Ricorso Inammissibile per Spaccio: La Cassazione Sancisce un Principio Fondamentale
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: i requisiti di ammissibilità del ricorso. Quando un ricorso è una mera fotocopia dei motivi d’appello, la Suprema Corte non entra nel merito della questione. Questo caso di ricorso inammissibile spaccio ci offre l’occasione per comprendere perché la specificità dei motivi sia un requisito imprescindibile per accedere al giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
Il ricorrente era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello di Roma aveva confermato la sua responsabilità penale, respingendo la tesi difensiva secondo cui la droga fosse destinata all’uso personale.
Avverso tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, contestando la valutazione delle prove e la qualificazione giuridica del fatto. Tuttavia, come vedremo, il suo tentativo di ottenere un annullamento della condanna si è scontrato con un ostacolo procedurale insormontabile.
Il Ricorso Inammissibile Spaccio: L’Analisi della Suprema Corte
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione tanto sintetica quanto netta. Il punto centrale della decisione risiede nella natura del ricorso stesso, definito come ‘interamente reiterativo’ degli stessi motivi già presentati alla Corte d’Appello.
La Reiterazione dei Motivi come Causa di Inammissibilità
I giudici di legittimità hanno osservato che il ricorrente non si è confrontato in modo specifico con le argomentazioni contenute nella sentenza d’appello. Invece di contestare puntualmente le ragioni che avevano portato alla conferma della condanna, la difesa si è limitata a riproporre le medesime doglianze, ignorando la solida motivazione fornita dal giudice del secondo grado.
Questo comportamento processuale viola il principio di specificità dei motivi di ricorso, che impone alla parte di indicare con precisione le critiche mosse alla decisione impugnata, instaurando un dialogo critico con essa. Un ricorso che non assolve a tale onere è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Gli Indizi a Sostegno dell’Accusa di Spaccio
La Corte ha inoltre sottolineato come la sentenza d’appello avesse fornito una ‘specifica ed adeguata motivazione’ per escludere l’uso personale e confermare l’ipotesi di spaccio. Gli elementi valorizzati erano plurimi e concordanti:
* La qualità della sostanza stupefacente.
* L’assenza di una stabile e documentata attività lavorativa del ricorrente.
* La presenza di una fitta messaggistica istantanea che dimostrava un’attività di cessione.
* L’uso di un linguaggio criptico con i coimputati, tipico di chi opera in un sistema organizzato di spaccio.
La valutazione di questi elementi, secondo la Cassazione, non è stata arbitraria, ma completa e congrua, e come tale non può essere riesaminata in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si fonda su un principio consolidato: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. La Corte non può rivalutare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che chiede, di fatto, una nuova valutazione delle prove, travestendola da critica per vizio di motivazione, è inammissibile.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva costruito un percorso argomentativo logico e coerente, basato su elementi fattuali precisi, per giustificare la condanna. Il ricorso inammissibile spaccio non è riuscito a scalfire questa costruzione, limitandosi a un generico confronto senza individuare specifiche aporie o illogicità nel ragionamento dei giudici di merito.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un’importante lezione per la pratica legale: un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello. È necessario un’analisi critica e puntuale della sentenza di secondo grado, evidenziandone i vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. In assenza di ciò, il ricorso si espone a una quasi certa dichiarazione di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie, dove al ricorrente è stata comminata una sanzione di 3.000 euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era ‘interamente reiterativo’, ovvero si limitava a riproporre gli stessi identici motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi in modo specifico e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga fosse per lo spaccio e non per uso personale?
I giudici hanno basato la loro convinzione su un insieme di elementi, tra cui: la qualità dello stupefacente, l’assenza di un’attività lavorativa stabile e documentata da parte dell’imputato, le conversazioni tramite messaggistica istantanea che provavano l’attività di cessione, e l’uso di un linguaggio cifrato con i coimputati, indicativo di un’attività abituale e organizzata.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46463 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46463 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 25/02/1992
avverso la sentenza del 12/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 65/RG 22534
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata che ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 per detenzione di più sosta stupefacenti a fini di spaccio.
Il ricorso è inammissibile in quanto interamente reiterativo degli stessi motivi cui Corte di appello ha fornito ampia e congrua argomentazione con la quale vi è solo un generico confronto.
La sentenza impugnata, infatti, ha reso specifica ed adeguata motivazione nell’escludere che la droga fosse per uso personale e ritenendo il concorso di persone nel reato proprio grazie alla valorizzazione di plurimi elementi, indicati alle pag. 7 e 8 della sentenza di primo grad ripresi a pag. 3 di quella impugnata (la qualità dello stupefacente, l’assenza di una stabil documentata attività lavorativa, la messaggistica istantanea dimostrativa dell’attività di spacc il linguaggio usato dal Massimi con i due coimputati Lelli espressivo di abitualità in una comun attività), dai quali evincere il contributo apprezzabile del ricorrente alla commissione del re peraltro inserito nell’ambito di un articolato sistema di spaccio. Si tratta di valuta nient’affatto arbitraria, ma completa e congrua, non sindacabile in questa sede.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in euro tremila, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 novembre 2024
La Consiglier COGNOME nsora
La PreSid t mnte