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Ricorso inammissibile se ripropone censure già note

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché riproduceva argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello riguardo alla mancata applicazione di un’attenuante. La decisione ribadisce che il ricorso per cassazione non può essere un terzo grado di giudizio sul merito, ma deve sollevare vizi di legittimità. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Il Divieto di Riproporre le Stesse Censure

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione, confermando un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un’impugnazione si limita a riproporre le medesime questioni già adeguatamente esaminate e decise nei gradi precedenti, il suo destino è segnato: si tratta di un ricorso inammissibile. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni e le conseguenze pratiche di tale principio.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata dalla Corte d’Appello di Salerno, presentava ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. L’unico motivo di doglianza sollevato riguardava la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione per la mancata applicazione di una specifica circostanza attenuante, prevista dall’articolo 62, primo comma, n. 6, del codice penale. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel negare il riconoscimento di tale beneficio.

La Decisione sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha tagliato corto, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate dalla ricorrente non erano nuove, ma costituivano una mera riproduzione di profili di censura già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo gli Ermellini, aveva fornito una motivazione congrua e giuridicamente corretta per il diniego dell’attenuante, applicando correttamente i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte non è un ‘super-giudice’ che può riesaminare i fatti e decidere di nuovo se una persona sia colpevole o se meriti un’attenuante. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e non contraddittorio.

Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva già spiegato perché l’attenuante non fosse applicabile, basando la sua decisione su argomenti giuridici solidi. Riproporre la stessa identica questione in Cassazione, senza evidenziare un vero e proprio errore di diritto (come un’errata interpretazione della norma) o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza impugnata, trasforma il ricorso in un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione sul merito della vicenda.

La Corte ha richiamato diversi precedenti giurisprudenziali (indicati con la formula ex plurimis) per sottolineare come questo orientamento sia pacifico e consolidato. Un ricorso è considerato riproduttivo e quindi inammissibile quando non si confronta criticamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si limita a reiterare le lamentele già disattese.

Le Conclusioni

La pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Chi intende presentare un ricorso per cassazione deve essere consapevole che non basta essere in disaccordo con la decisione del giudice d’appello. È necessario individuare e argomentare specifici vizi di legittimità, dimostrando dove e perché la sentenza impugnata abbia violato la legge o presenti una motivazione palesemente illogica.

La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito alla parte ricorrente del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve quindi da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento prezioso ma tecnico, da utilizzare per sollevare questioni di diritto e non per tentare una terza, impossibile, valutazione dei fatti.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, risultando così meramente riproduttivo e manifestamente infondato.

È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione di un’attenuante?
Sì, ma solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio di motivazione (ad esempio, illogicità o contraddittorietà) nella decisione del giudice di merito. Non è consentito chiedere alla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti che porterebbe al riconoscimento dell’attenuante, poiché sarebbe un giudizio di merito non permesso in quella sede.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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