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Ricorso inammissibile se ripetitivo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato, poiché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello. L’ordinanza sottolinea il principio di specificità, affermando che la mancanza di nuovi argomenti che si confrontino con la decisione impugnata rende il gravame non esaminabile nel merito. La Corte ha inoltre confermato la valutazione negativa sulla concessione dell’attenuante del danno di lieve entità.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Perché Ripetere i Motivi d’Appello è una Strategia Perdente

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza quasi certa di una strategia difensiva che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in secondo grado. Questo approccio, infatti, viola il requisito di specificità dei motivi, trasformando il ricorso in un atto privo di reale confronto con la sentenza impugnata. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Condanna per Furto Aggravato

Il caso nasce da una condanna per furto aggravato, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputata era stata ritenuta responsabile del reato sulla base di prove concrete e difficilmente contestabili. Nello specifico, era stata trovata in possesso sia della refurtiva, di proprietà della persona offesa, sia degli attrezzi da scasso utilizzati per forzare il locale dove i beni erano custoditi. La vicinanza temporale tra il furto e il ritrovamento di questi elementi aveva costituito un quadro probatorio solido a sostegno del giudizio di colpevolezza.

La Critica al Ricorso Inammissibile per Genericità

Nonostante la solidità delle prove, la difesa ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. Tuttavia, l’unico motivo di doglianza proposto si è concentrato sulla valutazione della responsabilità dell’imputata, riproducendo, di fatto, le medesime ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice d’appello.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio per questa ragione. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che un ricorso non può ignorare le motivazioni della sentenza che intende contestare. Deve, al contrario, instaurare un dialogo critico con esse, evidenziando specifici errori di diritto o vizi logici. Un ricorso che si limita a ripetere argomenti già vagliati è considerato ‘aspecifico’, non tanto per indeterminatezza, ma per mancanza di correlazione con la decisione impugnata.

Il Rifiuto dell’Attenuante del Danno di Lieve Entità

Un altro punto sollevato dalla difesa riguardava la richiesta di applicazione dell’attenuante del danno di particolare tenuità, prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale. Anche questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato e reiterativo. La Corte d’Appello aveva già motivato congruamente il suo diniego, sottolineando che il valore del bene sottratto non era affatto irrilevante o modesto, neanche a distanza di tre anni dal suo acquisto. La Cassazione ha condiviso questa valutazione, confermando che l’attenuante non poteva essere concessa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, ha ribadito che la specificità dei motivi di ricorso è un requisito essenziale per la sua ammissibilità, come previsto dall’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale. Un motivo è ‘specifico’ non solo quando è chiaro e determinato, ma anche quando si confronta direttamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziandone le presunte falle.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come un ricorso fondato sugli stessi motivi già respinti in appello, senza aggiungere nuovi profili di censura che attacchino la logicità della motivazione di secondo grado, si risolva in una richiesta di rivalutazione del merito dei fatti. Tale operazione è preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare le prove. La condanna dell’imputata si fondava su elementi precisi e convergenti, come il possesso della refurtiva e degli strumenti del reato, che la Corte d’Appello aveva adeguatamente valorizzato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione chiara: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un controllo di legittimità. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è indispensabile che i motivi di impugnazione siano nuovi e specifici, ovvero capaci di criticare puntualmente il ragionamento giuridico della sentenza d’appello. Riproporre passivamente le stesse difese è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché un ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva le medesime ragioni già discusse e respinte dalla Corte d’Appello, mancando così del requisito di specificità. Non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a reiterare argomenti pregressi.

Quali erano le prove a carico dell’imputata nel caso di furto?
Le prove decisive erano il fatto che l’imputata fosse stata trovata in possesso della refurtiva poco tempo dopo la consumazione del reato e avesse con sé gli attrezzi da scasso utilizzati per forzare il locale in cui i beni erano custoditi.

Per quale motivo non è stata concessa l’attenuante del danno di particolare tenuità?
L’attenuante non è stata concessa perché i giudici hanno ritenuto che il valore del bene sottratto non fosse né permanente né irrilevante. La Corte ha considerato che il valore non potesse essere definito ‘modesto’, anche tenendo conto del tempo trascorso dall’acquisto del bene (pari a tre anni).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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