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Ricorso inammissibile: rinuncia ai motivi d’appello

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per un gruppo di imputati condannati per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sul fatto che i ricorrenti, in grado di appello, avevano rinunciato a tutti i motivi di impugnazione ad eccezione della determinazione della pena, raggiungendo un accordo con la Procura. Tale rinuncia ha reso definitive le statuizioni sulla responsabilità penale della sentenza di primo grado, precludendo ogni ulteriore discussione in Cassazione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: le conseguenze della rinuncia ai motivi di appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce le importanti conseguenze processuali derivanti dalla scelta di accordarsi sulla pena in appello. Quando un imputato rinuncia espressamente a specifici motivi di gravame, le relative statuizioni della sentenza di primo grado diventano definitive, rendendo di fatto ogni successivo ricorso inammissibile su quei punti. Questa pronuncia offre un’analisi cruciale degli effetti preclusivi dell’articolo 599-bis del codice di procedura penale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che aveva parzialmente riformato una decisione di primo grado emessa con rito abbreviato. Diversi soggetti erano stati condannati per reati in materia di sostanze stupefacenti, inclusa la partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico illecito, secondo l’art. 74 del d.P.R. 309/1990.

Nel corso del giudizio di secondo grado, i difensori degli imputati avevano presentato istanza di “concordato sulla pena”, rinunciando a tutti i motivi di appello ad eccezione di quelli relativi alla determinazione della sanzione (quantum di pena). La Procura Generale aveva dato il proprio assenso e la Corte di Appello, ritenuta congrua la richiesta, aveva rideterminato le pene per ciascun imputato. Nonostante ciò, gli stessi imputati proponevano ricorso per Cassazione, sollevando censure che andavano oltre la mera quantificazione della pena, come la qualificazione giuridica del reato o la presunta omessa motivazione sulla responsabilità.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi proposti come inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: le scelte difensive strategiche, una volta compiute, producono effetti irreversibili nel prosieguo del giudizio. In questo caso, la rinuncia esplicita ai motivi di appello diversi dalla misura della pena ha cristallizzato la decisione del giudice di primo grado su tutti gli altri aspetti, quali l’accertamento della responsabilità e la qualificazione giuridica dei fatti.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro del ragionamento dei giudici di legittimità risiede nell’interpretazione e applicazione dell’art. 599-bis c.p.p. (Concordato anche con rinuncia ai motivi di appello). La Suprema Corte ha evidenziato che, nel momento in cui le parti processuali (imputati e Procura) si accordano sulla pena e l’imputato rinuncia agli altri motivi, la sentenza di primo grado passa in giudicato limitatamente ai punti non oggetto di gravame. Di conseguenza, non è più possibile, in sede di legittimità, sollevare doglianze relative a questioni ormai coperte dal giudicato parziale.

La Corte ha sottolineato che i ricorsi presentati tentavano di riaprire una discussione su temi (come la sussistenza del reato associativo o la sua qualificazione in un’ipotesi meno grave) che erano stati deliberatamente abbandonati in appello in cambio di un trattamento sanzionatorio concordato. Tale comportamento processuale rende il ricorso inammissibile, poiché le questioni sollevate sono estranee all’unico tema che era rimasto devoluto alla Corte d’Appello, ovvero la determinazione della pena.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con fermezza un principio fondamentale: le strategie processuali hanno conseguenze definitive. L’accesso al concordato in appello, se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro comporta la rinuncia irrevocabile a contestare l’accertamento di colpevolezza e le altre statuizioni della sentenza di primo grado. Gli operatori del diritto e gli imputati devono essere pienamente consapevoli che tale scelta preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni a cui si è volontariamente rinunciato. La decisione consolida l’efficacia dell’istituto del concordato come strumento di definizione rapida dei processi, ma ne chiarisce anche i limiti e gli effetti preclusivi, sanzionando con l’inammissibilità i tentativi di rimettere in discussione punti ormai definitivi.

È possibile impugnare in Cassazione aspetti della sentenza di primo grado se in appello si è rinunciato a tali motivi per accordarsi sulla pena?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia espressa a specifici motivi di appello per accedere al “concordato sulla pena” (art. 599-bis c.p.p.) rende definitive le statuizioni della sentenza di primo grado su quei punti. Pertanto, tali questioni non possono più essere sollevate in un successivo ricorso.

Cosa succede se un imputato si accorda con il Pubblico Ministero sulla pena in appello?
Se l’imputato si accorda sulla pena, rinunciando agli altri motivi di impugnazione, la Corte d’Appello ridetermina la sanzione secondo l’accordo. Questa procedura preclude la possibilità di contestare successivamente i punti della sentenza per i quali si è rinunciato all’impugnazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i ricorrenti hanno tentato di sollevare questioni (come la qualificazione del reato o la motivazione sulla colpevolezza) alle quali avevano espressamente rinunciato nel giudizio d’appello per ottenere un accordo sulla pena. Tale rinuncia ha reso i loro ricorsi privi dei presupposti per essere esaminati nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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