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Ricorso inammissibile spaccio: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione si basa sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi di ricorso, che si limitavano a riproporre censure già esaminate nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha confermato la corretta valutazione delle prove, la qualificazione del reato e la congruità della pena, inflitta tenendo conto della recidiva e della proclività a delinquere del soggetto.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Spaccio: Quando i Motivi Sono una Copia Incolla

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per essere accolto deve presentare motivi specifici e critici verso la sentenza impugnata, non può essere una semplice riproposizione di argomenti già discussi. Il caso in esame riguarda un ricorso inammissibile per spaccio di sostanze stupefacenti, che offre spunti di riflessione sulla corretta tecnica di redazione degli atti di impugnazione e sulla valutazione della gravità del reato da parte dei giudici.

I Fatti del Processo: Una Filiera di Spaccio Organizzata

L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver gestito una vera e propria “filiera” di spaccio. Le indagini, basate in modo significativo su conversazioni intercettate, avevano fatto emergere un’attività criminale strutturata che prevedeva l’acquisizione e la cessione di sostanze di varia natura. La contabilità dell’attività illecita indicava un volume di affari considerevole, quantificato in circa 400 grammi di stupefacenti al mese, destinati a una pluralità di acquirenti. Sulla base di questi elementi, il reato era stato qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis, del d.P.R. 309/1990, escludendo la possibilità di riconoscere la cosiddetta “fattispecie lieve”, prevista per i casi di minima gravità.

La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile per Spaccio

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando diversi punti della sentenza della Corte d’Appello, tra cui la valutazione delle prove, la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione della recidiva e il diniego delle attenuanti generiche. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni, ma si ferma a un livello precedente, sancendo che l’atto di impugnazione non aveva i requisiti per poter essere esaminato. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni della Sentenza

L’ordinanza della Corte di Cassazione è molto chiara nell’individuare le ragioni dell’inammissibilità. I giudici hanno sottolineato come i motivi del ricorso fossero “meramente riproduttivi di censure esaminate dai giudici del merito”. In altre parole, la difesa non ha sollevato specifiche critiche di legittimità contro la sentenza d’appello, ma si è limitata a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in precedenza. Questo approccio è contrario alla funzione stessa del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

La Corte ha inoltre confermato la correttezza dell’operato dei giudici di merito. Essi avevano fatto una corretta applicazione delle regole in tema di valutazione della prova, in particolare delle intercettazioni, per accertare il coinvolgimento dell’imputato nella gestione dello spaccio. Anche la decisione di escludere la fattispecie lieve è stata ritenuta ben motivata, data l’organizzazione e l’entità dell’attività illecita.

Infine, è stato evidenziato come la “pervicacia e proclività a delinquere” dell’imputato, attestata dai suoi precedenti penali, fosse stata correttamente valorizzata per giustificare l’applicazione della recidiva, il diniego delle attenuanti generiche e la commisurazione della pena. I relativi motivi di ricorso sono stati quindi giudicati “manifestamente infondati”.

Le conclusioni

Questa pronuncia sottolinea un’importante lezione per la pratica legale: per avere successo in Cassazione, un ricorso deve essere mirato, specifico e tecnicamente ineccepibile. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso con le conclusioni dei giudici di merito. È necessario, invece, individuare e argomentare in modo puntuale i vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) che affliggono la sentenza impugnata. In assenza di tali elementi, come nel caso di un ricorso inammissibile per spaccio basato su motivi ripetitivi, l’esito più probabile è una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, risultando quindi generici e non specifici come richiesto per il giudizio di legittimità.

Quali elementi hanno giustificato l’esclusione della fattispecie lieve di spaccio?
L’esclusione della fattispecie lieve è stata giustificata dalla corretta qualificazione del fatto come reato grave (art. 73, comma 1-bis, d.P.R. 309/1990), basata su prove come le intercettazioni che dimostravano la gestione di una ‘filiera’ di spaccio con un volume di circa 400 gr. mensili e cessioni a vari soggetti.

In che modo i precedenti penali dell’imputato hanno influenzato la decisione?
I precedenti penali hanno dimostrato una ‘pervicacia e proclività a delinquere’ che è stata correttamente considerata dai giudici per applicare l’aggravante della recidiva, negare le attenuanti generiche e determinare l’entità della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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