Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10311 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10311 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FASANO il 01/05/1980
avverso la sentenza del 31/05/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore del ricorrente, Avv. COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 31 maggio 2024, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile dei reati di ricettazione di parti dell’autovettura oggetto di furto ai danni di COGNOME NOME e di violazione di sigilli e frode processuale.
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, osservando che la Corte di appello aveva ritenuto erroneamente che le prove erano state acquisite al fascicolo per il dibattimento con il consenso delle parti, in quanto
l’unica documentazione sulla cui acquisizione la difesa aveva dato il consenso era la relazione tecnica eseguita dai carabinieri dalla quale risultava che la combinazione alfanumerica del telaio e dell’organo propulsore della autovettura sequestrata a COGNOME erano prive di manomissioni (la contestazione originaria era di riciclaggio dell’autovettura); la difesa precisava che le eccezioni di inutilizzabilità mosse con l’atto di appello avevano riguardato l’accertamento ispettivo eseguito sulla autovettura di proprietà di COGNOME da parte dei carabinieri prima del sequestro penale alla presenza della persona offesa, ma in assenza di COGNOME e del suo difensore, nonché al momento della esecuzione del sequestro penale quando COGNOME era presente; la prova dell’asserito collegamento tra l’autoradio della vettura di COGNOME ed il telefono cellulare di Tagliente era rimessa ad un ricordo del teste COGNOME il quale durante il sopralluogo eseguito quanto l’autovettura non era stata ancora sequestrata , alla presenza della persona offesa ma non dell’imputato, aveva a suo dire rilevato che con la chiamata dal cellulare di Tagliente si sarebbe attivata la radio presente sulla autovettura di COGNOME; l’ac certamento era nullo in quanto eseguito sulla autovettura di COGNOME senza alcuna autorizzazione del proprietario e non era stato ripetuto durante l’ esecuzione del sequestro, per cui anche la testimonianza che aveva riferito sull’accertamento era inutilizzabile; inoltre, nel verbale di sequestro mancava completamente il riferimento al sopralluogo disposto.
Il difensore rileva inoltre che la Corte di appello aveva trascurato un ulteriore dato investigativo emerso in sede dibattimentale, ossia che i militari avevano omesso di rilevare il numero identificativo dello stereo installato sulla autovettura Alfa Mito di COGNOME che si sarebbe collegato tramite bluetooth con il telefono cellulare di Tagliente, per cui non si era potuto verificare se lo stereo montato sulla autovettura sequestrata fosse il medesimo installato sulla autovettura di Tagilente; unico dato oggettivo era l’assenza della prova materiale del reato di ricettazione dello stereo in quanto, a seguito dell’accertamento tecnico fatto eseguire dalla pubblica accusa sulla autoradio dell’autovettura di COGNOME era risultava priva di impianto bluetooth, per cui non poteva essere l’autoradio di Tagliente; ancora, sempre dalla relazione tecnica era risultato che la porta usb presente nell’autovettura di COGNOME non era funzionante, per cui non vi era alcuna prova che fosse installato nell’autovettura di Z aurrini un impianto bluetooth, visto che era stata esclusa la possibilità di un collegamento autoradio-telefono cellulare.
Il difensore osserva che il teste COGNOME nulla aveva potuto dire sulla eventuale provenienza illecita degli equipaggiamenti differenti da quelli originariamente montati sulla autovettura di COGNOME, in quanto beni non contrassegnati dalla casa madre con alcun segno identificativo; era un dato processuale acquisito quello secondo cui COGNOME aveva acquistato la Alfa Romeo Mito gravemente incidentata
e poi l’avesse assemblata con pezzi di ricambio di autovetture dello stesso modello, quindi, in assenza di codici identificativi su tali pezzi di ricambio non era possibile escludere una provenienza lecita dei predetti pezzi di ricambio; anche con riferime nto all’elemento psicologico, considerata la sicura provenienza lecita del telaio e del motore della autovettura di COGNOME, si eccepiva l’evidente difetto di motivazione della sentenza impugnata.
1.2 Quanto al reato di cui al capo b) (artt. 349 e 374 comma 2 cod. pen.), il difensore ribadisce la contestazione sull’accertamento di polizia giudiziaria eseguito senza alcuna autorizzazione, il che consentiva di escludere la ricorrenza dei presupposti normativi dei reati per assenza di prova sia in ordine all’elemento material e e sia in ordine all’elemento psicologico; in ogni caso, la difesa contestava l’assoluta mancanza di prova materiale sulla effettiva installazione dell’apparecchio stereo bluetooth sull’autovettura di COGNOME, in quanto non rinvenuto in sede di accertamenti tecnici eseguiti da parte del consulente del Pubblico Ministero; era poi possibile che la porta usb non originale, in assenza di un kit bluetooth, fosse stata installata al solo fine di ricaricare il telefonino; inoltre, non vi erano in atti fotografie e/o verbali che attestassero l’apposizione dei sigilli nella feritoia dello stereo sulla autovettura di COGNOME, per cui tale mancanza non consentiva di escludere che il teste COGNOME avrebbe potuto ricordare erroneamente la predetta apposizione; era comunque certo che non era stato apposto alcun sigillo all’autovettura, per cui non si poteva escludere eventuali accessi alla stessa da parte di terzi; il teste COGNOME, presso il qua le si trovava l’autovettura sequestrata, aveva escluso di aver visto COGNOME entrare nel parcheggio dove la stessa si trovava.
1.3 Il difensore rileva che la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto sia con riferimento al reato di ricettazione, previa derubricazione nel reato di cui all’art. 712 cod. pen., che con riferimento al reato di cui al capo b) con una motivazione apparente, ma in realtà assente e/o illogica e/o errata: i precedenti penali cui faceva riferimento la Corte di appello afferivano a fatti commessi in epoca non recente, tanto che all’imputato non era stata contestata neppure la recidiva; a ciò si aggiungeva che sarebbe stato possibile al più ritenere che COGNOME avesse acquistato soltanto uno stereo di provenienza sospetta di valore piuttosto esiguo, visto che per gli altri pezzi di ricambio contestati la mancanza di codici identificativi impediva di escludere la provenienza lecita degli stessi; anche per i reati di violazione di sigilli (peraltro mai apposti) e di frode processuale sarebbe stato possibile applicare l’art. 131 -bis cod. pen.
1.4 Il difensore censura la decisione della Corte di appello di non riconoscere l’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 cod. pen., visto che la pubblica accusa non aveva fornito alcun dato sul valore commerciale di uno stereo munito di bluetooth.
1.5 Il difensore eccepisce l’erroneità della sentenza impugnata in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, visto che non era stato spiegato in alcun modo in base a quali parametri fosse stata valutata in modo negativo la personalità di COGNOME per fatti reato molto risalenti nel tempo.
1.6 Il difensore chiede l’annullamento della sentenza poiché, in violazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la Corte territoriale non aveva applicato i minimi edittali per la pena finale applicata anche in considerazione della continuazione che avrebbe dovuto riconoscere tra i fatti reato di ricettazione e quelli di violazione di sigilli e frode processuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Preliminarmente, si deve ribadire che, secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità, è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si è, infatti, esattamente osservato che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente, il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (vedi Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
Ciò premesso, quanto al motivo di ricorso relativo alla inutilizzabilità dell’accertamento ispettivo eseguito sulla autovettura di proprietà di COGNOME da parte dei carabinieri prima del sequestro penale alla presenza della persona offesa, ma in assenza di COGNOME, si deve rilevare che tale accertamento rientra in quelle attività urgenti ed “innominate” di Polizia giudiziaria di cui all’art. 55 e 348 cod. proc. pen. finalizzate alla assicurazione delle fonti di prova mediante la raccolta di ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole, come riconosciuto del resto dalla giurisprudenza di legittimità che ha avuto modo di chiarire, ad esempio, che l’acquisizione di un cellulare e dei dati segnalati sul
display si collocano tra gli atti urgenti demandati alla Polizia giudiziaria e, come tali, non subordinati a preventiva autorizzazione della Autorità giudiziaria
L’attività stessa non era soggetta a necessaria documentazione ex art. 357 cod. proc. pen., dal momento che la norma processuale da ultimo citata non fa riferimento alle attività ed operazioni di cui al richiamato art. 348 cod. proc. pen., il tutto poi a prescindere dalla osservazione, comunque decisiva, che l’omessa documentazione di attività documentabili ex art. 357 cod. proc. pen. non determina alcuna nullità o inutilizzabilità (così Cass. Sez. 5 12/12/2015 n. 25799, Pm in proc. Stasi, Rv 267260).
Pertanto, correttamente la Corte di appello ha ritenuto la riconducibilità del pacchetto bluetooth all’auto rubata , desumibile dall’accertamento avente ad oggetto la verifica del collegamento tra il cellulare della persona offesa dal furto, COGNOME, e l’impianto bluetooth, collocato sull’auto in uso all’imputato .
Relativamente alle argomentazioni contenute nel primo motivo di ricorso, si deve inoltre precisare la natura del sindacato di legittimità, riportandosi ai principi che questa Corte ha più volte ribadito, sulla base dei quali gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che “…sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
La Corte di appello ha evidenziato, con un giudizio di merito non censurabile nella presente sede, oltre al già citato collegamento tra il telefono cellulare di COGNOME e il dispositivo bluetooth sull’autovettura dell’imputato, la data di acquisto dell’auto in uso all’imputato del tutto simile per colore, modello, cilindrata e anno di immatricolazione a quella rubata e con segni distintivi specifici dell’auto rubata che non erano presenti su quella incidentata acquistata dall’imputato; da ciò ha tratto la logica conclusione della provenie nza dall’auto rubata anche di altre componenti, pur prive di dati identificativi, ‘chirurgicamente asportate e inserite sulla scocca’ della vettura sequestrata, in quanto corrispondenti alla dotazione
della citata auto rubata (pag. 14-16), anche in considerazione della circostanza che l’imputato non ha fornito alcuna specifica spiegazione su dove avesse preso le parti dell’autovettura che non erano in dotazione all’autovettura da lui acquistata.
1.2 Quanto al secondo motivo di ricorso, come evidenziato dal Procuratore generale nella sua memoria, la Corte di appello ha evidenziato che gli accertamenti svolti dai carabinieri in data 1/10/2016 cioè prima dell’asportazione contestata al capo b)- nella parte relativa alla descritta connessione erano ‘divenut i irripetibili ‘ proprio a seguito delle condotte di frode processuale (e, nel contempo, integranti violazione di sigilli) ascrivibili all’imputato .
Tale conclusione, contrariamente all’assunto difensivo, risulta coerente con i dati acquisiti e con la loro connessione temporale:
-dopo un primo accertamento nell’immediatezza del sequestro i Carabinieri non potettero nell’ottobre ripetere la verifica perché l’auto presentava la batteria scarica;
-nel novembre il perito nominato per l’accertamento non poté portarlo a termine perché l’apparecchiatura risulta va rimossa.
Sulla violazione di sigilli e sulla frode processuale vi è poi ampia e logica motivazione nelle pagine 19 e 20 della sentenza impugnata, nelle quali si osserva che COGNOME era in possesso della seconda chiave dell’autovettura e che era stata asportata proprio quella componente sulla quale si stavano concentrando le indagini, con una motivazione sulla quale il motivo di ricorso propone inammissibili censure di merito.
1.3 Quanto ai motivi di ricorso dal terzo al quinto (applicazione degli art. 131bis , 712 e 648 quarto comma cod. pen.), anche in questo caso viene chiesta una inammissibile rivalutazione delle risultanze processuali, attinenti al merito della decisione; relativamente alla pena, è principio costantemente affermato da questa Corte quello secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale, l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, talchè è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen..(vedi sez. 2, sentenza n. 28852 del 08/05/2013 COGNOME e altro, Rv.256464; Sez. 2, sentenza n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME e altro, Rv.271243); peraltro, nel caso in esame, la Corte di appello ha giustificato il discostamento dal minimo edittale in ragione della gravità dei fatti, con motivazione esente da censure , che involgono anche l’esclusione della causa di non punibilità e la richiesta di riqualificazione della fattispecie, anche a mente del capoverso della norma incriminatrice; il motivo con il quale si chiede il riconoscimento della continuazione tra la ricettazione e il reato di cui agli artt. 349 e 374 comma 2 cod. pen. è inammissibile per non essere stato proposto in appello.
2.Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen; , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 26/02/2025