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Ricorso inammissibile: spaccio e prove indiziarie

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato sosteneva l’uso personale e contestava il diniego delle attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una nuova valutazione dei fatti (quantità della sostanza, presenza di un bilancino), attività riservata ai giudici di merito e non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, ha confermato la decisione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Spaccio

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come funziona il giudizio di legittimità e delle ragioni che portano a un ricorso inammissibile. La Corte di Cassazione ha rigettato l’appello di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti, sottolineando che non è possibile utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate nei precedenti gradi di giudizio. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti e le funzioni della Suprema Corte nel nostro ordinamento giuridico.

I Fatti del Processo

Un giovane uomo veniva condannato in primo grado e successivamente in Corte d’Appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La condanna si basava su elementi probatori significativi: il ritrovamento di 234 grammi di cannabinoidi sintetici, un bilancino di precisione e specifiche modalità di occultamento della sostanza. Questi indizi, valutati congiuntamente dai giudici di merito, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare che la detenzione non era finalizzata a un uso puramente personale, bensì alla vendita a terzi.

I Motivi del Ricorso e il Rischio di un Ricorso Inammissibile

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due principali doglianze:

1. Errata qualificazione del fatto: Sosteneva che la sostanza fosse destinata all’uso personale e non allo spaccio.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava il diniego di uno sconto di pena basato su circostanze non specificate.

Tuttavia, tali motivi di ricorso si sono scontrati con i limiti intrinseci del giudizio di cassazione. La richiesta di riconsiderare la finalità della detenzione (spaccio vs. uso personale) implicava una nuova analisi delle prove, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il ricorso è stato quindi considerato meramente ripetitivo e non focalizzato su vizi di legittimità, configurandosi come un classico caso di ricorso inammissibile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la condanna. La decisione si fonda su principi procedurali consolidati.

La Valutazione dei Fatti è Riservata al Giudice di Merito

Il punto centrale della pronuncia è la netta distinzione tra il giudizio di merito (primo grado e appello) e il giudizio di legittimità (cassazione). La Cassazione non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella, logica e ben motivata, del giudice che ha esaminato il caso in precedenza. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘congrua, esauriente ed idonea’ per inferire l’intento di spaccio dal dato ponderale, dal bilancino e dall’occultamento. Non essendo emersi errori di diritto, la valutazione dei fatti era insindacabile.

La Genericità dei Motivi di Appello

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle attenuanti generiche, è stato respinto. La Corte ha osservato che l’imputato si era limitato a enunciare la richiesta in modo generico, senza fornire elementi specifici che il giudice avrebbe dovuto valutare per concedere il beneficio. Una richiesta non argomentata non può essere accolta.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione per dichiarare il ricorso inammissibile è duplice. In primo luogo, il ricorso non rientrava nel numerus clausus delle censure ammesse in sede di legittimità. Tentava, infatti, di ottenere una rivalutazione del fatto e delle prove, compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado. La Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto (violazione di legge o vizi di motivazione), non per decidere se l’imputato sia colpevole o innocente sulla base di una diversa interpretazione degli elementi raccolti.

In secondo luogo, la motivazione della sentenza d’appello impugnata è stata giudicata completa e logicamente coerente. I giudici avevano spiegato in modo esauriente perché la combinazione degli elementi (quantità ingente di droga, bilancino, occultamento) conduceva ragionevolmente a escludere l’uso personale e a configurare l’ipotesi dello spaccio. Di fronte a una motivazione immune da vizi logici o giuridici, la Corte di Cassazione non ha margini di intervento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio. Chi intende presentare ricorso alla Suprema Corte deve concentrarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto commessi dai giudici precedenti e non può sperare in una semplice ‘seconda opinione’ sui fatti. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge, come in questo caso, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguenza non solo della conferma della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non riguardavano errori di diritto, ma tentavano di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti (come la distinzione tra uso personale e spaccio), un’attività che è di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo grado e appello) e non della Corte di Cassazione.

Quali elementi sono stati considerati sufficienti per provare l’intento di spaccio?
La Corte d’Appello ha ritenuto che la combinazione di tre elementi fosse sufficiente a dimostrare l’intento di spaccio: la significativa quantità di sostanza stupefacente (234 grammi di cannabinoide sintetico), il rinvenimento di un bilancino di precisione e le particolari modalità di occultamento della droga.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva dell’imputato, che non può più impugnare la sentenza. Inoltre, il ricorrente è obbligato a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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