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Ricorso inammissibile: spaccio e evasione confermati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due persone condannate per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio e, per una di esse, anche per evasione. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero una mera riproposizione di argomenti già respinti nei gradi di merito, confermando la logicità della sentenza impugnata sia sulla destinazione della droga alla vendita, sia sulla configurabilità del reato di evasione nonostante un’autorizzazione al lavoro.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma le Condanne per Spaccio ed Evasione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, ponendo fine al tentativo di due imputati di ribaltare una condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio e, per uno di loro, anche per il reato di evasione. Questa decisione offre spunti importanti sui limiti del giudizio di legittimità e sulla valutazione delle prove in materia di droga e misure alternative alla detenzione.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza del Tribunale di Milano, successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Due persone erano state ritenute colpevoli del reato di detenzione in concorso di sostanza stupefacente, che era stata trovata occultata nel portafoglio di uno e sotto gli indumenti dell’altra. Inoltre, uno degli imputati era stato condannato per il reato di evasione dagli arresti domiciliari.

La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi punti della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso: Una Strategia Difensiva Inefficace

Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno basato il loro ricorso su tre principali argomentazioni:

1. Mancanza di prova sulla destinazione allo spaccio: La difesa sosteneva un ‘deficit motivazionale’ nella sentenza, ritenendo non sufficientemente provato che la droga fosse destinata alla vendita.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava che le circostanze attenuanti generiche non fossero state concesse nella massima estensione possibile.
3. Insussistenza del reato di evasione: L’imputato accusato di evasione sosteneva di essere stato autorizzato a lasciare la propria abitazione per motivi di lavoro, contestando quindi la legittimità della condanna.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua manifesta infondatezza. Le motivazioni della Corte sono state chiare e lineari.

Ripetitività e Genericità delle Censure

In primo luogo, i giudici hanno osservato che i motivi del ricorso erano ‘meramente riproduttivi’ di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse questioni senza una critica specifica e puntuale alla logica della sentenza impugnata. Questo è un errore strategico che porta quasi sempre a una declaratoria di inammissibilità.

La Prova dello Spaccio e la Logica dei Fatti

Per quanto riguarda la detenzione di droga, la Corte ha confermato la correttezza del ragionamento dei giudici di merito. Le modalità di presentazione dello stupefacente, già suddiviso in dosi, e il suo occultamento erano elementi che rendevano ‘palese la destinazione alla cessione’. Non era necessario, quindi, cogliere gli imputati in flagranza di spaccio per dimostrarne l’intenzione.

La Modulazione delle Attenuanti e la Personalità degli Imputati

Anche la critica sulla misura delle attenuanti generiche è stata rigettata. La Corte ha sottolineato che la riduzione della pena era stata correttamente modulata in base alla ‘personalità dei ricorrenti’, i quali risultavano gravati da ‘plurimi precedenti penali’. La motivazione della Corte d’Appello su questo punto è stata ritenuta ‘del tutto lineare’ e non soggetta a censure di legittimità.

L’Evasione: Un’Autorizzazione non è un ‘Salvacondotto’

Infine, sul reato di evasione, la Cassazione ha fornito un’importante precisazione. Sebbene l’imputato fosse autorizzato a svolgere attività lavorativa, era stato sorpreso a commettere il reato di spaccio dopo essere tornato presso la sua abitazione ‘per attendere a non dimostrate commissioni’. In questo modo, si era di fatto sottratto a ‘qualsiasi possibilità di controllo’ da parte delle autorità, integrando così il reato di evasione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ribadisce alcuni principi fondamentali del processo penale. Innanzitutto, un ricorso per cassazione deve basarsi su vizi di legge o motivazionali specifici e non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate. La conseguenza di un ricorso mal impostato non è solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come in questo caso (tremila euro a testa). In secondo luogo, la decisione conferma che la prova della destinazione allo spaccio può essere desunta da elementi logici e oggettivi (come il confezionamento in dosi), senza necessità di prove dirette. Infine, chiarisce che l’autorizzazione a lasciare gli arresti domiciliari per lavoro non è una carta bianca, ma deve essere rigorosamente rispettata nelle sue finalità, pena l’integrazione del grave reato di evasione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello, senza introdurre specifiche critiche giuridiche alla sentenza impugnata.

Come è stata provata l’intenzione di spacciare la droga?
L’intenzione di spacciare è stata dedotta logicamente da elementi oggettivi: la sostanza stupefacente era già suddivisa in dosi e occultata addosso ai due imputati. Queste modalità sono state ritenute dalla Corte un chiaro indice della destinazione alla vendita.

Si può essere condannati per evasione anche con un permesso di lavoro?
Sì. La Corte ha stabilito che, nonostante l’autorizzazione a uscire per lavoro, l’imputato ha commesso evasione perché, una volta tornato a casa, si è reso irreperibile per attendere a ‘non dimostrate commissioni’, sottraendosi di fatto a ogni possibile controllo da parte delle forze dell’ordine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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