Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma Condanna per Spaccio ed Estorsione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha messo un punto fermo su una vicenda giudiziaria complessa, dichiarando un ricorso inammissibile e confermando così la condanna per reati di spaccio di stupefacenti ed estorsione. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni e sulla valutazione delle prove in materia di droga. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva ritenuto responsabile di plurimi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti, disciplinati dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, e di un episodio di concorso in estorsione. L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava un vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado, sostenendo che le argomentazioni a sostegno della sua colpevolezza non fossero adeguate.
La Valutazione della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso e li ha giudicati entrambi privi dei requisiti essenziali. In primo luogo, i motivi sono stati ritenuti carenti del necessario requisito della ‘specificità’ e della ‘pertinenza censoria’. In altre parole, le critiche mosse alla sentenza d’appello erano generiche e non individuavano con precisione i presunti errori logico-giuridici commessi dai giudici di merito. Oltre a questo difetto formale, la Corte ha definito i motivi anche ‘manifestamente infondati’.
La Questione della “Droga Parlata” e dell’Uso di Gruppo
Un punto centrale della difesa riguardava la natura delle prove. La condanna si basava, in parte, sulla cosiddetta ‘droga parlata’, ovvero su dialoghi che facevano riferimento alla cessione di sostanze, senza che queste fossero state materialmente sequestrate. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in assenza di elementi concreti che dimostrino l’inesistenza o la non efficacia drogante della sostanza, le conversazioni esplicite sono sufficienti a configurare il reato.
Inoltre, è stata respinta la tesi dell’ ‘uso di gruppo’. I giudici hanno sottolineato come l’imputato non si limitasse a un acquisto congiunto per un consumo condiviso, ma traesse un profitto personale dall’intermediazione (‘lucrava sul mandato all’acquisto’) e trattenesse per sé una parte della sostanza, verosimilmente per destinarla a ulteriori cessioni. Questi elementi escludono la configurabilità dell’uso di gruppo e confermano l’ipotesi dello spaccio.
La Logicità della Motivazione dei Giudici di Merito
La Corte ha concluso che la sentenza impugnata presentava una motivazione congrua, logica e priva di vizi riconducibili all’art. 606, comma 1, lett. e), del codice di procedura penale. I giudici di appello avevano correttamente applicato i principi di diritto e avevano argomentato in modo esauriente sulla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati, incluse le minacce e le violenze strumentali all’estorsione.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione principale dietro la dichiarazione di ricorso inammissibile risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, il ricorrente non ha evidenziato errori di diritto, ma ha tentato di proporre una rilettura dei fatti già adeguatamente valutati dai giudici di primo e secondo grado. L’assenza di specificità e la manifesta infondatezza dei motivi hanno quindi reso l’esame nel merito impossibile, portando a una pronuncia di inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un ricorso per cassazione, per essere accolto, deve essere specifico, pertinente e deve denunciare vizi di legittimità concreti, non limitarsi a contestare genericamente la ricostruzione dei fatti. La decisione conferma la validità dei principi giurisprudenziali in tema di ‘droga parlata’ e chiarisce ulteriormente i confini dell’istituto dell’ ‘uso di gruppo’. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono privi di specificità e pertinenza, ovvero non individuano chiaramente il vizio di legge della sentenza impugnata, e quando risultano manifestamente infondati.
Cosa si intende per “droga parlata” e perché è stata ritenuta una prova valida?
Per “droga parlata” si intendono le conversazioni che provano l’attività di spaccio. È stata ritenuta una prova valida perché, in assenza di elementi concreti che dimostrino l’inesistenza o l’inefficacia della sostanza, tali dialoghi sono sufficienti a provare il reato.
Perché la difesa basata sull'”uso di gruppo” è stata respinta?
La tesi dell’uso di gruppo è stata respinta perché l’imputato traeva un profitto economico dall’acquisto per conto terzi (lucrava sul mandato) e tratteneva per sé una parte della sostanza per fini di ulteriore cessione, condotte incompatibili con il mero consumo collettivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9333 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9333 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 05/04/1987
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
Letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME
considerato che i due motivi di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazio in ordine all’affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente per i cui si procede (plurimi episodi ex art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e un concorso in estorsione), risultano entrambi non connotati da perti censoria e dunque privi del necessario requisito della specificità, ol manifestamente infondati;
che, contrariamente a quanto contestato, i giudici di appello, con giud conforme a quello del giudice di primo grado, facendo corretta applicazione principi di diritto affermati da questa Corte, hanno indicato congrue e non ill argomentazioni per cui debbano ritenersi pienamente sussistenti nelle cond tenute dal ricorrente tutti gli elementi costitutivi dei reati ascrittigli, co motivazione posta a base della sentenza impugnata (cfr. pp. 5-8, in tema di ” parlata”, in difetto di elementi concreti da cui desumere l’inesistenza di e drogante, e la non configurabilità dell’uso di gruppo, avuto riguardo dal mom che NOME lucrava sul mandato all’acquisto e tratteneva per sé buona parte sostanza, anche per fini di cessione; si riportano altresì nel dettaglio le le violenze strumentali all’intimidazione delle vittime) non risulta ravvisabi vizio riconducibile a quelli di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso, il 4 febbraio 2025.