Ricorso Inammissibile: Quando le Prove di Spaccio Superano la Tesi dell’Uso Personale
L’esito di un processo penale dipende spesso dalla solidità delle prove, ma anche dalla capacità della difesa di contestarle efficacemente in appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare da motivi di impugnazione generici, soprattutto quando le prove materiali indicano chiaramente un’attività di spaccio. Vediamo nel dettaglio questa interessante decisione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per la violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Durante una perquisizione domiciliare, erano stati rinvenuti elementi considerati probanti di un’attività di spaccio: marijuana sufficiente per confezionare 84 dosi, un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento e alcune piantine di cannabis di altezza variabile. L’imputato si era sempre difeso sostenendo che la sostanza fosse destinata esclusivamente all’uso personale.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione sull’accertamento della responsabilità: Si contestava che i giudici di merito avessero erroneamente interpretato gli elementi a disposizione, non credendo alla tesi dell’uso personale.
2. Vizio di motivazione sulla pena: Si criticava l’aumento di pena applicato per la cosiddetta “continuazione esterna”, ritenuto ingiustificato.
La difesa sperava di ottenere un annullamento della condanna o, in subordine, una riduzione della pena.
Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Suprema Corte ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda sul fatto che le censure mosse dalla difesa erano “generiche” e non si confrontavano adeguatamente con le solide argomentazioni della sentenza d’appello. Secondo la Corte, i giudici di merito avevano correttamente valutato il quadro probatorio. La detenzione di 84 dosi, un bilancino, materiale da confezionamento e la presenza di piantine, unite ai precedenti penali specifici dell’imputato, costituivano un insieme di prove sufficienti a superare la tesi dell’uso personale e a dimostrare la finalità di cessione a terzi.
Anche riguardo alla pena, la Corte ha ritenuto la motivazione adeguata. L’aumento di sei mesi di reclusione e 2.000 euro di multa per la continuazione è stato giudicato “contenuto” e pienamente giustificato dalla recidiva e dalla “personalità dell’imputato, incline a delinquere”. La Corte, in sostanza, afferma che quando le prove sono così chiare e la motivazione della corte d’appello è logica e coerente, un ricorso che non le smonta punto per punto risulta inefficace e, quindi, un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Generico
La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha conseguenze significative. In primo luogo, la condanna diventa definitiva. In secondo luogo, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in questo caso in 3.000 euro.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi, ma deve individuare e contestare vizi specifici (violazioni di legge o difetti logici evidenti) nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di ciò, si va incontro a una sicura declaratoria di inammissibilità con le relative conseguenze economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non contestavano in modo specifico e puntuale le argomentazioni logiche e ben fondate della sentenza d’appello, che si basava su prove concrete.
Quali elementi hanno convinto i giudici che si trattasse di spaccio e non di uso personale?
I giudici hanno basato la loro convinzione su un insieme di elementi: la quantità di sostanza detenuta (pari a 84 dosi), la presenza di un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento, la coltivazione di piantine e i precedenti penali dell’imputato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la condanna diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7646 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7646 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a COMISO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO/23
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per la violazione dell comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, così riqualificato il fatto dalla Corte territoriale;
Rilevato che 11mputato eccepisce con il primo motivo di ricorso la violazione di legge e il motivazione in merito all’accertamento di responsabilità e con il secondo il vizio di mot in merito alla pena irrogata, tenuto conto della continuazione esterna;
Rilevato che si tratta di censure generiche che non si confrontano con la sentenza impu Giudici di merito hanno accertato che l’imputato deteneva in casa marijuana per 84 dosi bilancino di precisione e al materiale da confezionamento, nonché delle piantine di variabile tra i cm 3 e 10, e hanno desunto dalle precedenti condanne un ulteriore ele prova della cessione, non essendo stata creduta la tesi difensiva dell’uso personale;
Rilevato che l’aumento per i reati in continuazione esterna è stato di sei mesi di re euro 2.000 di multa, quindi in misura contenuta, per di più giustificata dal riferimento alla recidiva e dalla personalità dell’imputato, incline a delinquere;
Rilevato, quindi, che la decisione è immune da censure;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevat declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’ spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proce della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente