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Ricorso inammissibile: riproporre motivi è inutile

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un cittadino condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che l’appello si limitava a riproporre argomenti già valutati e respinti nei gradi di giudizio precedenti, senza sollevare nuove questioni di legittimità o evidenziare travisamenti della prova. La decisione sottolinea che il giudizio di Cassazione non consente una nuova valutazione dei fatti, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione chiude la porta

Quando si arriva davanti alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento, le regole del gioco cambiano. Non si possono più discutere i fatti, ma solo le questioni di diritto. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava principalmente sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393 bis c.p., che scusa la reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale, e su una critica generale alla valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito.

Ricorso inammissibile: la decisione della Cassazione

La Suprema Corte, con una decisione tanto sintetica quanto netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità: i motivi presentati non erano consentiti in questa sede. Il ricorrente, infatti, non ha evidenziato vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Al contrario, ha tentato di ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione.

La sterile riproposizione dei medesimi motivi

Il fulcro della decisione risiede nel fatto che il ricorso replicava argomenti già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato come la difesa si sia limitata a riprodurre censure già disattese, senza indicare specifici e decisivi ‘travisamenti probatori’, ovvero errori palesi nella lettura di una prova, né vizi logici che potessero inficiare il ragionamento dei giudici di merito.

I limiti del giudizio di legittimità

Questo caso ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di merito’. Il suo compito non è stabilire se l’imputato sia colpevole o innocente riesaminando le prove, ma assicurare l’uniforme interpretazione della legge e controllare la coerenza logica delle sentenze. Proporre un ricorso che chiede, di fatto, di ‘rileggere’ gli atti per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici precedenti è una strategia destinata al fallimento, se non supportata da specifiche violazioni di legge.

Le motivazioni

La Corte ha motivato l’inammissibilità del ricorso evidenziando come i motivi proposti costituissero una ‘non consentita rilettura alternativa delle acquisizioni istruttorie’. In altre parole, l’appellante chiedeva alla Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, già logica e coerente, espressa dalla Corte d’Appello. Tale richiesta è al di fuori dei poteri della Cassazione. Il ricorso era ‘avulso dalla indicazioni di effettivi e decisivi travisamenti probatori e inidoneo a rassegnare vizi logici del motivare’. Di fronte a una simile impostazione, la Corte non ha potuto fare altro che applicare l’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito importante: il ricorso per Cassazione è uno strumento tecnico che deve essere utilizzato per sollevare questioni di diritto precise e fondate. La semplice riproposizione di doglianze fattuali già esaminate nei precedenti gradi di giudizio non solo è inutile, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente. La decisione conferma la necessità di articolare i motivi di ricorso in modo specifico, concentrandosi sulle violazioni di legge o sui vizi logici manifesti della motivazione, unici argomenti in grado di aprire le porte del giudizio di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità. Ad esempio, quando si chiede una nuova valutazione dei fatti invece di denunciare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, o quando si ripropongono le stesse censure già respinte nei gradi precedenti senza specificare nuovi profili di illegittimità.

Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’?
Significa che il suo compito non è decidere nuovamente sul fatto (cioè se l’imputato ha commesso o meno il reato), ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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