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Ricorso inammissibile se copia l’appello precedente

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sul fatto che il ricorso si limitava a riproporre gli stessi motivi già presentati in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza di secondo grado. Questo comportamento viola il principio secondo cui l’impugnazione deve consistere in una critica argomentata del provvedimento che si contesta.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione boccia il ‘copia-incolla’ dall’appello

Presentare un’impugnazione in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non basta essere convinti delle proprie ragioni; è essenziale sapere come presentarle. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza quasi certa di un atto che si limita a replicare i motivi del precedente grado di giudizio, senza un confronto critico con la sentenza che si intende contestare. Questo principio, ribadito con forza, sottolinea come la funzione dell’impugnazione sia quella di una critica costruttiva e argomentata, non di una mera riproposizione di doglianze già esaminate e respinte.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per due reati previsti dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990). La sentenza di primo grado, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Macerata, era stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Ancona e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Perugia.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante comune. In sostanza, la difesa lamentava che la Corte di merito non avesse concesso un’attenuante che, a suo dire, sarebbe stata applicabile.

L’inammissibilità del ricorso secondo la Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito della questione. La ragione è puramente processuale ma di importanza capitale. I giudici hanno osservato che la censura proposta in Cassazione era una semplice reiterazione delle medesime considerazioni critiche già espresse nell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado.

In altre parole, il difensore non si è confrontato con le argomentazioni con cui la Corte di Appello di Perugia aveva respinto quelle stesse doglianze. Invece di criticare la motivazione della sentenza impugnata, ha semplicemente ripresentato gli stessi argomenti. Questo, secondo la Corte, snatura la funzione stessa dell’impugnazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. La funzione tipica di un’impugnazione è quella della “critica argomentata” avverso il provvedimento che si contesta. Tale critica si concretizza presentando motivi specifici che indichino le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta di riforma.

Il contenuto essenziale di un atto di impugnazione è, quindi, un confronto puntuale e diretto con le argomentazioni del provvedimento impugnato. Se un motivo di ricorso, come nel caso esaminato, non si confronta con la motivazione della decisione che contesta, si destina inevitabilmente all’inammissibilità. Viene meno, infatti, l’unica funzione per cui l’impugnazione è prevista e ammessa dall’ordinamento: criticare in modo ragionato la decisione del giudice precedente.

Di conseguenza, è considerato ricorso inammissibile quello che riproduce e reitera gli stessi motivi già prospettati in appello e motivatamente respinti in secondo grado, limitandosi a lamentare in modo generico una presunta carenza o illogicità della motivazione senza attaccarla specificamente.

Conclusioni

La decisione in commento offre un’importante lezione pratica per gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso per cassazione non può essere un semplice esercizio di “copia-incolla” degli atti precedenti. È un’attività che richiede un’analisi approfondita e critica della sentenza impugnata. È necessario smontare pezzo per pezzo la motivazione del giudice di merito, evidenziarne le presunte falle, le contraddizioni o le violazioni di legge.

L’esito del caso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000,00 euro, serve da monito: un ricorso generico o ripetitivo non solo è inutile ai fini della difesa, ma comporta anche conseguenze economiche negative per l’assistito. La specificità e la pertinenza dei motivi sono i pilastri su cui si fonda l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge. Nel caso specifico, è stato ritenuto tale perché si limitava a ripetere le argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

Cosa significa ‘critica argomentata’ in un atto di impugnazione?
Significa che l’atto deve indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il dissenso, confrontandosi puntualmente con le argomentazioni utilizzate dal giudice nel provvedimento che si contesta. Non è sufficiente una lamentela generica.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce l’esame nel merito del ricorso e comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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