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Ricorso inammissibile spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. I motivi, incentrati sulla valutazione delle prove come la quantità di droga e il denaro rinvenuto, non rientrano tra quelli ammessi in sede di legittimità. La condanna per ricorso inammissibile spaccio è confermata, con l’imputato che deve pagare le spese e una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Spaccio: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile spaccio presentato da un imputato, confermando la condanna e chiarendo i limiti invalicabili dei motivi di ricorso. Questa decisione offre spunti cruciali sulla differenza tra valutazione di fatto e violazione di legge.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, emessa dalla Corte d’Appello. Durante una perquisizione, l’imputato era stato trovato in possesso di 6,46 grammi di cocaina, equivalenti a circa 32,5 dosi medie singole. La sostanza era stata rinvenuta in una busta elettrosaldata, occultata sotto il lavello della cucina, insieme a materiale identico per il confezionamento. A ciò si aggiungeva il ritrovamento di una cospicua somma di denaro, ritenuta sproporzionata rispetto alla condizione di disoccupato dell’imputato, il quale non aveva fornito alcuna giustificazione plausibile sulla sua provenienza.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo due motivi principali: primo, la violazione di legge in quanto la detenzione era finalizzata all’uso personale e non allo spaccio; secondo, un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio e all’applicazione dell’aggravante della recidiva.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile spaccio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile in quanto i motivi proposti non rientravano nel numerus clausus (elenco tassativo) delle censure ammesse in sede di legittimità. L’imputato, infatti, non lamentava una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma chiedeva di fatto una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività riservata esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

La valutazione degli indizi per lo spaccio

La Corte ha sottolineato come la decisione della Corte d’Appello fosse basata su una motivazione congrua, esauriente e logica. La finalità di spaccio non era stata desunta solo dal quantitativo di droga, ma da un insieme di elementi probatori gravi, precisi e concordanti:

* Quantitativo: Sebbene non unico elemento, il numero di dosi ricavabili era significativo.
* Modalità di confezionamento: La busta elettrosaldata e la presenza di materiale identico indicavano un’attività non riconducibile al semplice consumo.
* Occultamento: La sostanza era nascosta, suggerendo la volontà di eludere i controlli.
* Denaro contante: L’ingiustificata disponibilità di una somma elevata per un soggetto disoccupato è un classico indizio di proventi da attività illecita.

La Corte ha anche richiamato un suo precedente (sentenza n. 12551/2023), specificando che la qualificazione del fatto non può basarsi unicamente sul dato quantitativo, ma richiede un apprezzamento complessivo di tutti gli indici richiamati dalla norma.

Trattamento sanzionatorio e recidiva

Anche le censure relative alla pena e alla recidiva sono state ritenute insindacabili. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione, tenendo conto dei numerosi precedenti penali dell’imputato, anche recenti e specifici, che dimostravano un’accentuata pericolosità sociale.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazioni di legge o per vizi di motivazione macroscopici e illogici, non per contestare l’interpretazione delle prove data dal giudice. Le argomentazioni dell’imputato, pur presentate come violazioni di legge, miravano a una rilettura del quadro probatorio, un’operazione preclusa alla Suprema Corte. Pertanto, essendo i motivi estranei a quelli consentiti dalla legge, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve concentrarsi su precise questioni di diritto. La decisione sottolinea anche che la prova della finalità di spaccio si basa su una valutazione complessiva degli indizi, dove il quantitativo è solo uno dei tanti tasselli del mosaico accusatorio. Infine, la declaratoria di inammissibilità comporta, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non contestavano errori di diritto o vizi logici della sentenza, ma proponevano una diversa valutazione delle prove e dei fatti. Questa attività è riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e non è consentita alla Corte di Cassazione.

La quantità di droga è l’unico elemento per decidere se si tratta di spaccio?
No. La Corte ha chiarito che il solo dato quantitativo non è sufficiente. La decisione sulla finalità di spaccio deve basarsi su una valutazione complessiva di tutti gli indizi disponibili, come le modalità di confezionamento, la presenza di materiale per il taglio e la pesatura, e il possesso di somme di denaro ingiustificate.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in ambito penale?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di non avere avuto colpa nel proporre un ricorso con motivi non ammessi dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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