggetto disoccupato è un classico indizio di proventi da attività illecita.
La Corte ha anche richiamato un suo precedente (sentenza n. 12551/2023), specificando che la qualificazione del fatto non può basarsi unicamente sul dato quantitativo, ma richiede un apprezzamento complessivo di tutti gli indici richiamati dalla norma.
Trattamento sanzionatorio e recidiva
Anche le censure relative alla pena e alla recidiva sono state ritenute insindacabili. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione, tenendo conto dei numerosi precedenti penali dell’imputato, anche recenti e specifici, che dimostravano un’accentuata pericolosità sociale.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazioni di legge o per vizi di motivazione macroscopici e illogici, non per contestare l’interpretazione delle prove data dal giudice. Le argomentazioni dell’imputato, pur presentate come violazioni di legge, miravano a una rilettura del quadro probatorio, un’operazione preclusa alla Suprema Corte. Pertanto, essendo i motivi estranei a quelli consentiti dalla legge, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve concentrarsi su precise questioni di diritto. La decisione sottolinea anche che la prova della finalità di spaccio si basa su una valutazione complessiva degli indizi, dove il quantitativo è solo uno dei tanti tasselli del mosaico accusatorio. Infine, la declaratoria di inammissibilità comporta, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non contestavano errori di diritto o vizi logici della sentenza, ma proponevano una diversa valutazione delle prove e dei fatti. Questa attività è riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e non è consentita alla Corte di Cassazione.
La quantità di droga è l’unico elemento per decidere se si tratta di spaccio?
No. La Corte ha chiarito che il solo dato quantitativo non è sufficiente. La decisione sulla finalità di spaccio deve basarsi su una valutazione complessiva di tutti gli indizi disponibili, come le modalità di confezionamento, la presenza di materiale per il taglio e la pesatura, e il possesso di somme di denaro ingiustificate.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in ambito penale?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di non avere avuto colpa nel proporre un ricorso con motivi non ammessi dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5897 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5897 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ACIREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R.30971990, lamentando, con il primo motivo ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione in ordine all’affermazione responsabilità, rappresentando l’uso personale della sostanza stupefacente e, con il secondo motivo, in ordine al trattamento sanzioNOMErio e alla aggravante della recidiva.
Il ricorso è basato su motivi che non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione d riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insind in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha inferito la sussistenza della finalità di spaccio dal quantitativo di so stupefacente pari a grammi 6,46, pari a 32,5 dosi medie singole di cocaina, detenuta all’inter di una busta elettrosaldata ed occultata sotto il lavello della cucina, unitamente a material i confezionamento identico a quello contenente la sostanza, nonchè dal rinvenimento di una cospicua somma di danaro, il cui ammontare non è adeguato alle condizioni economiche del ricorrente essendo egli disoccupato e della quale non ha reso alcuna giustificazione. Al riguard si specifica che recentemente si è affermato che la qualificazione del fatto ai sensi dell’ar comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativ risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferime all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (Sez.3, n n. 12551 del 14/02/2023 Ud. (dep. 27/03/2023 ) Rv. 284319).
Sono altresì insindacabili le determinazioni in ordine al trattamento sanzioNOMErio, aven il giudice a quo con motivazione congrua ed esente da vizi, ritenuto adeguato il trattamen sanzioNOMErio e l’applicazione dell’aggravante della recidiva, e richiamato i plurimi preced penali anche recenti e specifici attestati dal casellario giudiziale, evidenziando l’increme pericolosità sociale dell’imputato.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nell determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), al condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore dell Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende..?
Così deciso in Roma il 20/12/2024
DEPOSITATA