Ricorso Inammissibile: La Cassazione sul Reato Continuato e la Non Punibilità
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33769/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione scaturisce da un caso di spaccio continuato di sostanze stupefacenti, in cui il ricorso inammissibile presentato dall’imputato è stato rigettato con motivazioni che ribadiscono principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Foggia nei confronti di un individuo, ritenuto colpevole del reato di cessione continuata di sostanze stupefacenti, anche in concorso con altre persone. La decisione del tribunale di primo grado è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Bari con sentenza del 9 marzo 2023. L’imputato, non rassegnato alla condanna, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomentazioni principali:
1. Violazione di legge e difetto di motivazione: Sosteneva che l’affermazione della sua responsabilità penale si fondasse su materiale captativo (intercettazioni) dal significato equivoco.
2. Mancato riconoscimento dell’art. 131 bis c.p.: Lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Suprema Corte ha giudicato entrambi i motivi manifestamente infondati, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile.
Analisi del Ricorso Inammissibile
Il Collegio ha sottolineato come i motivi proposti fossero generici, fattuali e privi di un reale confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata. In sostanza, l’appellante si è limitato a riproporre censure già esaminate e logicamente respinte dal giudice di primo grado, senza offrire nuovi elementi o una critica strutturata alla decisione della Corte d’Appello. Questo approccio, secondo la Cassazione, rende il ricorso meramente ripropositivo e, pertanto, inammissibile, in linea con l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. Galtelli, 2016).
L’Esclusione dell’Art. 131 bis per Condotta Abituale
Particolarmente rilevante è la motivazione relativa al secondo motivo di ricorso. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131 bis c.p. La ragione risiede nella natura della condotta dell’imputato, qualificata come “abituale”.
Il giudice distrettuale aveva infatti evidenziato che la condotta criminosa si era protratta in modo reiterato per un determinato arco temporale e che, inoltre, a carico dell’imputato risultavano almeno due precedenti specifici. Questi elementi, considerati congiuntamente, integrano la nozione di “condotta abituale” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 131 bis, che costituisce una causa ostativa all’applicazione del beneficio della non punibilità.
Le motivazioni
La Corte Suprema ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di una consolidata giurisprudenza. I motivi del ricorso sono stati giudicati manifestamente infondati in quanto generici e meramente ripropositivi di argomenti già adeguatamente valutati e disattesi nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha evidenziato la mancanza di una critica specifica e puntuale alle argomentazioni della sentenza d’appello. Riguardo all’art. 131 bis c.p., la motivazione si è incentrata sulla qualificazione della condotta come “abituale”, un criterio che per legge esclude la possibilità di applicare la causa di non punibilità. Tale abitualità è stata desunta dalla reiterazione dei fatti criminosi nel tempo e dalla presenza di precedenti penali specifici, rendendo la richiesta dell’imputato infondata.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica della decisione impugnata, non potendosi limitare a una semplice riproposizione delle difese già svolte. In secondo luogo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un beneficio applicabile indiscriminatamente. La presenza di una condotta abituale, come nel caso di reati ripetuti nel tempo e di precedenti specifici, preclude l’accesso a tale istituto. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, a causa del carattere palesemente dilatorio e inammissibile del ricorso.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, generici, privi di un confronto critico con la decisione impugnata e si limitano a riproporre censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
Non è stata applicata perché la condotta dell’imputato è stata ritenuta ‘abituale’. Questa valutazione si è basata sulla reiterazione del reato in un determinato arco temporale e sulla presenza di almeno due precedenti specifici, condizioni che escludono per legge l’applicazione di tale beneficio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, specialmente quando il ricorso è ritenuto palesemente dilatorio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33769 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33769 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AGNONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di appello di Bari ha confermato la decisione del Tribunale di Foggia che aveva riconosciuto COGNOME NOME colpevole del reato di cessione continuata di sostanza stupefacente anche in concorso di persone e lo aveva condannato alla pena di giustizia.
Il ricorrente assume violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità in ragione della equivocità del materiale captativo, nonché al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod.pen.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME), sprovvisti di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento della decisione e meramente ripropositivi di censure adeguatamente esaminate dal primo giudice e disattese con giudizio logico non suscettibile di ulteriore sindacato. Il giudice distrettuale ha poi dato atto che, oltre alla intrinseca gravità della condotta realizzatasi in termini reiterati per un determinato arco temporale, ricorrevano quanto meno due precedenti specifici così da ritenere la condotta abituale ai sensi dell’art.131 bis ultimo comma cod.pen.
Evidenziato che all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso e alla palese inammissibilità del ricorso, appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024