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Ricorso inammissibile: se il motivo è solo di fatto

Un imputato, condannato in appello per furto aggravato, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un’errata qualificazione del reato. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché i motivi erano generici e si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti, compito non spettante alla Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Respinge un Appello Troppo Generico

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel sistema legale italiano, una fase delicata che richiede precisione tecnica e giuridica. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare da motivi troppo generici e focalizzati sui fatti, piuttosto che sul diritto. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti alla funzione del giudice di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per furto aggravato (artt. 624 e 625 c.p.) confermata dalla Corte d’Appello di Brescia. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava su un punto principale: a suo avviso, i fatti non configuravano un furto, ma al massimo un reato diverso, quello di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.). In sostanza, l’imputato contestava la qualificazione giuridica data dai giudici di merito al suo comportamento.

La Decisione della Cassazione: il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una regola fondamentale del processo di legittimità: la Cassazione non è un “terzo grado di merito”. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma assicurare la corretta applicazione e interpretazione della legge.

Motivazioni di Fatto vs. Questioni di Diritto

Il principale difetto del ricorso risiedeva nel suo contenuto. Le argomentazioni dell’imputato, secondo la Corte, erano “interamente versate in fatto”. Invece di evidenziare un errore nell’applicazione delle norme penali da parte della Corte d’Appello, il ricorso chiedeva implicitamente alla Cassazione di riesaminare le prove e giungere a una diversa conclusione sulla dinamica degli eventi. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Suprema Corte.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

Un altro elemento fatale per il ricorso è stata la sua aspecificità. La Corte ha rilevato che, a fronte di una motivazione articolata e dettagliata della sentenza d’appello, il ricorrente non aveva formulato critiche precise e puntuali. Un ricorso efficace deve demolire, punto per punto, le argomentazioni giuridiche della decisione impugnata, non limitarsi a una generica contestazione del risultato.

Le Motivazioni della Corte

Nelle sue motivazioni, la Suprema Corte ha chiarito che le censure proposte erano tutte volte a “sollecitare questa Corte a una non consentita rilettura delle risultanze di prova”. Il ricorso si è rivelato a-specifico perché non ha enunciato né argomentato in modo esplicito i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto che fondavano la condanna. Di conseguenza, non potendo entrare nel merito di una questione puramente fattuale e mal formulata, l’unica via percorribile era dichiarare l’inammissibilità.

Questa decisione ha comportato due conseguenze economiche per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, data la “colpa” connessa all’irregolarità dell’impugnazione, è stata disposta la condanna al pagamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, in applicazione di un principio consolidato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000).

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere un atto tecnico-giuridico di alta precisione. Non è una sede in cui si può sperare di ottenere una nuova valutazione delle prove. È indispensabile che i motivi di ricorso individuino specifici errori di diritto (violazione di legge o vizi di motivazione) commessi dal giudice precedente. Un ricorso generico, fattuale e non puntualmente critico verso la sentenza impugnata è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche significative per il proponente. La lezione è chiara: la forma e la sostanza di un ricorso di legittimità sono inscindibili per il suo successo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano generici (a-specifici) e si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge.

Qual è la differenza tra un motivo di fatto e un motivo di diritto in un ricorso?
Sulla base della decisione, un motivo di fatto contesta come il giudice di merito ha ricostruito e valutato gli eventi (ad esempio, l’attendibilità di una prova). Un motivo di diritto, invece, contesta un errore nell’interpretazione o nell’applicazione di una norma giuridica. Solo i motivi di diritto possono essere validamente presentati in Cassazione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile per colpa?
Come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile per colpa (cioè per una palese irregolarità) viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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