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Ricorso inammissibile: spaccio e prove materiali

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90). La Corte ha stabilito che l’appello era una mera riproposizione di argomenti già adeguatamente respinti dalla Corte d’Appello, la quale aveva correttamente valorizzato la presenza di materiale per il peso e il confezionamento come prova della destinazione allo spaccio.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Prove Materiali Chiudono il Caso di Spaccio

L’esito di un processo penale dipende spesso dalla solidità delle prove. Ma cosa succede quando un imputato, già condannato in appello, tenta di rimettere in discussione tali prove davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente ci offre una chiara lezione sulla funzione della Suprema Corte e sul concetto di ricorso inammissibile, specialmente in materia di stupefacenti. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di giudicare sulla corretta applicazione della legge, confermando una condanna basata su elementi materiali inequivocabili.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il delitto di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). L’imputato, dopo la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione della sua responsabilità penale.

Il fulcro della difesa si basava su una diversa interpretazione degli elementi materiali rinvenuti, in particolare il materiale utilizzato per la pesatura e il confezionamento della sostanza. Secondo l’imputato, tali elementi non provavano in modo certo la destinazione allo spaccio. Tuttavia, sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano ritenuto che proprio questi oggetti costituissero una prova solida dell’attività di vendita.

La Decisione della Corte di Cassazione: Il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito non è effettuare un nuovo ‘vaglio’ delle prove, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Nel caso di specie, i giudici hanno rilevato che i motivi del ricorso erano una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte in modo esauriente dalla Corte d’Appello. Tentare di sottoporre alla Cassazione una valutazione alternativa dei fatti è un’operazione non consentita, che porta inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione ‘logica ed adeguata’ per smentire le tesi difensive. La presenza di materiale per la pesatura e il confezionamento, secondo un giudizio basato sull’esperienza comune e sulla logica investigativa, depone inequivocabilmente per la destinazione della sostanza allo spaccio. Non si trattava di una semplice detenzione per uso personale.

L’ordinanza chiarisce che il ricorso dell’imputato mirava a ottenere un ‘rinnovato, ma precluso, vaglio ad opera di questa Corte’. In altre parole, si chiedeva ai giudici di legittimità di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, già congruamente motivata, dei giudici di merito. Tale richiesta, essendo estranea alle funzioni della Cassazione, non poteva che essere respinta. A questa decisione è seguita, come da prassi, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, evidenzia l’inutilità di presentare un ricorso per Cassazione che si limiti a ripetere le doglianze già esaminate e rigettate in appello, senza individuare vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione). In secondo luogo, ribadisce il valore probatorio degli elementi ‘indiretti’ o ‘materiali’ nei reati di spaccio. La presenza di bilancini di precisione, bustine per il confezionamento e altro materiale simile è considerata dai giudici un forte indizio, spesso sufficiente a fondare una sentenza di condanna per spaccio. Infine, la decisione rammenta le conseguenze economiche di un ricorso avventato: oltre alle spese processuali, scatta una sanzione che in questo caso è stata quantificata in tremila euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva le stesse identiche censure già presentate e adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello. L’imputato cercava di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non rientra nelle sue funzioni.

Quali prove sono state considerate decisive per la condanna per spaccio?
Le prove decisive sono state la sussistenza di plurimi elementi materiali, come l’attrezzatura per la pesatura e il materiale per il confezionamento della sostanza stupefacente, che indicavano chiaramente la destinazione della droga allo spaccio e non all’uso personale.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente in caso di inammissibilità?
Il ricorrente, a seguito della dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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