Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Appelli “Fotocopia”
Presentare un ricorso in Cassazione richiede specificità e un’analisi critica della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una strategia difensiva che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. Con l’ordinanza n. 6955/2024, la Suprema Corte ribadisce questo principio fondamentale, offrendo un chiaro monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso nuovi e pertinenti. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di 50 involucri di cocaina per un peso complessivo di 21 grammi. All’esito del giudizio con rito abbreviato, gli erano state concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva, con una condanna finale a due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 Euro di multa.
La sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello di Roma. La difesa, non soddisfatta, decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge penale e un vizio di motivazione. L’argomento centrale era il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità, prevista dal comma 5 dell’art. 73 del d.p.r. 309/1990, che avrebbe comportato una pena significativamente più mite.
La Decisione della Cassazione: Quando un Ricorso è Inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale della procedura penale: la specificità dei motivi di ricorso. Secondo i giudici di legittimità, l’atto presentato dalla difesa non faceva altro che reiterare la stessa doglianza già proposta e rigettata dalla Corte d’Appello.
L’imputato, attraverso il suo difensore, si era limitato a riproporre la richiesta di derubricazione del reato in fatto di lieve entità, senza però confrontarsi criticamente con le argomentazioni con cui la Corte d’Appello aveva motivato il suo diniego. Questo approccio rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione è netta e si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte d’Appello aveva puntualmente e logicamente spiegato perché il fatto non potesse essere considerato di lieve entità. Aveva valorizzato:
1. Il dato quantitativo: 21 grammi di cocaina, suddivisi in 50 dosi, non sono una quantità trascurabile.
2. Le circostanze dell’azione: Le modalità concrete della detenzione e cessione.
3. Il collaudato modus operandi: L’imputato era stato identificato come un “pusher” stabilmente inserito in una delle più importanti piazze di spaccio della capitale.
Questi elementi, nel loro insieme, delineavano un quadro di non scarsa offensività, incompatibile con la fattispecie attenuata. Il ricorso in Cassazione, ignorando questa analisi dettagliata e riproponendo la stessa questione in modo astratto, ha dimostrato di non possedere la specificità richiesta dall’art. 606 cod. proc. pen. La Suprema Corte ha richiamato un suo precedente (Cass. n. 27816/2019), secondo cui è inammissibile il ricorso che “riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato”.
Le Conclusioni
La pronuncia in esame ha importanti implicazioni pratiche. Essa riafferma che il giudizio di cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Per accedere a questo giudizio, non è sufficiente lamentare un presunto errore, ma è necessario dimostrare in modo specifico e critico dove risieda la violazione di legge o il vizio logico nella decisione impugnata. Un ricorso “fotocopia” dell’atto di appello è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando si limita a riprodurre e reiterare gli stessi motivi già presentati e motivatamente respinti in appello, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza di secondo grado.
Quali elementi distinguono lo spaccio di lieve entità (comma 5) da quello ordinario (comma 1) secondo i giudici in questo caso?
I giudici hanno escluso la lieve entità basandosi su una valutazione complessiva che includeva il dato quantitativo (21 grammi di cocaina in 50 involucri), le circostanze dell’azione e il “collaudato modus operandi” dell’imputato, che indicava un suo inserimento organico in una piazza di spaccio importante.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 Euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6955 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6955 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 21 novembre 2022 la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale, all’esito di rito abbreviato aveva ritenuto COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 1, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 (detenzione per la cessione a terzi di n. 50 involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso complessivo di gr. 21) e, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla recidiva ed applicata la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 12.000 di multa. (fatto accertato in Roma il 30 maggio 2022).
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore propone ricorso per cassazione articolato in un solo motivo con cui deduce l’inosservanza e la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 309 del 1990 ai sensi dell’art. 606 lett. c) ed e) cod.proc.pen.
Il ricorso é inammissibile.
Ed invero la censura reitera analoga doglianza proposta come motivo di appello su cui la Corte si é puntualmente e logicamente pronunciata richiamando a sostegno della mancata derubricazione nella fattispecie di cui al comma 5 il dato quantitativo, le circostanze dell’azione ed il collaudato modus operandi del COGNOME che depongono a favore di un suo organico inserimento in una delle più importanti piazze di spaccio della capitale ove lo stesso svolge la funzione di pusher.
4.Va a riguardo ribadito che é inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appell motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione.( Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso il 14.12.2023