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Ricorso inammissibile: resistenza e lesioni confermate

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna della Corte d’Appello di Firenze per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. I motivi del ricorso sono stati giudicati riproduttivi di censure già respinte nel merito o manifestamente infondati, portando alla conferma della condanna e all’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria al ricorrente.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Resistenza e Lesioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per legittimità, dichiarando il ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Questa decisione sottolinea il ruolo della Suprema Corte come giudice della corretta applicazione della legge, e non come un terzo grado di giudizio sui fatti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un episodio di violenza avvenuto durante un’attività di identificazione da parte delle forze dell’ordine. L’imputato si era opposto agli agenti, e tale condotta violenta si era protratta anche durante l’accompagnamento presso gli uffici di polizia. A seguito di questi eventi, erano state refertate delle lesioni dall’Ospedale locale. La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la condanna di primo grado, ritenendo provati sia il delitto di resistenza a pubblico ufficiale sia quello di lesioni, incluse le aggravanti contestate.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Insussistenza del delitto di resistenza: La difesa sosteneva che non vi fossero gli estremi per configurare il reato.
2. Insussistenza del delitto di lesioni: Si contestava la valutazione della Corte d’Appello sulla sussistenza e consistenza delle lesioni.
3. Insussistenza delle aggravanti: Si criticava l’applicazione delle aggravanti, collegando questo motivo alla presunta infondatezza del primo.

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Analisi del ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza

La decisione della Corte si fonda su principi cardine della procedura penale. Il primo motivo è stato considerato una semplice riproposizione di una censura già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che non è sua funzione riesaminare argomenti già confutati in modo logico e coerente nei gradi di merito.

Analogamente, il secondo motivo è stato ritenuto un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva motivato in modo completo e logico, basandosi sulle risultanze mediche, e tale valutazione non è sindacabile dalla Cassazione. Infine, il terzo motivo è stato giudicato manifestamente infondato poiché dipendeva dall’accoglimento del primo, già respinto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e dirette. La Corte ribadisce la propria funzione di giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate. Non può, invece, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito.

La Corte ha rilevato che i primi due motivi del ricorso erano essenzialmente ‘riproduttivi’ e ‘fattuali’. Il primo riproponeva una questione già adeguatamente trattata e confutata dalla Corte territoriale. Il secondo mirava a una riconsiderazione delle prove (le refertazioni mediche), cosa che esula dai poteri della Cassazione. La manifesta infondatezza del terzo motivo era una diretta conseguenza logica del rigetto del primo. La decisione di inammissibilità è stata, quindi, una conseguenza inevitabile della struttura del ricorso presentato.

Conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso specifici, pertinenti e non meramente ripetitivi o fattuali. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione alla Cassa delle ammende. La sentenza conferma che il giudizio di Cassazione non è una terza istanza sul fatto, ma un controllo sulla legalità della decisione impugnata. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione, non semplicemente riproporre una diversa lettura degli eventi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano in parte riproduttivi di censure già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello e in parte miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. Inoltre, un motivo era manifestamente infondato in quanto basato su un presupposto (la fondatezza del primo motivo) che la Corte ha respinto.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza, non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito di essere un giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, non può riesaminare e rivalutare le prove o la ricostruzione dei fatti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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