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Ricorso inammissibile ricettazione: motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. I motivi dell’impugnazione sono stati giudicati generici e meramente ripetitivi di quelli già presentati in appello, senza muovere critiche specifiche alla sentenza di secondo grado. La Corte ha confermato che la valutazione sulla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, basata sul valore del bene, è insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Ricettazione: La Cassazione e i Motivi Generici

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica e una precisione particolari. Non è una terza istanza di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: un ricorso inammissibile ricettazione è la conseguenza inevitabile quando i motivi sono generici e non specifici. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il delitto di ricettazione, decideva di impugnare la sentenza della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si fondava essenzialmente su due motivi principali. Con il primo, si lamentava una presunta carenza e illogicità della motivazione riguardo all’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita del bene. Con il secondo motivo, si contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti, sostenendo una violazione di legge.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile ricettazione

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per entrambi. La decisione si basa su argomentazioni procedurali e sostanziali molto chiare, che servono da monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte.

La Genericità del Primo Motivo

Il primo motivo, relativo alla motivazione sull’elemento soggettivo, è stato giudicato ‘aspecifico’. La Corte ha evidenziato come le argomentazioni del ricorrente non fossero altro che una mera riproposizione di quelle già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano, infatti, fornito una motivazione logica, coerente e priva di vizi per giustificare la condanna, spiegando dettagliatamente le ragioni del loro convincimento. Limitarsi a ripetere le stesse doglianze senza attaccare specificamente il ragionamento della sentenza impugnata rende il ricorso non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

La Non Specificità del Secondo Motivo

Anche il secondo motivo è stato considerato aspecifico. La Corte d’Appello aveva spiegato in modo adeguato perché la condotta non potesse essere considerata di ‘lieve entità’, facendo riferimento all’ ‘apprezzabile valore del bene ricettato’. La Cassazione ha ricordato che la valutazione del merito, come quella sul valore di un bene, non può essere rivalutata in sede di legittimità se la motivazione del giudice inferiore è logica e non manifestamente contraddittoria. Inoltre, citando propri precedenti, la Corte ha sottolineato che per escludere la tenuità del fatto non è necessario analizzare tutti i parametri dell’art. 133 c.p., essendo sufficiente indicare gli elementi ritenuti più rilevanti.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui il ricorso per cassazione deve essere un atto di critica vincolata, non un’occasione per un nuovo esame del merito. Il ricorrente ha l’onere di individuare con precisione gli errori di diritto o i vizi logici della sentenza impugnata, confrontandosi direttamente con le argomentazioni in essa contenute. La semplice reiterazione dei motivi d’appello equivale a una mancata critica e, di conseguenza, porta a un ricorso inammissibile ricettazione.

La Corte ha inoltre ribadito la sua funzione di giudice della legittimità, non dei fatti. Le valutazioni fattuali, come la gravità della condotta o il valore di un bene, se sorrette da una motivazione adeguata e non illogica, sfuggono al sindacato della Cassazione. La decisione di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la sanzione prevista per un ricorso presentato senza rispettare tali requisiti fondamentali.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione chiara: l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a ricorsi che denunciano vizi specifici della decisione impugnata. Non basta essere in disaccordo con la sentenza di secondo grado; è necessario dimostrare, con argomenti tecnici e puntuali, dove e perché i giudici d’appello avrebbero sbagliato nell’applicare la legge o nel costruire il loro percorso logico-motivazionale. In caso contrario, il risultato sarà un inevitabile ricorso inammissibile ricettazione, con conseguente aggravio di spese per l’imputato.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono aspecifici, ovvero si limitano a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi precedenti senza confrontarsi criticamente e in modo puntuale con la motivazione della sentenza impugnata.

Perché la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto è stata respinta?
La richiesta è stata respinta perché la Corte di merito aveva adeguatamente motivato il diniego basandosi sull’apprezzabile valore del bene ricettato. Tale valutazione di fatto, se logicamente motivata, non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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