Ricorso Inammissibile per Ricettazione: Quando i Motivi d’Appello sono Generici
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, affrontando un caso di condanna per ricettazione. La decisione sottolinea un principio fondamentale: per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile ricettazione, i motivi presentati non possono essere una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti. Devono, invece, confrontarsi criticamente e specificamente con le ragioni della sentenza impugnata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, emessa dalla Corte d’appello. L’imputato era stato identificato come il conducente di un’automobile risultata rubata. Contro questa decisione, l’uomo proponeva ricorso per cassazione, basando la sua difesa su diversi punti: l’inattendibilità dell’identificazione effettuata dall’agente di polizia, la mancata applicazione di cause di non punibilità (art. 131-bis c.p.) e di attenuanti (art. 648, comma 4, c.p.), nonché la mancata riqualificazione del fatto nel meno grave reato di furto (art. 624 c.p.).
I Motivi del Ricorso e la loro Genericità
La Corte Suprema ha esaminato i motivi del ricorso, rilevandone una carenza fondamentale. Le argomentazioni presentate dall’imputato non erano altro che una pedissequa ripetizione delle doglianze già sollevate con l’atto di appello. La difesa, infatti, si era limitata a riproporre le stesse questioni senza però ingaggiare un vero e proprio confronto critico con le motivazioni con cui la Corte territoriale le aveva respinte. Questo modo di procedere, secondo la Cassazione, rende i motivi del ricorso non specifici e, di conseguenza, inammissibili.
Ricorso inammissibile ricettazione e la Distinzione con il Furto
Un punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la richiesta di riqualificare il reato da ricettazione a furto. La Corte di merito aveva correttamente escluso tale possibilità. La Cassazione ha confermato questo orientamento, basandosi su un principio consolidato: l’ingiustificato possesso di un bene rubato, in assenza di altri elementi probatori e, soprattutto, in presenza di un lasso di tempo significativo tra il furto e il ritrovamento, è un elemento che depone a favore del delitto di ricettazione piuttosto che di quello di furto. Per configurare il furto, sarebbe stato necessario fornire indicazioni specifiche sul coinvolgimento diretto dell’imputato nell’azione di sottrazione del bene, indicazioni che nel caso di specie mancavano del tutto.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha evidenziato come le doglianze fossero ‘meramente riproduttive’ di quelle già esaminate e disattese in appello, senza un effettivo confronto con il ‘decisum’ del giudice di merito. In secondo luogo, ha sottolineato che le critiche relative all’identificazione dell’imputato miravano, in sostanza, a ottenere una nuova valutazione delle prove, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per la pratica forense: un ricorso per cassazione non può essere un semplice ‘copia e incolla’ dell’atto di appello. È necessario che l’impugnazione contenga critiche specifiche, pertinenti e puntuali contro le argomentazioni della sentenza impugnata, concentrandosi sui vizi di legge o di motivazione, e non sulla speranza di un riesame dei fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati erano una mera riproduzione delle doglianze già prospettate e respinte in appello, senza un effettivo confronto critico con le ragioni della decisione impugnata e perché chiedevano una nuova valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.
Qual è la differenza tra furto e ricettazione secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, l’ingiustificato possesso di cose sottratte, specialmente se è trascorso un significativo lasso di tempo dalla sottrazione e mancano altri elementi, configura il delitto di ricettazione anziché quello di furto.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove, come l’identificazione di un testimone?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione giudica la corretta applicazione della legge (sindacato di legittimità) e non può procedere a una nuova valutazione delle risultanze probatorie, come la credibilità di un testimone o la certezza di un’identificazione, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31206 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 17/04/1985
avverso la sentenza del 08/04/2024 della Corte d’appello di Bari
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che entrambi i motivi di cui si compone il ricorso, con i quali si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla decisione della Corte territoriale – per avere quest’ultima affermato la penale responsabilità dell’odierno ricorrente in ordine al delitto di ricettazione in base a un’inattendibile identificazione dell’imputato nel conducente dell’auto rubata; per la mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e dell’attenuante di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen.; per la mancata esclusione della recidiva e per non aver riqualificato la condotta ai sensi dell’art. 624 cod. pen. -, non sono formulati in termini consentiti in questa sede poiché si presentano come meramente riproduttivi di doglianze già prospettate con l’atto di appello, adeguatamente esaminate e disattese con congrui argomenti logici e giuridici dal giudice di merito, omettendo in tal modo un effettivo confronto, per confutarle, con le ragioni su cui si fonda il decisum (si vedano, a tale proposito le pagg. 1 e 2 della sentenza);
che, dette doglianze si presentano, in sostanza, come volte a ottenere una nuova valutazione delle risultanze probatorie acquisite (in particolare là dove si afferma che l’identificazione dell’imputato, effettuata dall’appuntato COGNOME non si potrebbe considerare certa oltre ogni ragionevole dubbio, tenuto presente il diverso abbigliamento del soggetto individuato, il fatto che costui fosse sconosciuto agli operanti di polizia giudiziaria e il contesto spazio-temporale nel quale erano avvenuti il controllo e il successivo ritrovamento), estranea al sindacato di legittimità;
che, inoltre, quanto alla riqualificazione della condotta nella fattispecie delittuosa del furto, correttamente il giudice di merito ha escluso la configurabilità di tale reato, in mancanza di indicazioni da parte dell’imputato sul fatto. Nello specifico, l’ingiustificato possesso di cose sottratte, in assenza di altri elementi probatori e in presenza di elementi favorevoli ad ipotesi alternativa (come, ad esempio, il non indifferente lasso di tempo tra la sottrazione e l’accertamento del possesso), più che indurre all’affermazione di colpevolezza a titolo di furto, consente la configurazione del delitto di ricettazione (Sez. 2, n. 37775 del 01/06/2016, COGNOME, Rv. 268085);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente