Ricorso Inammissibile per Resistenza: La Cassazione Conferma la Valutazione del Giudice di Merito
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un caso di ricorso inammissibile resistenza a pubblico ufficiale, un tema di grande rilevanza pratica nel diritto penale. La Suprema Corte ha ribadito i limiti del proprio sindacato, chiarendo quando un ricorso non può essere accolto perché si basa su motivi non consentiti. Questa pronuncia offre spunti importanti sulla corretta formulazione dei motivi di ricorso e sulla discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Genova, che aveva condannato un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto e punito dall’art. 337 del codice penale. L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, contestando la valutazione operata dai giudici di secondo grado in merito alla sua condotta e alla commisurazione della pena inflitta.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza del 4 luglio 2024, la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto che le censure mosse dal ricorrente non rientrassero tra quelle che possono essere esaminate in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile resistenza
Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto il ricorso. I giudici hanno stabilito che il ricorso era stato proposto per “motivi non consentiti”. Questo significa che le argomentazioni del ricorrente non vertevano su vizi di legittimità della sentenza (come la violazione di legge o il vizio di motivazione), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti.
La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente motivato la propria decisione. In particolare, la determinazione della misura della pena era stata il frutto di un’attenta analisi delle “modalità della condotta” e dell'”aggressività dimostrata” dall’imputato. Inoltre, i giudici di merito avevano legittimamente valorizzato i “precedenti penali” del soggetto, considerandoli un fattore rilevante per personalizzare la sanzione. Poiché la valutazione di questi elementi fattuali spetta esclusivamente al giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova analisi in Cassazione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legittimità, non del merito. Non è possibile presentare un ricorso per chiedere ai giudici supremi di riesaminare le prove o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi inferiori, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o carente. La decisione evidenzia l’importanza per i difensori di strutturare i ricorsi su precise violazioni di legge, evitando di trasformare l’appello in Cassazione in un terzo grado di giudizio sul fatto. La condanna al pagamento di una cospicua somma alla Cassa delle ammende funge inoltre da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati, che hanno il solo effetto di appesantire il sistema giudiziario.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su “motivi non consentiti”, ovvero non contestava vizi di legittimità della sentenza, ma mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per determinare la pena?
La Corte d’Appello ha determinato la pena valutando correttamente le modalità della condotta, l’aggressività dimostrata dall’imputato e i suoi precedenti penali.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29914 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso, in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen., è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Le modalità della condotta e l’aggressività dimostrata sono state correttamente valutate per determinare la misura della pena, valorizzando i precedenti penali;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consiglier
Così deciso il 4 luglio 2024
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