Ricorso Inammissibile: Quando la Scelta Consapevole Esclude l’Errore
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla disciplina del ricorso inammissibile e sulla valutazione dell’elemento soggettivo del dolo nei reati legati alla violazione delle misure di prevenzione. La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale, condannato per essere rientrato a casa oltre l’orario prescritto, chiarendo che la consapevolezza della violazione, anche se motivata da esigenze lavorative, non esclude la responsabilità penale.
I Fatti del Processo
Un individuo, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, veniva condannato in primo grado e successivamente in appello alla pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione. Il reato contestato era la violazione dell’articolo 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011, per non aver rispettato l’obbligo di rientrare nella propria abitazione entro un determinato orario.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa proponeva ricorso per cassazione, basandolo essenzialmente su due motivi: la presunta assenza di dolo e la mancata concessione delle attenuanti generiche.
I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Ricorso Inammissibile
La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere l’assenza di dolo, in quanto il ritardo nel rientro era dovuto a motivi di lavoro e non a una volontà deliberata di trasgredire. Inoltre, si lamentava che il diniego delle attenuanti generiche e l’applicazione della recidiva fossero stati motivati con ‘formule di stile’, basate unicamente sui precedenti penali del soggetto.
La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi causa di un ricorso inammissibile. La ragione risiede nella manifesta infondatezza e nell’aspecificità delle argomentazioni, che si limitavano a riproporre le stesse doglianze già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le specifiche motivazioni della sentenza impugnata.
La Valutazione del Dolo nel Ricorso Inammissibile
La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse già ampiamente e logicamente motivato l’infondatezza della tesi difensiva sull’assenza di dolo. Era emerso, infatti, che l’imputato stesso, in sede di interrogatorio, aveva ammesso di essere perfettamente a conoscenza dell’orario di rientro obbligatorio. Nonostante ciò, aveva deciso di trattenersi al lavoro, compiendo una scelta consapevole e volontaria. Non si trattava, quindi, di un mero errore, ma di una decisione deliberata di non rispettare la prescrizione.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha chiarito che un ricorso non può limitarsi a ripetere le argomentazioni già respinte nel grado precedente. Deve, invece, individuare e contestare specifici vizi di legittimità o di logica nella motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, il ricorso era generico e non affrontava il nucleo del ragionamento del giudice d’appello.
Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha confermato la correttezza della decisione impugnata. Il diniego del beneficio era stato motivato non in modo stereotipato, ma sulla base della ‘allarmante personalità criminale’ del ricorrente, desunta sia dai numerosi e gravi reati precedentemente commessi, sia dalla condotta oggetto del processo, considerata irrispettosa delle regole imposte dalla sorveglianza speciale.
Le Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce due principi fondamentali. Primo, in tema di procedura penale, l’appello in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità; un ricorso inammissibile è la sanzione per chi non si attiene a questa regola, limitandosi a riproporre le stesse tesi. Secondo, dal punto di vista del diritto penale sostanziale, la piena consapevolezza di violare una norma, unita alla scelta volontaria di agire in quel modo, integra pienamente il dolo richiesto per la configurabilità del reato, anche se le motivazioni dell’agente (come quelle lavorative) non sono di per sé illecite. La valutazione della personalità dell’imputato, basata su elementi concreti come i precedenti penali, rimane un criterio valido per negare la concessione delle attenuanti generiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità, poiché si limitava a ripetere i motivi già presentati in appello senza confrontarsi in modo critico con la motivazione della sentenza impugnata.
Rimanere al lavoro oltre l’orario di rientro obbligatorio può escludere il dolo?
No. Secondo la Corte, il fatto che l’imputato fosse pienamente consapevole dell’orario di rientro e abbia scelto volontariamente di trattenersi al lavoro configura una ‘scelta consapevole e volontaria’ che integra il dolo del reato, non un mero errore.
Su quali basi sono state negate le attenuanti generiche?
Sono state negate a causa della ‘allarmante personalità criminale’ del ricorrente, motivata sulla base dei suoi numerosi e gravi precedenti penali e della condotta stessa di violazione delle regole della sorveglianza speciale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9060 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9060 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 29/12/1996
avverso la sentenza del 21/09/2023 della Corte d’appello di Reggio Calabria
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 21 settembre 2023 con cui la Corte di appello di Reggio Calabria, confermando la sentenza di primo grado, lo ha condannato alla pena di anni uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 commesso il 15 settembre 2022;
rilevato che il ricorrente deduce, con due motivi, la violazione di legge e il vizio di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di rispondere alle doglianze proposte, relative all’assenza di dolo nel non rientrare in casa entro l’orario prescritto e alla omessa concessione delle attenuanti generiche, e per avere ribadito il diniego di queste ultime e l’applicazione della recidiva con formule di stile, e solo sulla base dei precedenti penali del ricorrente;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità, in quanto si limita a ripetere il contenuto del motivo di appello relativo all’assenza di dolo senza confrontarsi con la sentenza impugnata, che ha esaminato detto motivo e lo ha ritenuto infondato, con motivazione congrua e non illogica, soprattutto evidenziando che il ricorrente stesso, in sede di interrogatorio, ha dimostrato di essere pienamente a conoscenza dell’orario in cui era obbligato a rientrare e di essersi, nonostante ciò, trattenuto al lavoro, compiendo una scelta consapevole e volontaria e non ritardando il rientro per un mero errore, come sostenuto nella tesi difensiva;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità anche con riferimento al diniego di concessione delle attenuanti generiche, in quanto non si confronta con la sentenza impugnata, che ha motivato l’omessa concessione del beneficio per la «allarmante» personalità criminale dimostrata dal ricorrente sia commettendo i molti e gravi reati precedentemente giudicati, sia tenendo la condotta contestata, non rispettosa delle regole imposte con la misura della sorveglianza speciale, mentre l’esclusione della ,recidiva non è stata valutata perché non risulta essere stata oggetto di una specifica richiesta in sede di appello;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte
costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente