Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24426 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato ad Avellino il 15/03/1973
avverso la sentenza emessa in data 01/10/2024 dalla Corte d’Appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 01/10/2024, la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza di condanna alla pena di giustizia emessa dal Tribunale di Salerno, in data 11/12/2023, nei confronti di NOME in relazione al reato continuato di cui all’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 14 del 2017 in relazione all’art. 21-ter d.l. 113 del 2018, conv. dalla I. n. 132 del 2018.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione, ritenuta apparente, con riferimento alla conferma della penale responsabilità. Si censura la sentenza per aver ritenuto immotivatamente la condotta del CANDELA lesiva dell’ordine pubblico e comunque tenuta in occasioni diverse da quelle indicate dai giudici di merito.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. Si censura la motivazione della sentenza, che non aveva ritenuto la condotta occasionale.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per il carattere reiterativo e attinente al merito delle censure proposte.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore replica alle argomentazioni del P.G., insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Questa Suprema Corte, con orientamento del tutto consolidato, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorat quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria de singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 01). Altrettanto consolidata, d’altro lato, è l’affermazione per cui «è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso» (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, colgono nel segno i rilievi del Procuratore Generale in ordine alla inammissibilità
del ricorso, i cui motivi si risolvono, da un lato, in censure del merito del valutazioni espresse dalla Corte territoriale (in piena sintonia con il primo giudice)
in ordine alle risultanze acquisite, senza peraltro un adeguato confronto con gli snodi fondamentali del percorso argomentativo tracciato nella sentenza
impugnata; d’altro lato, nella reiterata prospettazione di una diversa e più
favorevole lettura delle risultanze medesime, il cui apprezzamento, in questa sede, deve evidentemente ritenersi precluso.
Deve solo aggiungersi, quanto al primo ordine di rilievi, che la Corte territoriale ha ricondotto, in termini tutt’altro che illogici, la fattispecie con
nell’alveo della norma incriminatrice contestata, atteso che le reiterate violazioni del provvedimento questorile erano state accertate unitamente alla illecita
prosecuzione, da parte del COGNOME, dell’attività di parcheggiatore abusivo in una via (ricadente nel divieto) di centrale rilevanza nell’ambito del traffico cittadin
circostanza, quest’ultima, che rende irrilevante procedere ad ulteriori indagini in ordine all’effettivo svolgimento, nelle date che qui rilevano, dell’evento pubblico
precisato in sentenza.
Quanto alle residue censure, va evidenziato che l’applicazione dell’art. 131bis cod.pen. è stata esclusa dalla Corte territoriale in termini in questa sede insindacabili, essendo stata valorizzata – unitamente ai precedenti a carico e al carattere non occasionale delle violazioni accertate – la “pervicacia con cui l’imputato ha perseverato nella violazione delle misure di prevenzione intimate: tanto è indice di una personalità negativa che non osserva le regole” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20 maggio 2025
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Il Presidente