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Ricorso inammissibile spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per detenzione ai fini di spaccio di 150 grammi di crack. Il ricorso inammissibile per spaccio è stato motivato dal fatto che le censure sollevate erano mere doglianze in fatto, non consentite nel giudizio di legittimità, e non una critica puntuale delle motivazioni della sentenza d’appello. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito anche sulla mancata derubricazione a fatto di lieve entità e sul rigetto dell’attenuante del contributo di minima importanza.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Spaccio: la Cassazione Fissa i Paletti del Giudizio di Legittimità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile spaccio, delineando con chiarezza i confini del giudizio di legittimità. La decisione scaturisce dal ricorso presentato da un’imputata, condannata in primo e secondo grado per detenzione ai fini di spaccio di un considerevole quantitativo di crack. La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha ribadito principi fondamentali in materia di procedura penale, offrendo spunti cruciali per la difesa tecnica.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Avellino e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputata era stata giudicata colpevole del reato di concorso in detenzione a fini di spaccio di 150 grammi di crack, un reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. I giudici di merito avevano escluso l’aggravante della recidiva e concesso le attenuanti generiche. Nonostante ciò, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto e il mancato riconoscimento di un’ulteriore attenuante.

Analisi del Ricorso Inammissibile per Spaccio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale. La ragione principale risiede nella natura dei motivi presentati, qualificati come ‘doglianze in fatto’. In altre parole, la difesa non ha contestato un errore nell’applicazione della legge da parte dei giudici di merito, ma ha tentato di proporre una diversa lettura del materiale probatorio e una nuova ricostruzione dei fatti. Questo tipo di valutazione è preclusa nel giudizio di legittimità, il cui scopo è unicamente quello di verificare la corretta osservanza delle norme di diritto.

La Corte ha sottolineato che il ricorso mancava di una ‘necessaria analisi critica’ delle argomentazioni della sentenza impugnata, traducendosi in un mero dissenso rispetto alla decisione dei giudici dei gradi precedenti. Questa impostazione rende il ricorso inammissibile, in quanto non affronta le questioni giuridiche che sono di competenza della Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dettagliato le ragioni della sua decisione, esaminando i singoli punti sollevati dalla difesa.

Mancata Derubricazione a ‘Fatto di Lieve Entità’

Uno dei motivi del ricorso riguardava la richiesta di derubricazione del reato nell’ipotesi più lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990. La Cassazione ha ritenuto la decisione dei giudici di merito pienamente coerente con i principi consolidati della giurisprudenza. I giudici avevano infatti valorizzato elementi specifici del caso (verosimilmente il quantitativo e la natura della sostanza) per escludere che il fatto potesse essere considerato di ‘lieve entità’, rendendo la loro motivazione logica e giuridicamente corretta.

Rigetto dell’Attenuante del Contributo Minimo

Altro punto di contestazione era il mancato riconoscimento dell’attenuante del contributo di minima importanza, previsto dall’art. 114 del codice penale per chi ha avuto un ruolo marginale nel reato commesso in concorso. Anche su questo punto, la Corte ha confermato la decisione impugnata. Citando precedenti giurisprudenziali, ha chiarito che per l’applicazione di tale attenuante non è sufficiente dimostrare una minore efficacia causale rispetto agli altri concorrenti. È necessario, invece, che il contributo sia talmente marginale da risultare ‘trascurabile nell’economia generale del crimine’. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano evidentemente ritenuto che il ruolo dell’imputata non fosse così irrilevante.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È uno strumento volto a correggere errori di diritto. Un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello o a contestare la valutazione delle prove senza individuare vizi giuridici specifici è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è inammissibile quando è proposto per motivi non consentiti, come le ‘doglianze in fatto’, ossia contestazioni sulla ricostruzione dei fatti o sulla valutazione delle prove, che sono di competenza dei giudici di merito. È inammissibile anche se manca di un’analisi critica della decisione impugnata e si limita a esprimere dissenso.

Perché il reato di spaccio non è stato classificato come ‘fatto di lieve entità’?
La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, i quali hanno valorizzato elementi di sicuro rilievo (come la quantità e il tipo di sostanza stupefacente) per escludere la ricorrenza dell’ipotesi meno grave, in coerenza con i principi consolidati della giurisprudenza.

Cosa si intende per contributo ‘marginale’ per ottenere l’attenuante di cui all’art. 114 c.p.?
Non è sufficiente che il contributo di un correo sia semplicemente inferiore a quello degli altri. Per ottenere l’attenuante, è necessario che il suo apporto sia stato di efficacia causale così lieve e marginale da risultare quasi trascurabile nell’economia complessiva del crimine commesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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