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Ricorso inammissibile: sospensione pena e patteggiamento

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale avverso una sentenza di patteggiamento che aveva concesso per la terza volta la sospensione condizionale della pena. Secondo la Corte, tale errore non costituisce una ‘pena illegale’ e il rimedio corretto è la richiesta di revoca al giudice dell’esecuzione, non il ricorso per cassazione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la terza sospensione della pena non si può impugnare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2166/2024, affronta un’importante questione procedurale: la possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento che concede erroneamente la sospensione condizionale della pena per la terza volta. La decisione chiarisce i limiti del ricorso per cassazione in questi casi, confermando un orientamento preciso e indicando la via corretta da seguire per la pubblica accusa. Questo caso rende evidente come, anche di fronte a un errore, il ricorso inammissibile sia una sanzione processuale inevitabile se non si utilizzano i giusti strumenti.

I Fatti del Processo e l’Errore del Giudice

Il caso nasce da un procedimento per i delitti di ricettazione e utilizzo abusivo di carta di credito. L’imputato e il Pubblico Ministero avevano raggiunto un accordo sulla pena da applicare, formalizzato attraverso un patteggiamento davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP). Nell’applicare la pena concordata, il GUP concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Tuttavia, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello notava un vizio sostanziale: per l’imputato si trattava della terza volta che otteneva tale beneficio, una circostanza che la legge vieta espressamente. Ritenendo la concessione illegittima, il Procuratore Generale proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza.

L’Analisi della Corte: perché il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una precisa interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.

Secondo la Suprema Corte, l’erronea concessione della sospensione condizionale della pena, anche in presenza di cause ostative come una precedente concessione per più di una volta, non rientra nella nozione di ‘pena illegale’. Il vizio, infatti, non riguarda il procedimento di calcolo e determinazione della pena in sé, ma la sua fase esecutiva. Si tratta di un errore che incide sulla modalità di esecuzione della sanzione, non sulla sua legalità intrinseca.

La distinzione tra pena illegale e vizi sull’esecuzione

La Corte chiarisce che il concetto di ‘pena illegale’, che giustificherebbe un ricorso, si riferisce a sanzioni non previste dall’ordinamento giuridico per quel tipo di reato o determinate in violazione delle norme sul calcolo della pena. Al contrario, un beneficio come la sospensione condizionale, sebbene concesso erroneamente, attiene a una fase successiva e distinta.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Cassazione si basano su un orientamento consolidato (richiamando la sentenza n. 29950/2022). La Corte afferma che dichiarare il ricorso inammissibile non crea un vuoto di tutela. L’ordinamento, infatti, prevede uno strumento specifico per correggere questo tipo di errore. Una volta che la sentenza di patteggiamento diventa irrevocabile, il Pubblico Ministero ha la facoltà di adire il giudice dell’esecuzione. Sarà quest’ultimo a poter disporre la revoca del beneficio concesso illegittimamente, ai sensi dell’articolo 168, terzo comma, del codice penale. In questo modo, la stabilità dell’accordo di patteggiamento viene preservata, ma l’errore può comunque essere sanato nella sede appropriata, quella esecutiva.

Conclusioni: la tutela è garantita, ma nella sede corretta

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio fondamentale: i motivi di ricorso avverso le sentenze di patteggiamento sono limitati e di stretta interpretazione. Un errore nella concessione della sospensione condizionale della pena, pur essendo una violazione di legge, non può essere fatto valere tramite ricorso per cassazione, in quanto non rende la pena ‘illegale’. La tutela per il Pubblico Ministero non viene meno, ma è semplicemente posticipata alla fase esecutiva, dove il giudice competente potrà revocare il beneficio indebitamente concesso, ristabilendo la corretta applicazione della legge.

È possibile fare ricorso in cassazione contro una sentenza di patteggiamento che concede per la terza volta la sospensione condizionale della pena?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo tipo di ricorso è inammissibile perché l’errore non riguarda la legalità della pena, ma un beneficio relativo alla sua esecuzione.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la concessione illegittima della sospensione condizionale non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge (art. 448, comma 2-bis c.p.p.) per impugnare una sentenza di patteggiamento, non configurandosi come ‘pena illegale’.

Cosa può fare il Pubblico Ministero se ritiene che la sospensione condizionale sia stata concessa illegalmente in un patteggiamento?
Una volta che la sentenza di patteggiamento diventa definitiva e irrevocabile, il Pubblico Ministero può rivolgersi al giudice dell’esecuzione per chiedere la revoca del beneficio, come previsto dall’art. 168, comma terzo, del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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